Bloccati in Sudafrica, fine di un incubo. Rientrano in Italia la biellese Serena Negro e il marito Charlie Van Staden

Dovrebbero atterrare domani in Italia Serena Negro e suo marito. La psicologa biellese, bloccata in Sudafrica a causa delle restrizioni per la variante Covid, ha un volo Klm fino ad Amsterdam e poi Malpensa. Millequattrocento euro di volo a testa per rientrare dopo un'odissea che il nostro giornale vi ha raccontato pochi giorni fa.

Serena Negro, psicologa biellese, da venerdì scorso è bloccata in Sudafrica a seguito del blocco aereo imposto a cinque stati dell’Africa meridionale con lo scopo di arginare l’Europa dal contagio della nuova variante del Covid battezzata omicron. Con lei il marito Charlie Van Staden, ex rugbista e originario proprio di quel paese. I due si sono conosciuti tempo fa sui campi di gioco del Rugby Biella dove Serena lavorava prestando assistenza psicologica agli atleti. Dopo il matrimonio e il ritiro di lui dall’agonismo hanno deciso di seguire la loro comune passione per la fotografia e per la natura sposando la causa conservazionista per la salvaguardia dei rinoceronti e di organizzare così safari fotografici nei grandi parchi fondando l’agenzia Everseen Africa (più di 26mila follower su Instagram sul loro profilo @everseensa. Sono molti i volti noti - italiani ed internazionali - che si sono rivolti ad @everseensa per visitare il Sudafrica. E tanti sono attesi per il 2022). Serena e Charlie, che si dividono tra Italia e Sudafrica, hanno voluto raccontare la loro storia a “il Biellese”.
«Da venerdì siamo a Johannesburg a causa di questo blocco aereo del tutto ingiustificato» racconta Serena. «È stata una doccia fredda! Non c'è alcuna ragione per chiamare un lockdown totale, gettando nel panico migliaia di passeggeri che si sono visti passare davanti agli occhi lo stesso terrore del 2020. Io e Charlie avevamo programmato il rientro per dicembre da molto tempo. Nel momento in cui abbiamo sentito che le notizie si rincorrevano molto velocemente abbiamo deciso di contattare l'ambasciata a Pretoria e il consolato generale di Johannesburg. Nessuno sapeva cosa risponderci: da Roma non avevano ricevuto alcun avviso. Ci hanno consigliato di salire sul primo volo disponibile. Abbiamo cambiato il volo dall’1 dicembre al 29 novembre, pagando i primi 1100 euro. Abbiamo provato a contattare la Farnesina con il numero di emergenza, ma nessuna risposta. Abbiamo chiesto ai nostri amici e familiari di chiamare dall’Italia, ma di nuovo, più di un'ora di attesa e poi nulla. Nel frattempo Qatar cancella anche il nuovo volo. Chiamiamo ambasciata e consolato per avere notizie sul protocollo di emergenza, sui voli di rimpatrio e ci viene detto che al momento non ci sono notizie dall'Italia e nel remoto caso di un volo di rimpatrio, sicuramente non sarà nell’immediato. Con queste notizie vaghe, il panico continuava a crescere, perché io e mio marito ci siamo già fatti 6 mesi di full lockdown qui in Sudafrica da marzo ad agosto 2020, senza batter ciglio, perché la situazione era nuova per tutti».
Serena è un fiume in piena a va a vanti a raccontare dando sfogo a rabbia e frustrazione: «Ci siamo trovati un posto ed un lavoro per poter sopravvivere in quei mesi. Dopo due anni di questa "Covid situation”, pensavamo di trovare un sistema efficiente, fatto di comunicazioni tra governo e cittadini all’estero, di organizzazione e protocolli da seguire per garantire a tutti il diritto di poter rientrare a casa, anche durante un'emergenza». È sempre Serena a proseguire il suo racconto. Siamo a sabato. «Ci viene consigliato di recarci all'aeroporto per prendere l’ultimo volo disponibile per il rientro (un Air France a 5000 euro a persona), che ovviamente non potevamo permetterci. Ritorniamo al punto di partenza, a 300 chilometri da Johannesburg, dove ad oggi siamo in una guest house che ci sta ospitando. Alle 20 mi arriva un messaggio sul cellulare: probabile volo militare da Cape Town a Pratica di Mare. Ci iscriviamo, mandiamo passaporti, certificati di residenza, certificati di matrimonio, e veniamo accettati! Yeahhhh! Il volo sarebbe stato sabato alle 24 da Cape Town».
Gli spazi in Sudafrica sono molto diversi da quelli a cui siamo abituati in Italia. Per Serena e Charlie, a 300 chilometri da Johannesburg, andare a Cape Town è come spostarsi da Venezia a Siracusa. Per rendere le cose ancora più complicate gli viene richiesto un test molecolare da fare entro le 72 ore prima dell'arrivo in Italia. «Prendiamo appuntamento con il dottore, facciamo il test, ci mandano la conferma che siamo stati accettati sul volo, ma ci suggeriscono di prendere il volo per Cape Town la sera stessa e di non aspettare il giorno dopo, perché se il presidente sudafricano annuncia un severo livello di lock down, possiamo rimanere bloccati a Johannesburg. Ricarichiamo le valigie in auto e ci fiondiamo all'aeroporto, comprando l'ultimo biglietto dell’ultimo volo, altri 500 euro». Sembra che tutto abbia preso la piega giusta. Ma non è così. «A 10 km dall'aeroporto, mi arriva un messaggio che dice: "Buon pomeriggio, ci hanno appena informato da Roma che l'aereo militare non è più disponibile. Stanno valutando un charter da Cape Town ma non sanno ancora quando". Inchiodiamo la macchina, cerchiamo di cancellare il volo appena comprato, ma purtroppo non c’è rimborso per cancellazione nelle 24 ore prima del volo. Al momento facendo due calcoli siamo a 1100 + 700 = 1800 euro persi senza contare la benzina per più di 1200km macinati in 2 giorni. Devastati dai continui cambiamenti di piani e dai soldi buttati via, facciamo retromarcia. Dopo 20 minuti ci richiamano dicendo che forse c’è un possibile charter dalla Romania che ha dei posti liberi, ma non si sa quando e da dove partirà... poi un'altra chiamata con un possibile volo commerciale (a pagamento quindi) che però sarà effettivo solo se si raggiungerà il numero minimo di passeggeri».
A quel punto Serena e Charlie sono davvero demoralizzati. Altri 2 mila euro da spendere per qualcosa che non è sicuro non ce li hanno. «Attenderemo, se possibile, di volare autonomamente in Italia, a meno che ci sia un piano di emergenza organizzato per farci tornare a casa in sicurezza, dall'areoporto di Johannesburg». La storia di Serena e di Charlie è emblematica e, dicono, racconta anche di una nazione, quella sudafricana, abbandonata a se stessa.
«Abbiamo lavorato senza sosta in questo ultimo anno, non ci sono stati sabati né domeniche per gli ultimi 3 mesi di fila, per poter recuperare i debiti lasciati dal 2020, quando avevamo investito nel nostro progetto turistico, e finalmente poterci godere un mese di vacanza nella nostra casa e con le nostre famiglie in Italia. Il Sudafrica è stato inserito nella lista rossa dal 2020 e non è mai stato tolto, benché i casi di Covid fossero i più bassi di tutto il mondo! Nessun diplomatico o istituzione dediti alla valutazione del rischio di contagio da Covid-19 ha mai rivalutato la situazione, causando danni inestimabili a questa nazione in termini di perdita di turismo, chiusura di hotel e lodge, incremento del tasso di disoccupazione e perdita di fondi per organizzazioni non profit e di conseguenza una perdita inestimabile per tutto il mondo di animali in pericolo di estinzione e wildlife». Serena è amara: «Che dopo due anni il governo italiano non sia ancora in grado di dare assistenza ai sui concittadini all'estero in una situazione trita e ritrita come quella del Covid, è inaccettabile!».
L’altra sera il presidente sudafricano ha chiesto di togliere il blocco aereo da e per il Sudafrica in modo immediato perché «assolutamente ingiustificato e inaccettabile». Serena e Charlie sperano in questa decisione per poter rientrare a casa per vie commerciali e non straordinarie. Intanto ieri mattina hanno fatto rientro in Italia gli atleti del rugby Zebre Parma. A organizzare il loro rientro è stata la Urc, l’organizzazione del torneo al quale la squadra ha partecipato con altri 3 team europei, tutti rientrati facendo scalo a Dublino. Domanda? Ma il blocco vale solo per qualcuno? Se il motivo è bloccare il contagio perché alcuni voli, altri no?

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