La demolizione della ex fabbrica

Incendi e alluvioni, storia di un lanificio. Strada chiusa per l’inizio dell’intervento

Da lunedì è chiusa l’ex Provinciale 210 tra il ponte sul torrente Poala e il ponte sul rio Caramezzana, nella municipalità di Mosso. Il Comune è in attesa del piano di demolizione di un vecchio edificio pericolante, causa della chiusura della strada per motivi di sicurezza. Il sindaco Carli conferma che i lavori procederanno spediti: «Entro la fine della settimana il progetto e poi subito la demolizione». Un intervento da 200mila euro.

Nessuna “notizia” ufficiale dal Comune sulla proprietà dell’edificio, ma l’immobile che per forza sarà “cancellato” ha una sua storia antica, che è anche la storia del territorio. La si può ritrovare nel libro di Giuseppe Tallia, “Sentieri e cantoni, Madonne e santi”. Si legge: «L’edificio è parte dell’ultimo nucleo di edifici industriali ottocenteschi. Nel crocevia in cui si incontrano le acque del torrente Strona e dei rii Poala e Caramezzana, nella metà dell’800, erano infatti stati edificati mastodontici opifici. È storica la lite, durata decenni, fra i Sindaci di Veglio, Pistolesa, Mosso S. Maria e Valle Mosso, che in quel luogo si disputavano poco amichevolmente le linee di confine. I fratelli Battistino, Antonio e Secondino Galoppo, nati alla borgata Preamarcia di Crocemosso, diedero vita, verso il 1855, al Lanificio Galoppo acquistando la fabbrica edificata da Giovanni Sella».

Pochi anni dopo, era il 1867, la fabbrica Galoppo venne distrutta da un inesorabile incendio. Vi rimasero carbonizzati tre operai e niente sì salvò. Le nuove fabbriche del tempo avevano tutte più piani sovrapposti e a travature di legno. Bastava una scintilla al primo piano perché il rogo fosse completo. Continua Tallia nel suo libro sugli itinerari devozionali della valle: «Verso il 1880, l’importante stabilimento si lega alle vicende dei fratelli Lanzone di frazione Simone. Gio Battista (primo Presidente dell’Associazione Industriali Vallestrona) e Ferdinando (detto “moto perpetuo”), abbandonarono l’antico mestiere di calzolai e si misero a tessere panni, in società coi fratelli Simone.

Scioltasi l’antica ditta, nel 1900 Giuseppe Simone fonda con i figli Ulderico e Edoardo l’omonimo lanificio e impianta nei locali, oggi in abbattimento, il reparto di filatura. I figli Ugo e Aldo, continueranno a gestire l’impresa fino al 1964». Ma ancora la fabbrica, allora in territorio di Pistolesa, sembra segnata dalla sfortuna: il l 2 novembre 1968 viene distrutta dalla furia delle acque. Dopo quei fatti vi operarono ancora attività artigianali di filatura, fino alla fine del secolo scorso. Poi il nulla, e ora la demolizione.

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