Parole - La moda dei ciclisti in superstrada

Deve essere diventata una moda. Altra spiegazione non c’è. Oltretutto una moda neppure più nuova. E tutta biellese. Già, perché proseguono come se non ci fosse un domani le segnalazioni di ciclisti in superstrada. Il fenomeno comincia ad assumere una rilevanza tale da indurre allo studio. Perché sarà vero che i cartelli del divieto a cinquantini e biciclette spesso sono coperti dalle erbacce; perché sarà vero che chi va in bici in linea teorica potrebbe non avere fatto scuola guida e non conoscere a menadito quei cartelli; perché sarà vero che può succedere a tutti di sbagliarsi. Ma così, francamente, sembra eccessivo, con gli avvistamenti a pedali che sono diventati un po’ troppo all’ordine del giorno. A qualsiasi ora, all’altezza di più di un’entrata o un’uscita, in ognuna delle direzioni di marcia.
Ignari, loro, e ignoti a noi che li scorgiamo in lontananza, li vediamo pericolosamente a fianco, fino a perderli nello specchietto retrovisore. Noi che li segnaliamo alle Forze dell’ordine ormai sconsolate di accorrere e non trovarli perché d’improvviso i biker da tangenziale si sono risvegliati dal torpore infilando la prima uscita buona per rientrare nei ranghi del buon senso. Noi che arriviamo a fotografarli perché le presenze in bicicletta sulla strada che “non si può” non finiscano per essere una leggenda metropolitana. Noi che cerchiamo di capire se si tratti di gente del posto o di qualche straniero che ha scambiato la nostra tangenziale per una pista ciclabile. Noi che avremmo volentieri fatto a meno di una moda deprecabile e pericolosa, sconveniente e antipatica e che la superstrada avremmo voluto ricordarla solo per le buche, il velox, le code, la doppia fila in uscita sul ponte o tutt’al più per le strisce che non ci sono ancora dappertutto e stanno arrivando. Noi che questa moda senza un perché vogliamo pedali altrove.

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