Parole - L'Adunata da cui non bisogna scappare

Già sembra di sentirli i lamentoni da commento Facebook o i professoroni da bar con la verità a fianco del caffè schiumato come quella rabbia repressa che devono portarsi appresso non si sa bene perché. Gli stessi che avevano già preso a pontificare sull’Adunata ancora prima che fosse assegnata. Perché da qualche settimana il mood dei bastian contrario di casa nostra si stagliava nel panorama del pessimismo attraverso i concetti di “Biella città inadeguata”, di “Biella troppo piccola” fino ad arrivare alla pensata delle pensate: “per quei tre giorni dell’Adunata è meglio fare le valigie e andare fuori città”. Come sempre in questi casi non c’è tanto da soffermarsi su quanto ci possa essere di vero o giusto nell’affermazione, ma sul senso che si porta dietro. Perché se è indubbio che qualche ingolfamento nella routine cittadina l’evento delle penne nere nel 2025 lo porterà, è altrettanto certo che l’elenco dei lati positivi è ben nutrito. La differenza tra la più o meno buona riuscita di un evento la fa l’organizzazione dello stesso, quella tra la più o meno buona percezione la fa l’atteggiamento di chi quell’appuntamento lo vive, anche suo malgrado. Una propensione diversa dagli esponenti del mugugno fine a se stesso sarebbe un segno di resilienza per loro e di speranza per tutti gli altri. Perché se criticare rientra naturalmente nelle possibilità di ognuno, farlo solo a prescindere finisce per diventare un esercizio sì vecchio come il mondo, ma non adeguato a guardare il futuro. Prima dell’Adunata arriverà il Giro d’Italia su cui allenarsi, in vista delle sfilate delle penne nere da vivere come storia della comunità in cui si vive e non fuga da qualcosa per inseguire quell’inguaribile voglia di dare contro.

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