Alta Valle Cervo. Verso la Bürsch, in punta di piedi

“Yes, singing in the rain…”
Vi confesso che in questi giorni vorrei tanto cantare e camminare sotto la pioggia o la neve. Per portare acqua alle nostre terre già in sofferenza, per evitare altri incendi nei boschi, per scrollarmi di dosso l’apatia epidemica che ci fa stare a casa per paura di tutto.
Ma per contro questo tempo mi permette di muovermi in grande libertà e percorrere sentieri che di solito a gennaio sono umidi o – peggio - gelati. In queste immutabili giornate che ci portiamo dietro da più di un mese si possono sfruttare bene solo le ore centrali, quando il sole è un poco più caldo e penetra tra gli alberi privi di foglie. 

In cammino
Cominciano ad arrivare anche quest’anno le richieste per percorrere il Cammino di San Carlo. Tra fine maggio e inizio giugno arriveranno una ventina di pellegrini lombardi, che fanno capo ad una associazione bergamasca aderente alla Rete dei Cammini. C’è di conseguenza la necessità di ricontrollare l’ospitalità nei punti tappa, per le necessarie prenotazioni, ma anche approfittare di questo bel tempo per un ripasso della segnaletica. Eccomi allora a percorrere, e a raccontarvi, una parte della tappa del San Carlo che parte da Pettinengo per arrivare a San Giovanni d’Andorno.
Che è, a mio parere, il miglior modo per entrare nello straordinario mondo della Bürsch, per conoscere la sua cultura e il suo paesaggio unico. Ed è proprio l’andare a piedi la modalità ottimale per capire quello che si incontra, per coglierne i particolari.

Banda Veja e Banda Sulìa
La pista sterrata che risale la Costa delle Pessine da Sagliano Micca alla Panoramica Zegna è una strada consortile riservata al traffico motorizzato dei consorziati, ma piacevolissima per escursionisti e ciclisti in mtb. Il percorso del Cammino di San Carlo, in arrivo da Tavigliano, la raggiunge alla sbarra poco sotto la frazione Falletti di Sagliano e la segue per un quarto d’ora di facile salita, fino al primo tornante verso destra. Qui si abbandona la pista che va in Panoramica per prendere a sinistra la strada in arrivo da Passobreve, seguendola in piano. Dopo trecento metri il bosco lascia spazio ad un pascolo e la pista si allarga in un bel punto panoramico sulla valle Cervo. A fronte le montagne con il Cucco, il Cimone e il Tovo che ci separano da Oropa, più a nord la corona delle vette dell’alta Valle Cervo, con la netta incisione del Colle della Vecchia. Proprio a fronte, ma celata nell’ombra, è Riabella. Certo, la sua visione ci regala ora una sensazione di freddo, ma per contro mi piace ricordare che quelle case sono le prime, al mattino, a prendersi il sole. Ecco perché i valìt distinguono i due versanti della valle in Banda Sulìa, quella più favorita grazie all’esposizione, dalla Banda Veja, meno fortunata geograficamente.

Verso l’alta valle
Subito dopo il punto panoramico la pista inizia a scendere, ma la l’abbandoniamo quasi subito per trovare a destra un ben evidente sentiero, segnalato da un picchetto. Siamo nuovamente in un denso bosco di ceduo di castagno. Il sentiero, labile ma evidente e praticamente in piano, supera un paio di vallette e con una piccola salita raggiunge una strada sterrata all’altezza di un tornante. Qui si apre un ampio prato, con in alto un bel gruppo di costruzioni, le Cascine Naulito. Senza raggiungerle, si prende la stradina a sinistra in discesa, abbandonandola subito per trovare a destra un sentiero che prosegue in piano.
Il percorso, ben delimitato da alcuni faggi, punta decisamente verso Nord e entra nella valletta del Rio Bogna, un torrentello che si supera con una stretta passerella in ferro e cemento. Oltre il ponte, una breve salita ci porta alle baite abbandonate di Naulito di Mezzo, con un affresco del 1906 ancora in bella evidenza e un’altra piccola insegna che ci dice che queste costruzioni risalgono all’inizio dell’Ottocento.

Rialmosso
Dalle baite, duecento metri di pista ci portano all’incontro con un’altra più larga. A destra, in salita, si va verso la chiesetta di San Grato e la Panoramica. Noi andiamo a sinistra, in leggera discesa, con un’ampia strada che taglia una luminosa faggeta. Facendo attenzione, poco prima di un tornante si prende a destra un sentiero che passa dietro una piccola costruzione. Grazie ora all’assenza di foglie, poco sotto di noi si vedono le case di Rialmosso. Si passa subito a monte di una bella villa di inizio Novecento, con un parco caratterizzato da biancospini, alcuni abeti e da un altissimo cedro del Libano. Oltre la bella fontana con lavatoio ipogeo, entriamo nella borgata. È un piacere vedere alcuni camini fumare, case in ristrutturazione, l’insegna del circolo e quella del laboratorio di tessitura che si apre d’estate. Con le belle stagioni nel villaggio tornerà la vita, ne sono certo, ma intanto godiamoci i suoi silenzi. Si continua tra le pietre d’angolo fino ad uscire dalla parte opposta, sulla strada asfaltata davanti alle case di frazione Tomati. In alto, duecento metri di dislivello più in su, le belle case di Oriomosso.

Al passo con la storia
Da Rialmosso a Campiglia Cervo, passando per Quittengo, si percorrono quattro chilometri di strada asfaltata, praticamente in piano. Ma è un’ora di cammino tutt’altro che banale o noiosa, dove ci lasceremo attrarre sia dai panorami che man mano si andranno ad aprire, sia dalle tante piccole ma interessanti cose di cui è ricca questa parte della valle d’Andorno. E così, camminando al passo della storia dei luoghi, potremo entrare nel modo giusto nella particolare atmosfera della Bürsch, nome che evoca la tana o la casa delle persone che vi abitano.
Si superano alcune rocce a strapiombo sulla strada, tra le quali una attrezzata a piccola palestra di arrampicata, arrivando ad un’area attrezzata e subito dopo ad una fantastica terrazza panoramica.
Vicinissimo è ormai il paese di Quittengo, a fronte le borgate di San Paolo Cervo. Poco più in alto il Santuario di San Giovanni, più lontana Campiglia, la piccola capitale, nostra meta di giornata.
Quando accompagno i pellegrini sancarlini verso Oropa, gran parte dei quali mai stati qui, non riesco a spiegarvi la loro meraviglia. Ma anche la mia, tutte le volte che ci torno.

Le masche e l’Angelo Custode
Dopo la terrazza panoramica, lasciata a destra la strada carrozzabile che sale ad Oriomosso, contorniamo il lungo muro che sostiene i giardini della turrita Villa Piatti a Roreto e in breve arriviamo a Quittengo. Superata la chiesa, si passa tra le case di pregevole architettura per uscire dalla parte opposta del paese e dirigersi, sempre in piano o leggerissima discesa, verso Campiglia.
Qui i ricordi vanno alle pagine di Massimo Sella, quando racconta delle masche che aveva paura di incontrare sulla strada nei pressi della cappella dell’Angelo Custode, o mentre cercava i lamponi nella vecchia cava.
I suoi racconti li trovate anche nei pannelli sotto il portico dell’antico mercato di Campiglia, assieme ad altre storie e alle grandi immagini della valle, dove chiudiamo queste due ore di splendido cammino.

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