Biellese Orientale. Benvenuta Valdilana!

Tirato per i capelli da destra e manca per non aver mai parlato in queste pagine del mio nuovo Comune, sciolgo oggi la riserva. Non ne ho parlato perché da quando è uscita la proposta dell’unione di Mosso, Soprana, Trivero e Valle Mosso, tutta la vicenda è stata maggiormente raccontata, o meglio viziata da una visione più politica che territoriale. Io non mi occupo di politica, non ne sono capace. Fin quando mi verrà data l’opportunità, io continuerò a fare il creativo. E i creativi - si sa - di politica capiscono poco e se si impegnano di norma fanno danni.

Qui
Non ho mai avuto problemi ad accettare l’unione dei Comuni, questa o altre, e non sono stato io a suggerire il nome Valdilana, come aveva sostenuto Beppe Pellitteri in pubblico, più di un anno fa, durante un suo spettacolo a Valle Mosso. Il nome mi va benissimo e finora non ne ho sentito uno migliore. C’erano equilibri da mantenere e serviva anche un minimo di competenza di marketing territoriale. Vi do una mia versione della scelta: da casa mia, guardando verso mattina, vedo bene le case di Rivetti, Ormezzano e Bertotto, Cerruti, Botto e Fila, Reda, Sella e vedo, anzi abito nell’Oasi Zegna. Sono nomi di borgate (e ne dimentico altre) equamente divise tra gli ex comuni di Mosso, Trivero e Valle Mosso. Qui, in meno di un paio di chilometri quadrati di questa valle, hanno radici le persone e le imprese più significative del nostro distretto tessile. Qui si è tessuta la storia, qui - ancora oggi - si veste il futuro. Se la l’identità culturale di un luogo ha ancora valore, per me Valdilana è qui.

Cultura identitaria
Oggi, anche la restante industria tessile ha necessità di riconfermare questa cultura identitaria. Per accrescere l’immagine di un territorio eletto e predestinato a tale lavoro, per mantenere le posizioni e l’occupazione, per attrarre nuove opportunità nello stesso settore. Ma anche per differenziare.
Non a caso, la prima sede del DocBi, centro studi biellesi, è stata in borgata Sella di Mosso, in una casa che Nicolò Sella ci aveva messo a disposizione nel 1985. Questa associazione, della quale mi onoro di essere tra i fondatori, era già una prima unione di forze culturali del Biellese orientale, da Coggiola a Pettinengo. La famiglia Sella, già a partire dal XVI secolo, è stata la principale protagonista di questa storia, ma con la meccanizzazione tessile iniziata da Pietro Sella nel 1817, si è abbandonata quella conoscenza di saperi manuali, rimasta però latente nel DNA della nostra gente.
Valdilana può fare una grande operazione di riscoperta di questa memoria perduta, ad esempio recuperando l’arte della tessitura a mano o di altre lavorazioni tessili, coinvolgendo associazioni, centri sociali, scuole.

Qualità di vita e nuova residenzialità
La sfida che attende Valdilana è di creare i presupposti per una ottimale qualità di vita. La nuova unione può dare la forza per ottenere questo, e a mio parere le condizioni ci sono. Occorre ragionare su questa scala per servizi, scuole, mobilità e socialità.
Se si osserva dall’alto il territorio di Valdilana, balza all’occhio l’assoluta omogeneità della disposizione abitativa. Un centinaio di nuclei sparsi, ma ravvicinati tra di loro, formano di fatto una cittadina diffusa, con oltre diecimila abitanti. Che più verde non si può, con la montagna alle spalle e le colline a valle. Le concentrazioni più evidenti, come nel Triverese e a Valle Mosso, sono dove le fabbriche hanno unito, in un più vasto centro urbano, una serie di borgate già esistenti.
Il modello di vita che ha portato negli ultimi decenni ad accentrare le popolazioni nelle grandi aree urbane sta perdendo valore. Inquinamento, criminalità diffusa, degrado delle periferie, mancanza di socialità partecipata, ecc. stanno fortemente penalizzando la qualità del vivere metropolitano.
Si assiste per contro ad un lento fenomeno di ritorno di persone con radici, che decidono di vivere in valle periodi sempre più lunghi, se non definitivi. Ma sono segnalati sempre di più nuovi arrivi di nuclei o di soggetti che scelgono di abitare e lavorare in valle, senza mai averne avuto legami ma scoprendo qui un ambiente gradevole e accogliente.

Turismo responsabile
Oltre al distretto laniero da sostenere, assieme al resto dell’economia, l’altro settore necessario per creare qualità territoriale è il turismo. Valdilana ha la fortuna di avere Oasi Zegna che ha creato e supporta una valida e moderna destinazione turistica che può essere meglio orientata o implementata dal nuovo Comune. Oasi Zegna ha già comunque prodotto nel tempo una nuova percezione del territorio, creando un posizionamento turistico in grado di attrarre non solo visitatori ma anche possibili residenti. Con il vantaggio di inserire di fatto Bielmonte e dintorni nell’offerta turistica del nuovo Comune.
Ci sono a mio parere degli “aggiustamenti” da fare sulla promozione, da condividere con Oasi Zegna e da veicolare anche sulle nuove opportunità della rete, come quella offerta dal successo di Alto Piemonte. Ad esempio rilanciare il territorio del Santuario della Brughiera, ora non più diviso amministrativamente, ma ben dotato come ospitalità e favorito da una stagionalità alternativa e complementare con quella in Panoramica.
Altra riflessione turistica merita l’Alta Valsessera, che Valdilana “abbraccia” per buona parte, grazie al confine orientale che arriva in Valsesia, e con l’isola amministrativa dell’Artignaga e dell’Isolà sul lato opposto. Ma qui servirebbe un ragionamento a tutto tondo per l’intera valle, straordinario scrigno ambientale, da rivalorizzare anche per l’alpicoltura e la gestione forestale.

RIFUGIO CHAMPILLON Fraz. Champillon 1, Doues (AO) tel. 339 6359679
Doues è un nome che evoca, in chi come me è originario di Trivero, vacanze adolescenziali organizzate nel periodo estivo dalla Parrocchia di Matrice per i giovani del paese; molti anni dopo ci sono passate anche le mie figlie e alcune delle nostre gite valdostane negli anni ci hanno riportato da queste parti. Non avevamo però mai raggiunto il rifugio Champillon-Adolphe Letey, che si trova a 2465 mt di altitudine, né camminato sulla strada sterrata che attraversa la bellissima conca di By.  Questi percorsi iniziano dove finisce la strada, a circa 12 km dal paese. Lasciata l’auto al Plan Decruit, ci si inerpica per il ripido sentiero o, in alternativa, si sale per la strada poderale, ma in ogni caso il rifugio si raggiunge in poco meno di un’ora di cammino. Lungo il percorso gli unici segni di vita sono le mucche che pascolano attorno all’alpeggio Tza di Champillon, dove ci fermeremo al ritorno per l’acquisto di formaggi. Sotto di noi il vallone di Ollomont e la Valpelline, sopra di noi il colle Champillon a 2709 mt di altezza, di fronte invece una corona di montagne dove spiccano una trentina di cime alte più di tremila metri, qualche punta che supera i quattromila e una decina di cime che superano i duemilacinquecento metri: è un bello spettacolo. All’arrivo, in un angolo del prato vediamo una sauna, una vasca d’acqua riscaldata a legna e una fila di sedie a sdraio sulle quali prendere il sole, dopo aver ammirato una coloratissima pittura murale su una delle pareti esterne del rifugio, aver apprezzato l’interno e in particolare la sala bar-ristorante tutta rivestita in legno e, infine, aver prenotato il pranzo. Dal menu del giorno, scritto su una lavagnetta, sceglieremo una tartiflette con salsiccetta e una con spezzatino, una porzione di tagliatelle con fonduta e noci e un piatto di fagioli e salsiccetta, nel cui impasto ci sono anche peperoncino e mele, il tutto accompagnato con polenta. Come dessert abbiamo scelto la crostata di mirtilli. Grande attenzione ai prodotti e alle materie prime: il pane e i dolci sono fatti in rifugio, le verdure, i formaggi, i salumi e la carne sono di produttori locali; i vini sono tutti valdostani e disponibili anche a bicchiere, le birre, sia alla spina che in bottiglia, sono quelle del Gran San Bernardo. Complimenti ai tre giovani, due ragazze e un ragazzo, che ci hanno illustrato il tutto e serviti in modo adeguato, compatibilmente con il grande afflusso di clientela. Con bevande e caffè il conto è stato di 22 euro a testa.

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