Tra Lombardia e Svizzera – 2ª puntata. Cinque Passi e un treno rosso

Livigno.

Il passo dello Spluga, raccontato nella mia precedente pagina, è uno dei cinque valichi alpini che collegano direttamente il territorio mediterraneo italiano con le nazioni mitteleuropee, bagnate dal Mare del Nord. A ovest dello Spluga ci sono ancora il passo di San Bernardino, il Lucomagno e il Gottardo. A est solo il Septimer Pass o passo di Settimo, il primo valico utilizzato dai Romani per superare le Alpi, ma anche l’unico a non avere una strada carrozzabile moderna.
Tant’è che per tornare al sud delle Alpi devo fare non uno ma due passi: lo Julier (2284 m) e il Bernina (2323 m). Tra i due valichi c’è l’Engadina, le cui acque vanno a oriente verso il Mar Nero, prima con il fiume Inn e poi con il Danubio.

Una babele linguistica
Riparto da Thusis per completare il mio giro nel cuore dell’Europa. E’ questa una zona molto bella, compresa nella regione Albula del Canton Grigioni. A Tiefencastel mi fermo al passaggio del treno rosso del Bernina Express, un’autentica “istituzione” elvetica. Qui lascio la strada per Coira e per Davos, prendendo quella per St. Moritz.
La valle che sale allo Julier è ampia e solare, con tanti villaggi vicini tra di loro. La strada taglia gentilmente praterie ben curate e ti porta in alto senza strappi o tornanti. La lingua del posto è ufficialmente il romancio, l’acqua del torrente va al Reno e la gente ti saluta in tedesco. Ma a Bivio, paese a 1769 metri, si parla italiano. Un cartellone all’ingresso mi spiega l’origine del nome: se vado a levante al Passo del Giulia (Julier) entro nel versante danubiano, se vado a ponente al Passo di Settimo (Septimer) mi affaccio al Mediterraneo, scendendo in Lombardia con la Val Bregaglia. A Bivio mi sono divertito a leggere cartelli e insegne: sulla casa comunale c’è scritto “Municipio”, vicino trovo “la Scuola in Movimento” e il “Cinema Stalla”. La storia racconta che furono le donne della Val Bregaglia a insediarsi a Bivio e a portare la nostra cultura.

La dolce Engadina
La tranquilla discesa dallo Julier mi predispone allo spettacolo dell’alta Engadina. Per me è la valle più bella della Svizzera, forse in competizione con quella di Lauterbrunnen, nell’Oberland Bernese. Ci godiamo questa meraviglia nel tempo di uno spuntino, da un poggio panoramico sopra Silvaplana. A fronte appaiono le cime innevate del Bernina, unico quattromila delle Alpi Centrali, a destra il passo del Maloja con l’omonimo villaggio. Da quelle case parte la sequenza di laghi che riempiono la piana, lunga quasi venti chilometri, che arriva a St. Moritz.
Vi confesso che i grandi alberghi e i negozi alla moda della più rinomata località turistica svizzera non mi attirano più di tanto. L’Engadina ha tanti gioielli nascosti e questa volta ci faremo una bella passeggiata in Val di Fez, che non conosco. Sils Maria è un paesino tranquillo e signorile, tra due laghi, un chilometro discosto dalla trafficata strada di valle. Si gira solo a piedi, con le bici o con carrozze tirate da coppie di cavalli.

Fez, un sogno
La piazza centrale di Sils è di fatto la loro stazione di posta, da dove parte un largo sentiero che risale la valletta del rio di Fez, attraversa un bosco e dopo mezz’ora si affaccia sulla piana.
Quello che appare ai nostri occhi è una conca graziosa, punteggiata da case semplici che talvolta si raccolgono a formare piccoli nuclei. Intorno ci sono prati curati, boschi di larici e in fondo le montagne solenni che si elevano oltre i tremila metri. Vedo capre che pascolano beate e mucche pigre che girano appena la testa al suono della campanella di una carrozza.
La bianca chiesetta di Crasta, con l’alberghetto a fianco, è nel mezzo della Val di Fex e nel cimitero che gira attorno alla cappella, non più grande di un appartamento di quattro stanze, riposano le ceneri di Claudio Abbado. Qui ci veniva ogni estate. Un bel posto per riposare, mi viene da dire, da vivi e anche da morti. Sono i luoghi che ispirarono il pittore Segantini e filosofi come Nietzsche, Hesse e Marcuse.

Una bellezza extradoganale
Uscire dal sogno di Fex non è facile, ma mi attendono altri passi e altri luoghi da vedere, in veloce sequenza. Giusto un’occhiata ai palazzoni di St. Moritz e Pontresina ed eccoci fermi ad un passaggio a livello. Siamo vicini al passo Bernina e il suo treno rosso si ripropone, come una trippa mal digerita. Ma la sosta, a quasi duemila metri, mi permette di vedere a destra le cime del Bernina e il ghiacciaio del Morteratsch, uno di quelli più in salute delle Alpi, grazie alla fredda esposizione.
Dal passo si scende di poco in Val Poschiavo e poi a sinistra per il passo della Forcola e per Livigno, nostra meta di giornata. Rieccoci a seguire le acque danubiane, ma stavolta in Italia.
Livigno è una contraddizione unica, sei chilometri di case, alberghi e negozi sui due lati della stessa strada, uno dei luoghi più assurdi delle Alpi, di una bellezza extradoganale, se mi è permessa l’espressione. Ho fatto il pieno con 33 euro, ho imboscato alcool etilico a 3,5 euro al litro per i liquori a dieci erbe di mia moglie, ho visto una montagna di neve conservata sotto telo per garantire le piste di fondo per le gare di ottobre.

Don Camillo era qui?
La baita che mi ha ospitato per la notte era a Trepalle, borgata Eira, a 2172 metri e a quattro chilometri da Livigno. Questa è, in assoluto, la borgata abitata più alta d’Italia, compresa nella sede parrocchiale più alta d’Europa. Ed è alla chiesa di Trepalle che mi reco di primo mattino, all’appuntamento con una tabella che mi racconta la storia di don Alessandro Parenti, parroco qui dal 1929 al 1970.
Per il suo carattere turbolento era stato mandato praticamente al confino dal suo vescovo e così aveva trovato il modo di campare favorendo, di nascosto, il contrabbando. Si violava la legge, certo, ma si aiutava quella povera gente di montagna. Salvo poi essere uno dei sostenitori della zona extradoganale di Livigno, concessa negli anni Settanta. Monarchico convinto e fiero anticomunista, don Parenti si distinse per le sue accese prediche e per diversi episodi che gli crearono non pochi problemi.
Lo scrittore Giovannino Guareschi, più volte ospite estivo di Trepalle, lo conobbe e si ispirò molto alla sua figura per creare il personaggio di don Camillo.

Preso in giro…
Per chiudere il percorso ad anello tra Lombardia e Svizzera mi manca solo il ritorno in Valtellina, stavolta scendendo la Val Poschiavo, ancora tutta elvetica ma di acque mediterranee. E rieccolo il Bernina Express, il treno rosso stavolta con ben dieci vagoni, più volte in mezzo alla strada nei quindici chilometri tra Poschiavo e Tirano. Non so voi, ma a me non era mai capitato di farmi prendere in giro da un treno, e non è un modo di dire! Dovete sapere che il convoglio, per superare i forti dislivelli della valle, compie diversi giri elicoidali, utilizzando spettacolari viadotti e gallerie. Come faceva anche il tramvai di Oropa poco sopra il Favaro.
Finalmente in Italia, al cospetto del grandioso Santuario della Madonna di Tirano, il treno svizzero si toglie dalla strada, ritrovando un sedime ferroviario e una stazione. E io posso tornarmene a casa.

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