Valle di Mosso. Le argute vicende del Molino dell’Avvocato

Giusto cent’anni fa, il paese di Mosso ebbe l’onore di veder nascere una fiorente produzione editoriale, legata al nome o per meglio dire alla penna di Vincenzo Ormezzano. Prendo queste note da un capitolo intitolato “Le vicende del Molino dell’Avvocato e la storia di un Uomo Disgraziato”, estratto dal volume “il Biellese e il suo sviluppo industriale”, scritto da Ormezzano nel 1928.
L’uomo disgraziato è proprio lo stesso scrittore, arguto e brillante nei suoi testi, come si può capire dall’inizio di quella sua autobiografia: “Non trovando nessuno che voglia “scrivermi la vita” per due soldi (a “leggermela” per niente, tagliandomi i panni addosso, ve ne sono fin troppi), me la scrivo io stesso nei seguenti termini”.

Tessitore conto terzi
Vincenzo Ormezzano nacque a Mosso il 10 aprile 1858. La sua famiglia, tra le più importanti della valle, era originaria dell’omonima frazione, sulla strada più diretta che collega Mosso con Valle Mosso. Il nonno e il bisnonno di Vincenzo erano importanti avvocati ma anche fabbricanti di stoffe e proprietari di mulini lungo il torrente Venalba. In uno di questi, chiamato ancora oggi “Molino dell’Avvocato”, il nostro scrittore passò gran parte della sua esistenza.
Dopo aver frequentato la “gloriosa” scuola tecnica Pietro Sella di Mosso, Vincenzo Ormezzano cominciò a lavorare nelle industrie della valle, apprendendo le nozioni elementari per la lavorazione delle stoffe. Si affino nella conoscenza tecnica della tessitura tanto da impiantare nel 1884, al Molino dell’Avvocato, la prima tessitura meccanica conto terzi della zona, lavorando contemporaneamente come capo tessitura presso la ditta Successori Sella di Campore. Arrivò ad avere fino a venti telai meccanici e una quindicina di operai.

Emigrante sfortunato
Nel Biellese di allora, chi si occupava di cultura oppure eccelleva nelle arti non era certo preparato nel campo tecnico dell’industria, e viceversa. Ormezzano fu una straordinaria eccezione: pur essendo valente e preparato nel lavoro, coltivava una grande passione per lo scrivere. Cominciò a pubblicare, nel 1887, un trattato pratico sul telaio meccanico Schöenherr, di recente importazione; seguì un libretto sul problema ferroviario biellese e una serie di articoli su giornali e riviste locali.
Partito per il Sud America nel 1904, con ambiziosi progetti in campo tessile non andati a buon fine, al ritorno scrive: “Giunto in Cile, ove andavo con una mezza assicurazione di lavorare nel mio ramo, mi succede che tale combinazione abortisce per cause non mie. Mi toccò tentare vari mestieri: falegname, negoziante dei più disparati articoli, dai… maiali ai cappelli. Però, per quanto lavorassi di buona lena, scoprii che altri, pur avendo l’aria di aiutarmi, guadagnassero bei denari a mie spese. Così va il mondo, bimba mia…”.

Le opere
Tornato in Italia nel 1915, Vincenzo Ormezzano riprese a lavorare presso la Pettinatura Italiana di Vigliano Biellese e presso il Lanificio Piacenza di Pollone. Ma tornò anche a scrivere e a pubblicare, sempre con il suo stile pronto e pungente. Scriveva di getto, con poche correzioni e ripensamenti, come dimostrano gli originali e le bozze dei suoi libri che ho la fortuna di possedere, recuperati nel 1984 quando un mio amico mossese comprò il Molino dell’Avvocato e mi chiamò per “liberare” alcune stanze ancora ingombre di stampati e di volumi invenduti. In quell’occasione trovammo alcune decine di copie del saggio “Alla venerata memoria di Quintino Sella”, stampate nel 1931 e date in omaggio al Presidente Giacomo Priotto e ai consiglieri centrali del Club Alpino Italiano, riuniti in Consiglio alla Sella di Mosso il 23 giugno 1984, per le celebrazioni del primo centenario della morte del grande statista e fondatore del Cai.
Nel 1920, con l’aiuto dell’Unione Industriale Biellese, fondò la rivista popolare “l’Operaio” che dopo due anni contava più di duemila abbonamenti. Scrisse in proposito: “…portai alla rivista le più amorose cure fino al 1925, epoca in cui mi ritirai al Molino dell’Avvocato per motivi di età, di salute e anche un po’ con l’intenzione di riposarmi, mentre non ho mai lavorato tanto come adesso che… non faccio niente!”.
Infatti, dal 1926 al 1931 uscirono le sue opere principali e soprattutto “il Biellese e il suo sviluppo industriale”, sette volumi dedicati alla nascita e allo sviluppo dell’industria tessile biellese. Queste pubblicazioni, delle quali conservo alcune prove di stampa con le correzioni dell’autore, appuntate a mano e a macchina da scrivere, sono una fonte inesauribile di conoscenza, grazie alle decine di puntuali biografie di tutti i personaggi dell’imprenditoria e della società civile della valle di Mosso e del Triverese, vissuti a cavallo tra Ottocento e Novecento. Se mai qualcuno avesse ancora da giudicare poco consona la denominazione di Valdilana per il nostro nuovo Comune, non avrà che da consultare tali testi per ricredersi.

Riconoscenza
Vincenzo Ormezzano morì a 74 anni, il 23 luglio 1932. Sulla lapide, nel camposanto di Valle Mosso, fece scrivere: “Scendo nella fossa nudo e povero di beni terreni, ma ben vestito e ricchissimo sarò se le mie opere saranno d’aiuto al mio prossimo e all’industria tessile”.
Molti ricercatori, studenti e cultori di storia locale hanno potuto “arricchirsi” di conoscenza grazie a lui e in particolare il sottoscritto, che utilizza con continuità il prezioso corpus dei libri di Ormezzano. Le note che state leggendo le avevo già pubblicate nel giugno del 1984, in occasione delle celebrazioni del CAI. Ricevetti pochi giorni dopo una lettera di Ugo Ormezzano, figlio di Vincenzo, allora ospite della Casa di Riposo di Mosso: “Egregio signor Grosso, profondamente sorpreso e commosso doverosamente la ringrazio per il felice ritratto di mio padre da lei – giovane – pubblicato con precisa conoscenza e sentimento su “il Biellese” di stamane.”

Cultura di prossimità
La riscoperta attuale dell’opera di Vincenzo Ormezzano non è casuale e per molti aspetti è colpa - ma mi verrebbe da dire merito – dell’emergenza epidemica. Non solo io, ma molta gente ha ripreso a ricercare e a studiare la storia locale, complice una rinnovata e forse forzata attenzione alla cultura “di prossimità”.
Sabato scorso, andando a ripercorrere i sentieri sotto casa, sono passato apposta dal Molino dell’Avvocato. Sono partito dalla Via Carbonera nel centro storico di Mosso, scendendo per l’antica strada nel bosco che porta alla frazione Cerate e al vicino Molino. Sono poi risalito alla borgata Ormezzano e a Mosso, passando per il ripido “caret”. Una passeggiata molto bella, ingentilita dai primi fiori di primavera.
Altrettanto gentile è stata Manuela Mattei, attuale proprietaria del Molino che mi ha permesso di fotografare la meridiana e che si è detta ben disponibile ad aprire – quando sarà possibile - le porte a chi è interessato a conoscere meglio questa bella pagina del nostro passato.

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