Commento. Coronavirus, il punto interrogativo

Andrà tutto bene. Così abbiamo scritto ai balconi e alle finestre. Gli stessi luoghi di un'evasione all'iorestoacasa, tutto attaccato, che i social hanno fortunatamente reso virale - ah, ma che brutta parola oggi - con quel simbolo (#) che una volta avremmo semplicemente chiamato cancelletto o pigiato al telefono prima di qualche numero per ascoltare una segreteria e che oggi apre hashtag universali.

Si canta, si suona, si intona. Ieri, oggi e domani. Per un senso di unione - oggi più che mai forte e intriso di tricolore nel giorno dell'anniversario dell'unità d'Italia - e di condivisione che, ironia della sorte, scopriamo di più quando uniti, nell'accezione fisica del termine, non si può stare, non si deve stare. È da qui allora che dobbiamo partire per dire davvero, ancora più forte, andrà tutto bene.

Già, ma andrà tutto bene? Abbiamo un compito che passa attraverso i prossimi giorni per togliere, o non mettere, un punto interrogativo che angoscia quanto questo maledetto Coronavirus. Un compito ancor più stringente di quanto già dovrebbe esserlo stato nelle ultime difficili giornate. Un compito che semplicemente è un dovere per ciascuno di noi: rispettare le disposizioni che prima di un decreto - per quella che è anche l'esperienza di Wuhan e seppur più limitata del serrate tutto di Codogno e Vo' - dovrebbe essere la coscienza individuale ad imporre. Solo così sparirà quel drammatico punto interrogativo. Che, se ci pensate, fa più paura di tutto.

E allora, facciamolo: di casa usciamo solo per "comprovate esigenze", perché per correre e passeggiare, fare running, pedalare e raschiare nel barile delle vesciche dei nostri amici a quattro zampe ci sarà tempo. Ah, la spesa: stiamo imparando forzatamente a non prendere il caffè al bar e allora a far scorta dagli scaffali dei supermercati pensiamo solo una volta alla settimana. Sarà più che sufficiente. C'è cibo per tutti.

Usiamo la mascherina (e magari anche i guanti) e pazienza se anche gli esperti si dividono sull'utilità. Diciamo che è prudenza e buona pratica, qualunque sia la mascherina e qualunque sia il nostro stato di salute, e di questi tempi non guasta. Facciamolo per tutti: per i più anziani, per i malati, per chi è in difficoltà, per i medici e gli infermieri e tutto il personale sanitario - eroi di questa pandemia - per chi lavora, per chi sta bene, per i nostri figli, per i nostri genitori, per i nostri nonni, per noi. Perché ogni vita ha lo stesso immenso valore - che sia fatta più di passato o di futuro solo per quel che sta scritto sulla carta d'identità - e il virus, questi giorni ce lo dicono, ha preferenze apparenti attorno alle quali è semplicemente inconcepibile aggrapparsi o leggere numeri.

Anche gli esperti che la Cina ci ha mandato, prima di parlare di cure e medicine e dopo aver fatto una foto con tanto di mascherina fuori dall'aereo che li ha portati qui, hanno detto che forse c'è un po' troppo movimento in giro. Ancora.

Naturale certo che tutto debba andare di pari passo ad un Paese che non si può fermare e che ora proverà a trovare respiro come un vaccino, almeno in alcune dinamiche economiche, con il suo Cura Italia da 25 miliardi, ma la partita più grande oggi la si gioca in una terapia intensiva o sotto ad un respiratore. E di conseguenza nella catena dei contagi che è quella capace di mandare al collasso il sistema sanitario.

Ritorniamo all'inizio allora per auspicare la fine dell'emergenza. Cantiamo, suoniamo, intoniamo, ma rispettiamo. E non poco o a nostro modo. Si chiama responsabilità. Individuale e sociale. Il flash mob è questo: #iorestoacasa. Piacerà anche ai medici che sono i primi a dirci dell'importanza dei prossimi giorni. Gli stessi giorni che, con un'emergenza più sostenibile, potranno riempirsi sì - che bello - di flash mob emozionanti da quarantena, da unità distaccata. Dove gli applausi risuoneranno ancora più forti sopra a strade deserte, pronte ad essere ripopolate al più presto per darsi la mano e abbracciarsi. Per far capire al mondo che l'Italia c'è, che gli italiani sono uniti anche distanti e che sono stati capaci di togliere un punto interrogativo più pauroso di una risposta che nessuno vuole. Per questo ai balconi e alle finestre non l'abbiamo messo, preferendo lasciarlo fuori tutto solo, al più con il virus. Perché così, dobbiamo esserne sicuri, andrà tutto bene.

© RIPRODUZIONE RISERVATA