Economia: il Terziario nel nostro futuro. All’Ascom presentati i dati sulla trasformazione dell’economia locale

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OUTLOOK TERZIARIO REPORT

L’industria non è più affare per il Biellese, il commercio non si riprende, il turismo appare, invece, in discreta salute e dal Covid sembra esserne uscito pure lui positivo, ma in senso buono.
È questa un’estrema sintesi di numeri e dati che Alessandro Minello, professore a CaFoscari di economia dellarte e della cultura, ma anche di economia dei sistemi dimpresa, ha presentato mercoledì in Ascom per conto del Centro Studi sul Terziario del Piemonte Nord di cui è direttore scientifico.
È stata un’analisi complessa, a tratti spietata, quella di Minello, accompagnato in conferenza dai presidenti dell’Associazione Commercianti Mario Novaretti, dell’Ente Bilaterale del terziario Luca Trinchitella e dal vice dell’Ente Bilaterale del turismo Mauro Orsan.
Il report, Outlook Terziario (che dimostra di studiare bene le trasformazioni socioeconomiche e territoriali di imprese e lavoratori in ossequio alla missione del Centro Studi voluto dagli Enti Bilaterali), ha sviscerato l’andamento 2021 e del quinquennio precedente del quadrante Piemonte Nord, una fetta che vale il 20% della Regione con le province di Biella, Vercelli, Novara e Verbano Cusio Ossola. La nostra, che per molti versi fa il paio con la cugina vercellese, «rappresenta un territorio per questo studio più interessante per la trasformazione in atto» ha spiegato Minello. Secondi per popolazione nel quadrante, in dieci anni abbiamo perso il 7% degli abitanti (circa 12 mila persone). Abbiamo il minor numero di giovani (under 34), ma anche il minor numero di stranieri (6%). Nel declino demografico di un’area che ha il 5,2% di nati ogni mille abitanti contro il 15,2% di decessi, c’è anche la nota positiva della crescita nel 2021 dei giovani con meno di 35 anni. L’indice di vecchiaia ci vede fanalini di coda (il rapporto giovani-anziani è 3 a 1) e quello di ricambio generazionale non dice nulla di buono. Ma l’attrazione verso di noi c'è se è vero che il flusso migratorio ha un saldo positivo al 3,1%.
Incerta anche la demografia, dunque, nel trovare una linea netta, ma che in fondo riflette bene la strada della nostra economia, orfana in cinque anni di 1500 imprenditori e quasi 800 imprese. Il cambio di vocazione ha fatto male all’industria che se non è scomparsa si è trasformata e terzializzata. O almeno ha dovuto farlo. Percentuali e numeri dicono che l’industria oggi è sempre più marketing e comunicazione. È leggera, lontana dai volumi, e pronta a strizzare l’occhio alla qualità e al modo di comunicarla. Il default per chi non ha investito sulla smaterializzazione del prodotto è stato logica conseguenza. Il mancato investimento su attività terziarie e l’ancoraggio quasi ossessivo al tessile vecchio stile sono diventati dazio insopportabile per un comparto che al contrario deve intercettare cambiamenti e tendenze. Operazione da noi tutt’altro che scontata, anche per l’immediato futuro, stando al processo di invecchiamento della classe imprenditoriale: in crescita quella over 70, in calo quella over 50. Una flebile luce, in un processo “old” inesorabile, dove ad una certa età si è pur bravi ma meno innovativi e meno abituati alla tecnologia, arriva nel Biellese da una leggerissima crescita dell’imprenditorialità giovanile al maschile. Inezie, che almeno ci sono, perché il commercio (comparto in quanto a unità locali che da noi vale 39% segnato da -1,5% nel 2021) non se la passa meglio, con l’ingrosso a pagare irrimediabilmente il processo di disintermediazione di una filiera che punta ad unire consumatore e produttore. L’alimentare resiste, così come il comparto casa-arredo e quello moda in controtendenza rispetto alle sofferenze nazionali.
È un’economia che si sposta sempre più verso i servizi (da noi valgono il 48% delle unità locali del terziario con un +0,8% nel 2021) e oltretutto di qualità: così dice anche il focus sui primi mesi 2022 che sono più prospettiva che analisi. Qui si inquadra meglio il discorso sul turismo (un pacchetto da 13% in unità locali nel terziario della provincia) che, notizia, ha visto nascere una quarantina di imprese in più negli ultimi 5 anni (solo il Vco come noi), sei nel 2021 (+0,4%) dove si sono esaltate le strutture ricettive (+10,3%) a fronte della ristorazione (-0,5%). «Il territorio ha la sua attrattiva» ha aggiunto Minello che camperà pure di numeri, ma tra le sue slide pensa pure, come Dostoevskij, che in fondo sarà la bellezza a salvare il mondo. «Non si fa molto per incentivare il turismo? Già, ma è come la gramigna, cresce sempre, figuriamoci se trovassimo il modo di darle anche acqua». Da studiare nelle aree colorate dai più e dai meno, vale la pena sottolineare il nostro piccolo primato che spetta alla Valle Cervo, capace di mettere trend positivo nel 2021 a commercio e turismo.
Tornando al generale, tra i servizi i numeri dicono ancora che salgono quelli a imprese e popolazione. Cresce la consulenza e la locazione. Cala il mondo centri benessere fisico, un dato quest’ultimo che sembra mandare all’aria quanto raccontato qualche riga più su. In realtà la lettura del contenimento nel comparto welfare riflette la mancanza di servizi di alta qualità.
Il 2022, che non si è scordato della pandemia, annuncia comunque il rallentamento alla caduta generale. La brutta discesa, come in una tappaccia del Giro d’Italia, pare finita. Si può arrivare al traguardo entro il tempo massimo. Basta non voltarsi indietro e «dimenticare la dipendenza dal passato, agevolando il passaggio culturale», con il colpo di pedale giusto ancora nelle parole di Minello che, descrivendo il Biellese come «un museo “diffuso” da far scoprire», dalla tasca del rifornimento suggerisce di «liberarsi per una volta della tanto acclamata resilienza per fare spazio all’anti fragilità. Perché un anti fragile non vuole meno complessità, ma in quelle prospera». Come vorrebbe tornare a fare il Biellese.

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