I 90 anni di Corrado Perona, past president nazionale degli alpini

Corrado Perona, 90 anni e non sentirli. Gli anni li ha compiuti ieri e il presidentissimo degli alpini - è stato presidente della sezione di Biella e poi presidente nazionale dell’Ana - non ha voluto mancare la tradizione: una bella sciata in compagnia con la figlia Silvia e nipoti. Con la famiglia, l'amata moglie, le figlie Silvia e Marta, il figlio Antonio e i sei nipoti ha festeggiato sabato: «il pranzo in casa con gli affetti più cari è la cosa più bella». Quando ci accoglie nel soggiorno della sua casa per l’intervista - è venerdì pomeriggio - è tutto un fermento. Dalla sala sono spariti i divani per far spazio ai tavoli e alle sedie per i commensali. Perona ci aspetta con un gran sorriso: «Ieri ho ricevuto il regalo più bello perché inaspettato». A fargli questa grande sorpresa la figlia Marta che vive in Australia. «Era stata a Biella novembre, poi sarebbe dovuta tornare a marzo: non mi aspettavo proprio potesse essere qui adesso». Nella ricca libreria nello studiolo in cui ci accomodiamo fanno bella mostra di tanti libri sugli alpini e gli album di fotografie che custodiscono ricordi di una vita. Figlio di alpino Corrado Perona non poteva non portare anche lui la penna nera sul cappello.

«TENIAMO DURO E L’ADUNATA ARRIVERÀ»
Iniziamo la conversazione affrontando il tema sulla mancata Adunata nazionale per il 2024. Il Consiglio nazionale dell’Ana, a inizio dicembre, ha votato per Vicenza anziché per Biella. «Sapere che Biella avrebbe ospitato l’Adunata sarebbe stato un bel regalo, pazienza. Credo che la sezione si ricandiderà per il 2025 e sono convinto che questa volta sarà molto difficile non ce la diano». La mancata assegnazione a Biella, tanti davano l’adunata 2024 cosa fatta, ha stupito molti ma non lui con la sua pluriennale esperienza prima da consigliere nazionale e poi da presidente. «Che dire, il terzo raggruppamento, quello che comprende le regioni del Triveneto, è quello con maggiori iscritti. Comprendo la delusione di chi ha lavorato sodo per la candidatura di Biella ma sprono a non demordere. Dopo due adunate consecutive (nel 2023 a Udine, nel 2024 a Vicenza, ndr.), toccherà beh un’Adunata al Primo raggruppamento?». Perona riavvolge il nastro dei ricordi: «Quando ero presidente nazionale ci fu Bergamo che si candidò per ospitare l'Adunata. Il primo anno non passò. Il secondo nemmeno. Mi telefonò allora l'ex presidente nazionale Leonardo Caprioli, che era bergamasco. Aveva novant'anni. Mi disse “Corrado, ma mi vuoi far morire senza vedere questa adunata?”. E alla terza l'Adunata arrivò. Beh», Perona ride divertito «vuol dire che dovrò tenere ancora duro perché ci tengo anch'io a vedere Biella “invasa” dagli alpini. Ce lo meritiamo e sarebbe una “scossa” utile, anche economicamente, per la città». Per Perona è il momento che le Adunate lascino le grandi città per andare «magari con qualche disagio logistico in più» in provincia, in territori dove i valori dell’alpinità sono sentiti e tradizionalmente sono stati bacini di arruolamento. Se si pensa che l’Alto Piemonte non ha mai ospitato l’Adunata, beh forse è ora che a Milano, dove ha sede l'Associazione nazionale alpini, ci facciano davvero un pensierino. «Mi domando però? Saremmo in grado di ospitare una manifestazione di questo genere?». La domanda che Perona si pone è retorica e la risposta che poi si dà non nasconde una certa amarezza per quel provincialismo di cui Biella non è stata in grado di affrancarsi. <Penso alla bel- la manifestazione dedicata alla birra artigianale, “Bolle di Malto”. Bene ha richiamato in città, per un week-end, visitatori da fuori provincia. E stata un successo eppure c'è che si è lamentato perché per una sera ha avuto il sonno disturbato»

RICORDI DI NAIA
Nello sguardo di Perona non viene mai meno quel guizzo di giovinezza, di spirito di iniziativa che l’ha sempre caratterizzato e così il discorso si sposta agli anni della naia, a quando fu chiamato sotto le armi. «Correva l'anno 1954. Entrai negli alpini perché allora c'era la leva e Biella era una città di reclutamento per questo corpo. Anche mio papà era stato alpino, un reduce della guerra '15-'18, medaglia di bronzo, invalido di guerra. Su consiglio di un conoscente di papà feci domanda per il corso di ufficiale di complemento ad Aosta. Da Biella saremmo poi stati in quattro. Mi trattennero a fare da istruttore per il corso successivo».

«VOLEVO VEDERE LE DOLOMITI, “RISCHIAI” DI RE- STARE SEMPRE AD AOSTA»
«Non avevo voglia di fermarmi ad Aosta, ma dovetti abbozzare. Dopo un anno che ero lì, manca- vano sulla carta tre mesi - ne feci poi tre in più perché in quel periodo era esplosa la questione di Trieste tra l'Italia e la Jugoslavia di Tito - mi dissero che ero destinato al battaglione Aosta Testafochi. E no, tutta la naia ad Aosta!!! Chiesi ai superiori di essere inviato altrove. Alla domanda dove vuoi andare risposi: “Alla Tridentina, perché voglio vedere le Dolomiti”. Con me c'era un alpino abruzzese che invece voleva andare all’Ottavo a Tarvisio dove era di stanza il battaglione L'Aquila. Il maresciallo sbagliò la base di passaggio e io finii a Tarvisio e quel commilitone alla Tridentina».

IL VALORE SOCIALE DELLA LEVA
I ricordi della naia portano a fare considerazioni sul valore sociale di quei mesi spesi per la Patria.
«Eravamo giovani che non eravamo mai usciti di casa. Mi ricordo che eravamo a Pré Saint-Didier e dovevamo andare a La Thuile. Era febbraio del ‘55. Assistetti a un simpatico scambio di battute tra un soldato e un tenente: “Signor Tenente, ma che montagna è quella lì?”. “Ma come che montagna è? E il Monte Bianco”. ”Lo dice lei, io il Monte Bianco non l'ho mica mai visto”. Il capitano, informato e resosi conto che la maggior parte dei soldati, chi valtellinesi, chi trentini, chi friulani, non avevano mai visto quello spettacolo che avevamo di fronte, fece fermare la compagnia per spiegare quale fosse il Dente del Gigante, quali le Jorasse, il Pilastro Centrale e così via». La memoria va poi a “Il segretario galante”. «Tanti soldati erano ancora analfabeti e allora venivano a cercare noi sergenti perché scrivessimo a casa, alla mamma o alla morosa. Venivano con questo libro che si chiamava “Il segretario galante” dove c'erano dei modelli di lettera per ogni occasione e per ogni tipo di interlocutore. Poi venivano a cercarci perché gli leggessimo le risposte scritte da casa, magari dal parroco o dal medico condotto o dal farmacista. Al battaglione L'Aquila c'era poi proprio una scuola. In diciotto mesi di naia c'era chi imparava a legge- re e a scrivere».

L’IMPEGNO CON L’ANA
Finito il servizio militare, allora non c'erano difficoltà a trovare un lavoro, Perona torna a casa e inizia la sua vita da civile. Ma il cappello da alpino l’ha segnato e inizia così la sua seconda vita da alpino, all’interno della sezione di Biella dell’Associazione nazionale alpini, e in particolare nel Gruppo del Piazzo. «Il mio primo presidente fu Mario Balocco ma fu con l'avvento di Alvise Mosca ed Edmondo Gatti, la generazione dei reduci della seconda guerra mondiale, con cui c'era una minore differenza di anni, che iniziai davvero a divertirmi e a esprimere al meglio le mie potenzialità». Dentro l'associazione Perona viene prima chiamato a svolgere il ruolo di consigliere nazionale e poi di presidente della sezione.
«Scadeva Gatti. E allora lui e Mosca mi proposero per andare a Milano, in Consiglio nazionale. Il consiglio era in prevalenza costituito da reduci con una grande esperienza. Con altri consiglieri giovani costituimmo il gruppo di “quelli del loggione”, in realtà però ci diedero subito spazio e responsabilità, come la gestione dello sport e del Premio Fedeltà alla montagna». Successivamente ci fu la presidenza della sezione di Biella, per 9 anni. «Finito il mandato, dopo due anni, la sezione mi ripropose come consigliere nazionale. Cercai di sottrarmi anche perché l'esperienza me l'ero fatta e credevo fosse giusto che potessero farla altri più giovani, e poi volevo dedicarmi di più alla famiglia. Le insistenze furono tali che però dovetti accettare. E così fu poi quando il presidente nazionale uscente, l’indimenticato Beppe Parazzini mi designò suo successore. Cercai di fargli capire che non ero all'altezza. Lui mi disse: “Non hai diritto di replica”».

LA PRESIDENZA NAZIONALE
Succede così che Perona, nel 2004, si trova alla guida dell’Ana nazionale per un nove anni. Anni indimenticabili ma segnati anche da grandi tragedie, come il terremoto in Abruzzo. «I momenti più belli sono paradossalmente legati ai momenti più tragici, alla risposta che come Ana abbiamo saputo dare alle emergenze. Mi scorrono davanti agli occhi i lavori fatti per l'emergenza terremoto a L'Aquila, per quella in Emilia Romagna, per lo Tsunami nel Pacifico con l'allestimento dell'ospedale da campo per le popolazioni colpite, le tante emergenze con i territori colpiti da catastrofi dovute a dissesti idrogeologici. E poi penso a quanto fatto con il progetto “Una casa per Luca” per dare all'alpino Luca Barisonzi, ferito gravemente in Afghanistan, un luogo a sua misura dove potersi ricostruire una vita una volta dimesso dall’ospedale. Ricordo quando andai a fargli visita in ospedale. Lui completamene infermo e la mamma disperata perché dove viveva era un alloggio al nono piano senza ascensore. Quando uscii dall’o- spedale iniziai a pensarci su e mi venne l’idea di lanciare la proposta della costruzione di una casa su misura. Non sapevo se il Consiglio mi sarebbe venuto dietro ma così è stato. Gli alpini rispondono sempre, come a Biella, quando sotto la mia presidenza realizzammo Cascina Carrubi per l'Anffas». L'esperienza alla presidenza nazionale lascia in Perona questa certezza: «L'Ana cambia e deve cambiare non negli ideali ma nel modo di agire perché è un'associazione che cammina con la società e con essa si evolve. Il mio predecessore Bertagnolli disse che di chiesette, targhe, e monumenti ne avevamo in abbondanza. Che era giusto rispettarli perché rappresentano i nostri ideali ma l'Ana doveva pensare a costruire qualcosa per la gente che soffre. Un altro presidente, Caprioli, disse: “ricordiamo i morti aiutando i vivi”. Ecco credo di aver adempiuto a questo indirizzo associativo».

«QUELLO CHE VORREI FOSSERO GLI ALPINI OGGI»
Uno dei temi cari agli alpini e che spesso riaffiora è quello del ripristino del servizio militare obbligatorio. Di tanto in tanto si parla di mini leva. Perona ha una sua idea: «In un contesto come quello attuale, l'esercito deve essere costituito da professionisti. Credo però che costituire una “leva” con un periodo di ferma molto ridotto, 6-8 mesi, e affidare ai ragazzi compiti ben precisi possa essere attuabile e possa avere una grande attualità. Per gli alpini del futuro penso che non abbia neanche senso mettergli sulle spalle un fucile. Il program- ma dovrebbe essere la salvaguardia della montagna che ci frana addosso e il tentativo di arginare lo spopolamento. Con il coinvolgimento anche delle ragazze penso possano attuarsi programmi importanti di assistenza alle popolazioni che vivono nelle valli marginali. gli alpini del futuro possono avere un ruolo fondamentale in un paese montano come l'Italia. Manutenzione dei tagliafuoco, dei boschi, pulizia dei corsi acqua, sono tutte opere necessarie per la prevenzione. Bisogna però coinvolgere le Unioni montane, i sindaci, le Provincie, il Club alpino italiano (Cai , i Carabinieri Forestali. E un progetto ambizioso ma necessario. Penso che i ragazzi, che si sentirebbero protagonisti, lo accoglierebbero molto bene».

MALINCONIA PER OROPA E PER GLI AMICI CHE NON CI SONO PIÙ
Negli ultimi a Biella, si fa molto parlare della funivia del Mucrone chiusa da oltre un anno e che non sa quando potrà tornare in attività. Le montagne di Oropa sono un luogo caro per gli alpini biellesi. Al Camino c’è la chiesetta dedicata al loro patrono San Maurizio. «C'è tanto dispiacere. Oropa è cara tutti noi biellesi. Finito il servizio militare ho iniziato a frequentare il Mucrone. Fui invitato da Amilcare Zegna, per la Pietro Micca, a entrare nel Soccorso. Che soddisfazione, dopo una settimana di lavoro, salire a Oropa e godere di quelle belle discese dal Camino. E una bella montagna, è la nostra montagna. Non me la sento di colpevolizzare qualcuno. E tutto il territorio che deve impegnarsi. La politica deve dare uno scossone, farsi sentire. Se penso a Oropa mi sale la malinconia e mi viene da pensare a tanti, troppi amici, che non si sono più».

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