Il progetto: manifesto per difendere la lana

È un viaggio alla scoperta della lana quello che parte da Biella. Non dall’Australia o dal Sud Africa. E paradossalmente è un viaggio di cui ancora poco si sa malgrado proprio “lana” sia la parola d’ordine delle aziende tessili biellesi. E’ noto che il vello delle pecore che pascolano lungo lo Stivale non è abbastanza fine per essere trasformato in tessuti di alta qualità ma, supportata anche da Gomitolorosa, l’Agenzia Lane d’Italia, che ha sede a Biella e decenni di esperienza e studio in materia, sta conducendo un’ampia ricerca per poter avere un panorama il più possibile dettagliato dello stato dell’arte del comparto ovino, delle sue criticità e delle iniziative e start up innovative che studiano utilizzi alternativi della lana.
«Le nostre pecore hanno uno spesso- re della fibra ben diversa dalla Merino, fatto che conferisce alla materia prima e di riflesso a filati e tessuti, una mano secca e poco interessante per il mercato» spiega la presidente Patrizia Maggia.
«La produzione tessile ha visto l’impiego di queste lane fino agli Anni 50, quando poche erano quelle d’importazione. Poi il loro utilizzo è stato relegato alla produzione di tappeti e materassi. Nel 2002, per regolamento europeo, queste lane sono diventate un sottoprodotto animale, un materiale di scarto che se non trattato, viene classificato come rifiuto speciale».
La lana essendo “sporca”, potrebbe infatti contenere patogeni nocivi alla salute e all’ambiente e ciò implica che il suo smaltimento aggiunge un gravoso costo in più per gli allevatori. «In Italia vengono prodotti oltre 12 milioni di kg di lana sucida ogni anno da otto milioni di animali. Una parte è espor- tata in India o in Cina, ma per il resto è difficile trovare un impiego anche se si tratta di una materia prima straordinaria» prosegue Maggia. «Con il Cnr di Sassari, il Gal Barigadu Guilcer, Valle Seriana e dei Laghi Bergamaschi e Quattro Parchi Lecco Brianza, l’Agenzia Lane d’Italia sotto il cappello “Tramando s’innova”, ha lanciato pochi mesi fa una petizione su Change. org, un Manifesto che si propone di ricostruire una filiera di recupero, trasformazione e valorizzazione delle diverse tipologie di lana creando sinergie tra mondo rurale, artigianale e industriale, ottimizzandone l’utilizzo nei vari settori, dal tessile all’edilizia».
Proprio il 31 gennaio “Tramando s’innova”, con un convegno nazionale che si è svolto a Gandino, in Lombardia, ha tirato le somme del progetto che vuole trasformare la lana da rifiuto a risorsa con una serie di proposte di economia circolare. E’ in itinere inoltre, un viaggio vero e proprio dal nord al sud che permetterà di conoscere l’identità della lana italiana, le razze presenti nei singoli territori, le loro caratteristiche, i valori numerici in relazione ai rischi di estinzione. È previsto il contributo delle Università e dei docenti della facoltà di scienze agrarie e, non in ultimo, degli allevatori che sottolineano le criticità del loro mestiere. Il confronto in corso spazia da Valle d’Aosta al Veneto, dalla Lombardia al Piemonte, fino alla Toscana, all’Abruzzo, a Puglia, Sicilia e Sardegna. Perché capita anche nel Biellese, distretto laniero per eccellenza, che talvolta acqui- stare un capo in pura lana, sia impresa impossibile. In negozio, se l’occhio cade sull’etichetta, le percentuali di sintetico mortificano quasi sempre le aspettative.
Conclude Maggia: «Abbiamo perso il valore di questa fibra, sotto tutti i punti di vista. I nostri armadi sono pieni di indumenti realizzati con tessuti nocivi per l’ambiente e per la nostra salute. Nel rapporto Textile Exchange 2020, la quota di lana di pecora è intorno all’1 per cento. Eppure ha caratteristiche uniche: è la più  igroscopica in assoluto, assorbe vapore acqueo senza dare la sensazione di bagnato, è molto traspirante, antibatterica, non emana quindi cattivi odori. Non si stropiccia a vantaggio di abiti che devono essere indossati a lungo ed è facilmente riciclabile. E allora perché i maglioni 100 per cento lana non sempre si trovano? Certo un capo con poliestere, acrilico e solo il 10 per cento di lana (fra i più comuni presenti sul mercato) ha costi di produzione più bassi ma in realtà è di plastica e il suo comfort non è paragonabile alla fibra naturale».
Ma chi difende la pura lana non demorde: il 5 aprile a Biella tornerà in presenza, dopo il lockdown pandemico, la Giornata della Lana, proprio per dare risalto a un bene e un prodotto eccezionale, oggi penalizzato dall'inquadramento normativo europeo.

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