La vita di Italo Cipolat trascorsa in Katanga tra i finalisti del premio Pieve

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Tra gli otto finalisti del premio Pieve Santo Stefano c’è il diario di Italo Cipolat, che racconta la sua vita trascorsa in Katanga, nel Congo belga. Il concorso è indetto dall’archivio diaristico nazionale e ogni anno individua il miglior racconto autobiografico per darlo alle stampe.

Per il figlio Domenico Cipolat, referente del coordinamento biellese di Libera, è già un successo che l’autobiografia del padre sia stata inserita nel ristretto gruppo di opere scelte in vista della premiazione. Centinaia di memorie partecipano a questo concorso nazionale che si tiene in provincia di Arezzo, a Pieve Santo Stefano, luogo in cui ha sede l’archivio fondato dal giornalista Saverio Tutino. Questa volta alla cerimonia di consegna dei riconoscimenti, domenica scorsa, c’era anche Domenico Cipolat. Lui un anno fa ha inviato all’archivio le 500 pagine in cui è contenuta la storia della sua famiglia. Dice: «Mio padre, rientrato dall’Africa nel 1974, ha iniziato a scrivere le sue memorie. Terminato il lavoro, era nato il desiderio che il suo vissuto non andasse perduto».

Italo Cipolat è mancato 10 anni fa. Le pagine che ha scritto sono intense, racchiudono episodi di una cultura molto distante da quella europea e aprono una finestra su un mondo lontano, ma che per la famiglia Cipolat è vicino quanto lo sono le radici al fusto dell’albero. C’è in quella vita trascorsa tra savane e foreste qualcosa di leggendario: il filo che unisce gli eventi sembra la trama di un romanzo d’avventura.

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