Politica, Pichetto al Governo. L'intervista

Si diceva Pichetto al Ministero dell’economia, poi invece è finito a quello dello sviluppo economico. Cosa è accaduto?
È accaduto di tutto, nelle segreterie dei partiti e anche in consiglio dei ministri, dove c’erano grossi problemi a causa della crisi del Movimento 5 Stelle. Per la mia nomina è intervenuto anche il nostro leader Silvio Berlusconi. In base al mio curriculum politico potevano starci entrambe le ipotesi. Anzi si era parlato anche del Ministero del lavoro, per i. miei tracsorsi nella giunta Ghigo in Piemonte.

Dicono che Gilberto Pichetto sia il membro del governo più tecnico tra i politici che ne fanno parte.
So, l’ho sentito dire da molti. Mi fa piacere perché è una valutazione svolta sul campo, frutto delle mie esperienze politiche in Commissione bilancio del Senato e di quelle precedenti in Regione.

Meglio allo sviluppo economico o all’economia?
Il Ministero dell’economia è quello che deve procurare i soldi, o con le tasse o, adesso, con il Recovery Plan. Per questo è molto importante. Ma quello dello sviluppo economico è quello che più di tutti gli altri dovrà pensare a come investire queste ricorse per cambiare il volto e il destino del Paese. Ma è anche il ministero di tante altre cose, come ad esempio delle imprese in difficoltà, dalle quali, appena nominato, mi arrivano già le prime richieste di aiuto.

Quali deleghe si prevedono?
Non so ancora, per ora ho avuto solo uno scambio veloce di battute con Giorgetti, ma nient’altro. Domani (oggi per chi legge, n.d.r.) c’è il giuramento, poi prenderemo le misure.

Con Giorgetti vi conoscete bene?
Si, ci conosciamo da tempo. Per questo motivo non mi sentirò spaesato a collaborare con lui.

Il Ministero dello sviluppo economico dovrà occuparsi di molte grane: Alitalia, Ilva, Autostrade più una serie infinita di imprese in forte difficoltà. Con quale metodo?
La risposa l’ha data il presidente Draghi nel suo discorso alle camere alla presentazione del programma, dicendo che il nostro dovere sarà salvare le imprese che hanno un futuro e ristrutturare le altre. In un momento di crisi generale, non solo sanitaria, non a caso è stato creato uno strumento come il Next Generation Eu che vale 3 volte il piano Marshall del dopoguerra e che dovrà essere utilizzato per riposizionare le nostre attività produttive sul mercato. Rispetto a un marcato interventismo della mano pubblica, come si profilava nel precedente governo, mi sembra un deciso cambio di passo. La crisi impone che lo stato di faccia carico di dossier delicati con investimenti pubblici, ma con le giuste cautele.

Ha già in mente dossier locali in Piemonte e nel Biellese?
Il Piemonte è una delle grandi regioni manifatturiere italiane, con un tessuto imprenditoriale che spazia dal tessile l’automotive e decine di migliaia di addetti che vanno accompagnati nella trasformazione del loro modo  di lavorare in una prospettiva più adeguata ai tempi. Poi c’è settore del food, diventato trainante per la nostra Regione, in grado di produrre importanti quote di ricchezza e occupazione. La pandemia ha colpito duro questa filiera con le sue ripetute restrizioni. Un’emergenza spesso trascurata che però va considerata con una visione più allargata e non solo dal punto di vista delle imprese più a valle: chi produce formaggio non lo vende perché sono stati chiusi i ristoranti, ma non si può fermare produzione senza continuare a mungere le mucche. Dobbiamo ragionare su tutta la filiera complessiva concentrandoci sulle industrie, gli artigiani e i commercianti.

Dovrete anche occuparvi di importanti investimenti pubblici.
Si, soprattutto nel settore delle comunicazioni, come il 5 G, la rete, le assicurazioni  e l’ammodernamento dello stato. Il nostro ministero sarà quello a cui verrà affidata la parte più elevata della spesa dei fondi che arriveranno dall’Europa.

La maggioranza di governo così eterogenea può tenere?
Siamo molto diversi ed è chiaro che nessuno deve perdere propria identità. Ma possiamo iniziare a concentrarsi nell’emergenza su ciò che ci unisce, come nel 1946 dopo la guerra quando le divisioni erano ben più pesanti di oggi. La sfida è vincere perdere tutti insieme.

Questo incarico allunga sua vita politica oltre questa legislatura?
Chi vivrà vedrà, certamente le cose sono molto cambiate rispetto a qualche anno fa.

Con Draghi vi siete già incontrati?
In questi giorni non ancora, lo vedrò al giuramento. Ho visto il premier solo al Senato, quando è venuto a presentare il programma. Ci siamo salutati, perché lo conoscevo quando era in Banca d’Italia, prima di andare alla Bce, quando veniva in Senato per le audizioni. In commissione nella mia precedente esperienza parlamentare.

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