Biella, sei anni di reclusione per l'uomo accusato di abusi sulla figlia

Un uomo accusato di aver abusato sessualmente della figlia adolescente condannato a sei anni di reclusione, una famiglia disgregata con la ragazza e i suoi fratelli più piccoli assegnati prima a una comunità e poi a famiglie affidatarie. E’ questo l’esito del processo arrivato a conclusione giovedì mattina nell’aula al primo piano del Tribunale di Biella.
E’ una storia di mancata integrazione, di disagio e di abusi.
La famiglia della ragazzina è originaria del Medioriente. Prima di arrivare nel Biellese i genitori, di religione islamica, erano  approdati in Inghilterra senza però mai rompere i legami con il loro paese natale. Zahira, questo è il nome di fantasia che le diamo per tutelare la sua privacy, si trova a frequentare le scuole in un’età, quella adolescenziale, in cui si formano grandi amicizie ma dove non è raro, se si è visti come “diversi” perché si porta un velo in testa, essere fatti oggetto di battute e di emarginazione. Zahira stringe amicizia con una ragazza di poco più grande. Con lei si confida. La famiglia le sta “stretta”, non sopporta l’obbligo di indossare quel segno religioso che la “divide” dalle sue compagne. Un pomeriggio confida alla nuova amica di avere il terrore che il padre la voglia far rimpatriare per mandarla sposa con un uomo molto anziano.
Temendo per Zahira la sua confidente decide che della situazione è meglio parlarne ai genitori. La cosa migliore, decidono, è attivare i servizi sociali del comune. Un’assistente sociale inizia a seguire la famiglia di Zahira, padre, madre e tre figli. Zahira si incontra sette volte con l’assistente. Il suo disagio è evidente ma solo nell’ultimo incontro racconta di aver subito abusi. Il padre avrebbe approfittato dell’assenza della madre per appartarsi con lei.
Il caso non può essere taciuto. L’operatrice socio assistenziale dopo essersi confrontata anche con le insegnati, le difficoltà a scuola sono numerose, si rivolge alla Procura. Le indagini per verificare la veridicità del racconto di Zahira vengono assegnate all’esperto pool di polizia giudiziaria dei carabinieri con il luogotenente Tindaro Gullo a fare da coordinatore. La ragazzina ed i suoi fratellini più piccoli vengono subito allontanati per essere ospitati in una struttura protetta. Nei confronti del padre viene emessa una misura cautelare di divieto di avvicinamento.  Ad assumere la sua difesa è l’avvocato Sergio Gronda. L’unico contatto con la famiglia d’origine tra Zahira ed i fratelli minori sarà la madre. La donna continuerà e continua tuttora però a difendere il compagno di una vita.
Durante le indagini viene disposta una perizia per valutare la capacità di Zahira di rispondere alle domande che le dovrebbero essere sottoposte in fase di incidente probatorio (la fase in cui si assumono i mezzi di prova). L’esito è positivo. Zahira ascoltata dal pubblico ministero e dalla difesa trova il coraggio e racconta di altri casi di abuso di cui sarebbe stata vittima. Nel ricordare però si contraddirebbe più volte e su questo cercherà di organizzare la strategia difensiva l’avvocato Gronda.
Rinviato a giudizio il padre di Zahira si trova alla sbarra a doversi difendere da una delle accuse più infamanti. Le prove sono quelle raccolte nella fase delle indagini. Non ne vengono ammesse altre come la perizia medico legale per accertare i segni della violenza. Nel corso delle udienze passano in rassegna i testi. La procura speciale per l’adolescente l’assume l’avvocato Stefania Fontana che affida l’incarico di rappresentare la minore in giudizio all’avvocato Ilaria Sala. La richiesta dell’accusa sarà pesante: 10 anni di reclusione. La difesa chiederà l’assoluzione.
«E’ una condanna che fa male. Il mio assistito non ha ancora compreso la gravità della sua posizione. Per il momento evito di commentare la sentenza. Attendo i 90 giorni per leggere le motivazioni» dichiara l’avvocato Sergio Gronda che però annuncia l’intenzione di ricorrere in appello.

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