Bielmonte, le bollette alle stelle potrebbero fermare lo sci: «Così non è sostenibile aprire»

l’incubo per l’industria della neve si chiama caro energia. Giampiero Orleoni di Icemont, la società che gestisce la stazione sciistica di Bielmonte è chiaro: «Alle condizioni attuali potremmo non aprire. L’attività non sarebbe economicamente sostenibile. La bolletta elettrica è di fatto quadruplicata».
Orleoni è anche presidente dell’Anef Piemonte, l’associazione degli esercenti funiviari. «Già quest’estate abbiamo fatto girare gli impianti con costi fuori da ogni logica. In vista dell’inverno non sappiamo veramente dove andremo a finire, innanzitutto perché al momento non c’è nessuna certezza, non abbiamo alcuna garanzia. Di certo per noi può diventare davvero insostenibile, con prezzi a questi livelli non so cosa potremmo fare, potrebbe diventare controproducente aprire. Noi chiaramente offriamo un servizio che non è essenziale, se ribaltiamo il costo sugli utenti chiaramente avremo un’affluenza minore. Una parte della soluzione potrebbe essere quella di far riconoscere le società impianti come aziende energivore».
Far rientrare l’industria dello sci nelle attività energivore significa avere ritenute d’acconto più importanti. «Adesso speriamo che qualcosa si muova a livello europeo e si possa trovare un tetto al costo del gas in modo da far scendere le bollette» dichiara ancora Orleoni.
A Bielmonte la bolletta è la seconda voce di costo dopo quella degli stipendi. Forse potrebbero avere meno problemi le stazioni grandi dove il costo del- l’energia potrebbe essere meglio assorbito.
Bisogna però poi tenere conto del rischio razionamenti. Si sa che lo sci è un’attività ludica non indispensabile quindi potrebbe essere sacrificata.
«Significherebbe tornare all’anno nero del Covid con ristori che però non copriranno certo i mancati in- cassi e rischiano di produrre effetti di lungo periodo con un disamoramento della pratica dello sci. Questo si tradurrebbe in un ridimensionamento del settore con effetti a catena sull’economia della montagna» conclude Orleoni.

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