Carenza di manodopera qualificata. Guerra fra imprenditori: come ti scippo l’operaio!

Gli imprenditori si rubano gli operai specializzati gli uni con gli altri, ormai è un fatto acclarato». lo dice Lorenzo Boffa, segretario della Cgil e nel Biellese lo sanno tutti. Se prima il tessile si faceva la guerra su una manciata di euro al metro oggi è il superminimo, offerto ai tecnici del vicino d’azienda a portare gli organici in pari. E non succede solo nel distretto della lana, perché ovunque la manodopera qualificata ormai vale oro. «Ci ripetiamo che nel Biellese la qualità di vita è alta, ma l’immagine e la quali del lavoro che offriamo quali sono? Siamo stati oberati dalla retorica del “tessile decotto e senza futuro”, dallo spauracchio delle fabbriche che delocalizzavano, di margini di guadagno risicati. Tutti messaggi negativi. Forse è venuto il momento di cambiare narrazione e di iniziare a trasmettere suggestioni diverse. Di tempo a disposizione però ne resta più poco». La fotografia del territorio è mutata dal ‘900. L’età media della popolazione sfiora i 50 anni, la fascia produttiva a differenza del Piemonte (9 per cento) e dell’Italia (8 per cento) ha un tasso di lavoratori stranieri che arriva a malapena al 5 per cento; i livelli di disoccupazione sono bassi ma le famiglie spingono i ragazzi a fare altro, a non fermarsi in provincia e tanto meno nella fabbrica. Risultato: le aziende oggi devono preoccuparsi di raccogliere ordini, ma soprattutto della manodopera necessaria per poterli evadere. È dunque lo spot consumato ma ancora ben saldo di un futuro “corto e ostile” a impedire al tessile e alle sue aziende manifatturiere di crescere? «I giovani oggi ragionano in modo molto diverso da come siamo stati abituati a farlo noi. La chiave di lettura va cambiata nel sindacato come fra gli imprenditori. Non vale più il “lavoro stabile” ma il “come e dove lavoro” perché le giovani generazioni inseguono altri valori. Si dovrebbe puntare sulla conciliazione degli orari; sulla possibilità di crescita salariale, professionale e personale. Ma per questo occorro- no coraggio e diverse prospettive». Ci vorrebbe, allora, un nuovo “Patto della montagna” quello che durante la Seconda Guerra con un forte spirito visionario, mise d’accordo imprenditori e operai su condizioni di lavoro migliori e parità salariale. Prosegue Boffa: «Se ci si riunisse nuova- mente attorno a un tavolo concordando stipendi adeguati, regole, diritti e doveri per un patto territoriale condiviso, lo scippo dei dipendenti non avrebbe ragione di esistere, un conflitto che oggi non conduce da nessuna parte perché l’operaio che tu mi porti via, io poi lo rubo a un altro. Non basta parlare di aziende attraenti si deve dimostrare che lo sono e il welfare non è un incentivo matematico o sufficiente per arrivare alla fine del mese. Deve passare un messaggio nuovo per trattenere i giovani e per accogliere nuova manodopera. Perché a Biella non si fermano più neppure i migranti».
Cita un esempio concreto il sindacato: alla A2A di Cavaglià sono 60 i lavoratori extracomunitari (il 90 per cento dell’organico) attivi nell’impianto di smistamento rifiuti. «E non è un caso. Giocando d’anticipo abbiamo stretto un accordo territoriale con l’azienda e le due cooperative, più alto rispetto al contratto nazionale e che riconosce anche un buono pasto al giorno. Ora la Regione ha avviato il progetto di Accademia Piemonte per for- mare personale. Questa vuole essere una buona opportunità per creare nuove risorse qualificate. Ci sono poi gli Its. Ma per fare arrivare le persone ai banchi della formazione si deve essere capaci di dare loro un motivo valido per intraprendere il percorso, offrendo prospettive che vanno oltre una casa che costa poco o l’aria pulita. E questa è una direzione che va presa coralmente mettendo anche un punto a capo alla rincorsa scorretta del personale».

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