Commenti - Il futuro di Biella? Dormire e spegnersi lentamente

Qualche giorno fa un gruppo di universitari di Città degli Studi ha scritto una lettera a questo giornale per lamentare la presenza della fiera annuale nel piazzale adiacente il polo accademico.
Questo gruppo lamentava la mancanza di parcheggi, il rumore provocato dalle giostre e chiosava chiedendosi retoricamente “nonostante i grandi discorsi sull’importanza della cultura e della formazione, sul non fare scappare i cervelli dal nostro territorio, sull’investire nell’università, ci si chiede se sia più importante andare sulle giostre che poter raggiungere l’università per crescere, imparare e acculturarsi…”.
Gli scriventi evidentemente non sono di Biella, come non lo sono i docenti che insegnano a Città Studi e che, tramite gli studenti, vengono citati come soggetti danneggiati dal luna park però, sia gli studenti sia i professori, hanno egregiamente introiettato fino in fondo la biellesità.
Se noi sostituissimo la fiera con il “Reload summer festival”, con “Bolle di malto”, con il “mercato europeo” o con una piccola scuola di ballo il risultato sarebbe sempre lo stesso: “noi abbiamo il diritto a vivere in pace, a non essere disturbati, a dormire sonni tranquilli, voi fate altrettanto”.
Non divertitevi, non ascoltate musica, non salite sull’ottovolante, non parlate o danzate dopo le 21. I biellesi hanno bisogno di riposo. Una grande, estesa, città a forma di casa di riposo. Certo Biella è una città anziana, in un paese anziano e in un Continente ancora più anziano.  Sintomatico però che a lamentarsi, questa volta,  siano anche i giovani, anche non di origine biellese. Non sappiamo se sia l’aria, l’acqua o le frequentazioni sviluppate in loco ma, di certo, il risultato è sempre lo stesso.  Una popolazione refrattaria alla vita o, meglio, alle sue manifestazioni.
Fino a trent’anni fa, quando le nostre valli e i nostri paesi di notte risuonavano solo del rumore dei telai e alle sei suonavano le sirene per il cambio turno, ci poteva essere una giustificazione: il riposo ristoratore della classe operaia aveva un motivo e anche una sua sacralità. Ma oggi? È rimasto quel fastidio indotto che si tramuta in intolleranza e al ricorso alle missive violente verso chi non rispetta il “sacro” riposo.
A parte le erbacce non tagliate per la città, dalle scuole ai parchi pubblici, il biellese medio però non è altrettanto prolifico nel produrre lettere e lamentele quando ad essere coinvolto è il futuro di Biella e non solo il suo riposo. Quante missive sono arrivate a questo giornale, negli ultimi 10 anni, riguardo il futuro del vecchio ospedale “degli Infermi” in centro Biella? Quelle che può contenere una singola mano. Quante, per restare all’attualità, rispetto al lento (inesorabile?) declino della Conca di Oropa con lo stop della funivia per il Mucrone? Forse meno ancora. All’opposto, ovviamente, avviene il contrario: non si valorizzano mai le tante, piccole e grandi, iniziative meritorie di questo territorio che, a fare l’elenco, faremmo sicuramente torto a qualcuno.
Perché, allora, un giovane dovrebbe rimanere o venire a vivere a Biella, costruirsi un futuro e farsi una famiglia? Scappano, appena ne hanno la possibilità. Possiamo dargli torto?

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