Emergenza Freddo: 40 posti
per donare ascolto e sostegno

L’accoglienza di chi non ha una casa non si riduce soltanto a “un pasto e un posto”

Abbiamo già visto occhiate preoccupate trasformarsi in sguardi di gratitudine, abbiamo sentito voci flebili e di poche parole sciogliersi in toni più aperti e diretti» mi dice un operatore impegnato anche quest’anno nel progetto Emergenza Freddo.

Racconta di una circostanza ormai comune, ma sempre carica di emozione per chi la vive, che in 14 edizioni del progetto si ripete nel momento in cui si apre una porta per accogliere esistenze ai margini da lungo tempo o anche solo temporaneamente coinvolte in una fase complessa della loro vita, dove un tetto sopra la testa e un letto al caldo in cui dormire sono difficili da avere.

Emergenza Freddo c’è stata e c’è anche in questo inverno 2024/2025, dal 21 novembre, in una circostanza che poteva serenamente essere frutto della penna di uno sceneggiatore particolarmente amante del pathos: la prima nevicata dell’inverno biellese, capace di complicare non poco le cose nella viabilità su strade come sui marciapiedi, ha “battezzato” l’apertura della prima notte di funzionamento di Emergenza Freddo. Il territorio nelle sue componenti istituzionali e del privato sociale, cooperative e volontariato, è nuovamente impegnato a lottare contro il freddo che rischia di spezzare vite: «Anche quest’anno tutti coloro che non hanno una casa trovano così un tetto sulla testa, stanze riscaldate, un pasto cucinato e caldo» commenta una volontaria che si occupa di supportare la fase della cena, servita nello spazio comune del dormitorio di vicolo del Ricovero in quella che sarà l’ultimo periodo di esercizio di quello spazio ormai poco adeguato all’accoglienza di persone senza fissa dimora. Emergenza Freddo agisce in due modalità: da un lato “sospende” una regola di funzionamento del dormitorio quella del limite delle 30 notti consecutive ripetibili per 3 volte nell’anno, perché da fine novembre a marzo (salvo proroghe basate sulle condizioni climatiche) il dormitorio è aperto senza “conta-notti” e senza fare cumulo con il resto dell’anno. Dall’altro lato, il più determinante per impedire che ci possano essere persone lasciate a dormire fuori all’aperto o in ricoveri di fortuna, l’attivazione di posti letto aggiuntivi.

«La pronta accoglienza del territorio» per citare il comunicato stampa di avvio progetto «è stata incrementata con 8 posti nella struttura Caritas e 2 posti nell’appartamento Caritas in collaborazione con la cooperativa Maria Cecilia e l’associazione La Rete, ulteriori 3 posti in appartamento gestito dalla cooperativa Anteo. Dall’11 dicembre sono stati resi disponibili altri 2 posti in un appartamento gestito dal Anteo».

La forza del progetto sta nella sua “geometria variabile” pronta a rispondere con tempismo e competenza ai bisogni emergenti e improvvisi: ecco che, ad esempio, la struttura Caritas, ovvero l’ultimo piano del seminario diocesano, ha ampliato nel corso già delle prime settimane i posti da 8 a 12 e da Natale Anteo ha aggiunto un ulteriore posto in uno dei due appartamenti. Il potenziale dell’accoglienza notturna per senza fissa dimora è quindi di 40 posti. Prudenzialmente 2 (uno per uomo e uno per donna) sono lasciati ove possibile liberi nel dormitorio per emergenze, il resto al momento risulta tutto occupato.

Emergenza Freddo è un progetto unico nel suo genere: negli anni si è saputo trasformare perché ogni inverno le cose cambiano, le esigenze sono diverse e bisogna essere veloci per non correre rischi. Non è solo “un posto e un pasto” ma anche ascolto e sostegno perché in una città che si prende cura di chi sta ai margini si vive meglio tutti.

Ho trascorso una serata negli spazi all’ultimo piano del seminario per incontrare le persone per ora ospiti: ci sono stanze quadruple, un armadio per ciascuno, una sala comune dove consumare la cena e la colazione. L’operatore della cooperativa Maria Cecilia mi accompagna e mi racconta che le persone sono in grande maggioranza migranti pakistani in attesa dei documenti o di essere inseriti nei percorsi dedicati. Due di loro conoscono bene l’italiano e lo traducono in urdu a beneficio degli altri per evitare di perdere il senso delle comunicazioni.

Tutti mi dicono che desiderano lavorare e tutti, come chi ha occupato quei letti negli inverni degli ultimi anni, sono sottoposti a una snervante attesa dei documenti lunga mesi, inanellando giorni dopo giorni in cui, per lo meno, possono frequentare i corsi di italiano del Cpia, ulteriori corsi gratuiti promossi dall’Upb, stare 2 ore nel centro servizi povertà dalle 17 alle 19 dove oltre al riparo dal freddo nelle ore preserali ricevono aiuto per migliorare il loro italiano, supporto per le pratiche per il permesso soggiorno, informative sul contrasto al lavoro nero e allo sfruttamento e, semplicemente, ascolto.

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