Il mondo scopre Biella e Biella svela al mondo il suo patrimonio ambientale e culturale. Sono arrivate a 250 le manifestazioni di interesse giunte soprattutto dall’area euroasiatica (Iran Russia Bangladesh Pakistan Turchia ma anche Cile e Messico) per il prossimo corso di Cultural Heritage and Creativity for tourism and territorial development che ha debuttato quest’anno. Organizzato dall’Università di Torino a Città Studi il progetto è esploso a livello globale. La sede della laurea magistrale non è certo stata scelta per caso dall’ateneo piemontese: malgrado il basso profilo che da sempre “discrimina” o meglio ancora frena il distretto della lana, il capoluogo ha tutti i titoli e l’autorevolezza per raccontare alle nuove generazioni una storia e l’arte del saper fare, come pochi al mondo.
«Questo corso è stato voluto fortemente da UniTo nell’ambito della convenzione ventennale siglata un anno fa con Città Studi, seguendo la direzione del decentramento universitario» spiega Silvia Cavicchioli, coordinatrice del percorso. «In particolare proprio la prorettrice Giulia Carluccio crede molto nel Biellese e con Fondazione Cassa di Risparmio e Città studi abbiamo trovato una sponda fertile: ci hanno accolto con vero entusiasmo e passione. Questo per noi ha rappresentato il primo punto di forza».
Il tema dell’heritage, ovvero il patrimonio ereditato dal passato negli ambiti più diversi, dalle risorse naturali a quelle storico-culturali, viene sviluppato dal corso di laurea in modo contemporaneo e a 360 gradi. A differenza di percorsi analoghi in altre atenei italiani, a Biella ha una caratteristica peculiare che si allarga a ventaglio a tante discipline: l’analisi territoriale, il management e lo sviluppo passando per il patrimonio paesaggistico e il cambiamento climatico, pensando a soluzioni di valorizzazioni del territorio e alla destagionalizzazione del turismo. «Perché oggi ci sono nuovi modi di viaggiare e conoscere e di conseguenza ci sono professioni che stanno evolvendo velocemente» aggiunge Cavicchioli. Quest’anno l’avvio è stato dato con 12 iscritte, tutte donne metà delle quali straniere e metà italiane (solo tre le biellesi). Giovani donne che in città hanno trovato una dimensione ideale per vivere e per studiare.
«Oggi la situazione è notevolmente cambiata, abbiamo avuto un boom di candidature inaspettato. Le porte sono state aperte per il momento agli studenti extra europei che necessitano di un visto per frequentare. Poi sarà la volta degli europei e degli italiani. Certo con questi numeri se le manifestazione di interesse saranno poi confermate dalle iscrizioni, potremo selezionare i profili più interessati».
Ma se Biella con l’UniTo in questo momento è diventata un punto fermo sul mappamondo per chi ancora non la conosceva, se non per la sua indiscutibile eccellenza tesile, non si limiterà a rimanere solo un mero “contenitore” del corso.
«L’obiettivo è quello di organizzare iniziative che siano legate alle materie di studio ti ma che arrivino a coinvolgere un pubblico più ampio. Maurizio Pellegrini è biellese ed è un nostro docente. Con lui abiamo messo in cantiere una rassegna cinematografica dedicata allo storytelling territoriale, che valorizza i luoghi storici e culturali attraverso il mezzo audiovisivo. “Cinema identità territori” porterà fra i casi di studio anche filmati legati al tema dell’ Industrial tourism, per sempio con un documento della Panoramica Zegna realizzato nel 1956 per essere trasmesso sulle navi da crociera; ci sarà il Patto della Montagna, ma anche le pellicole di Giorgio Pisca messe a disposizione dall’Archivio nazionale del cinema d’impresa di Ivrea. Insomma il Biellese si sta dimostrando una vasta palestra con referenze e tesori che possono essere studiati, valorizzati, condivisi e diffusi in modo opportuno. Per questo la rassegna sarà aperta a tutti».
Aziende con secoli di storia
«Heritage vuol dire tantissime cose, è una parola complessa» spiega Alessandro Barberis Canonico, ad di una delle più antiche aziende laniere biellesi. «Stiamo parlando di una storia iniziata nel 1400 ma che rimanda al Medioevo, legata alla lana, all’acqua, al saper fare delle maestranze che sono state tramandate di padre in figlio, a competenze uniche che hanno tracciato un solco fortissimo nel nostro territorio. Il nostro heritage è soprattutto legato al tessile».
«Ma non abbiamo ancora la piena consapevolezza delle tradizioni che il nostro territorio può vantare» aggiunge Carlo Piacenza che data il suo lanificio al 1733. «Nelle nostre aziende ci sono tesori enormi, fatto che dovrebbe rappresentare un moto di orgoglio. Si tratta di una cosa rara che nessuno può imitare o comperare. Centinaia di anni e di esperienza che sono passati attraverso decine di generazioni e di cui dovremmo essere più consapevoli e che dovrebbero essere messi a profitto».
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