I cinque atleti amputati che scalano le montagne

Il racconto dei ragazzi del Team 3Gambe durante una serata al polivalente di Pray

Pray

Una serata per mostrare che la disabilità non è un limite e che è possibile trasformare una difficoltà in un punto di forza. È stato questo il messaggio emerso sabato nella serata “Storia di un sogno”, organizzata dal Comune di Pray in occasione del Disability Day al teatro polivalente.

I cinque atleti del Team 3Gambe - Loris Miloni, Moreno Pesce, Cesare Galli, Massimo Coda e la tedesca Jacqueline Fritz - hanno raccontato le loro imprese in montagna, dove sono stati capaci di scalare numerose vette tra le più prestigiose d’Europa e del mondo, pur con un’amputazione ad una gamba: alcuni di loro sono amputati transfemorali (ovvero sopra al ginocchio), altri transtibiali (sotto il ginocchio).

Ognuno di loro è stato capace di scalare almeno un 4mila nella sua vita: c’è chi è arrivato in vetta al Monte Bianco e chi al Gran Paradiso, chi al Cervino e chi al Monte Emilius (monte roccioso della Valle d’Aosta particolarmente insidiosa e difficile), chi al monte Kenya e chi al Kilimangiaro, le due montagne più alte dell’Africa.

Durante la serata è stato consegnato anche un gadget a Laura Zegna, co-organizzatrice del progetto e che ha accompagnato il racconto dei cinque atleti sul palco, mentre scorrevano i video delle loro imprese. Con i soldi ricavati dagli sponsor è stata acquistata inoltre una joelette, carrozzina per disabili in montagna.

Oltre al sindaco di Pray Lucio Aimone, che ha voluto ringraziare e omaggiare gli atleti uno ad uno, erano presenti anche alcuni rappresentanti del CAI di Biella, del CAI Valsesia e del CAI Valsessera.

Loris Miloni, che dei cinque atleti è l’unico residente a Pray e dunque ha fatto un po’ gli onori di casa, ha lanciato un messaggio che è stato condiviso da tutti, con parole molto forti e che hanno suscitato forti emozioni: «Perdere una gamba non è poi così grave se non ti toglie la voglia di vivere. E così dopo i primi passi che ho percorso, mi sono reso conto che la cosa peggiore sarebbe stato rimanere fermo e smettere di domandarsi se ce l’avrei fatta. Perché talvolta è meglio perdersi in una strada di un viaggio impossibile che non partire mai. C’è qualcosa di peggio dei sogni svaniti ed è perdere la voglia di sognare ancora, perché come ha detto una mia amica “chi non ha gambe, ha cuore”».

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