Il chimico biellese che studia la neve. Per due mesi al Polo Nord a “caccia” di nanoplastiche

Cercare tracce di micro e nano plastiche nella neve superficiale per poi studiare i polimeri che le compongono e quale impatto possano avere sull’ecosistema e in particolare come si degradano all’esposizione della luce.
In poche parole questo è il lavoro a cui si sta dedicando dallo scorso settembre Stefano Frassati. Giovane ricercatore biellese, laureato in chimica ambientale all’Università di Torino, Stefano ha vinto un concorso e ha ottenuto un assegno di ricerca all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ora è un dottorando associato all’Istituto di Scienze Polari del CNR (Consiglio nazionale delle Ricerche). Ma questo destino, in parte, ce l’aveva nel sangue: fin da ragazzino frequenta la montagna e ha confidenza con l’ambiente innevato. Suo papà infatti è un volontario del Soccorso alpino biellese ed è con lui che ha iniziato a praticare lo scialpinismo, attività che richiede una buona se non ottima conoscenza della neve. «Quando ho conseguito la laurea magistrale in chimica ambientale a Torino mi sono guardato attorno circa le possibilità che potevano esserci. Il tema della ricerca e della divulgazione l’ho sempre ritenuto importante. Qualche mese prima avevo letto della spedizione biellese in Antartide con Gian Luca Cavalli e che lui e gli altri alpinisti avrebbero fatto, per conto dell’istituto di Scienze Polari del Cnr dei campionamenti sulle nevi superficiali per verificare la presenza di contaminazione da microplastiche. Trovai l’argomento di grande attualità e mi candidai per il dottorato in Ca’ Foscari con un pro- getto legato allo studio delle nano e microplastiche nelle nevi alpine e artiche». Progetto che è piaciuto ai selezionatori. Così il chimico biellese è stato scelto, insieme ad sette colleghi e per quattro anni potrà sviluppare i suoi studi. «Dopo i primi mesi di preparazione a dicembre ho potuto raggiungere la base “Dirigibile Italia” nel villaggio di Ny-Ålesund alle Svalbard. Per due mesi non ho visto il sole. È stata un’esperienza davvero coinvolgente. Li ho potuto raccogliere una serie di campioni che poi ho spedito in Italia e potrò analizzare. Ma è l’esperienza di vita condivisa con gli altri scienziati presenti in loco che ti fa crescere. Ti rendi davvero conto di appartenere a una comunità internazionale». Quando si parla di Polo Nord non si può non pensare al tema del cambiamento climatico. «In realtà le temperature lì non sono così rigide come si potrebbe pensare. Il fenomeno che più mi ha impressionato è stato il vento. Pochi giorno dopo il mio arrivo ha assistito a una grande nevicata. In poche ore era caduto circa un metro di neve. Venne però subito il vento che la spazzò via tutta senza darmi il tempo per campionare». Per quanto concerne l’impegno che ognuno di noi deve metterci per il clima Stefano Frassati non ha dubbi: «Persone come Greta Thumberg rappresentano per le generazioni più giovani uno stimolo a impegnarsi nella vita concreta di ogni giorno. Noi che facciamo scienza dobbiamo fare la nostra parte cercando di trasmettere in un linguaggio comprensibile a chiunque quali sono le conseguenze del comportamento quotidiano sul clima e sull’ambiente». Ad esempio le micro e nano plastiche: come fanno ad arrivare nella neve? «Avete presente il rotolamento degli pneumatici o il lavaggio dell’abbigliamento sintetico?». Certo l’argomento è poi complesso. Gli studi sono all’inizio e poi bisogna capire gli effetti sugli ecosistemi e sulla salute. Per saperne di più spettiamo Stefano per una serata divulgativa a Biella.

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