La morte di Giuliano Fighera. Il fotografo che c'era sempre, l'uomo che non se ne andrà

Capitava spesso che il suo programma di lavoro del week end, con noi a Il Biellese che tanto lo rendeva felice, fosse senza soluzioni di continuità. Tanto che al venerdì l’elenco di appuntamenti ed eventi, mostre e partite, manifestazioni e presentazioni confezionato nella nostra chat di whatsapp fosse accompagnato da una telefonata. Per dire e chiedere: «Ce la fai Giuliano a fare tutto o pensi ci siano problemi?». La risposta, come una sentenza senza appello, era sempre la stessa: «Facciamo tutto». E così ovviamente succedeva. Con un’altra telefonata, la sua, alla domenica sera, che fossero le sei o mezzanotte: «Sono contento. Abbiamo fatto tutto».
Giuliano Fighera era così. Un professionista bravo e un uomo buono. Un fotografo di livello, passato dal rullino al digitale, e una persona disponibile, passata dalla carta ai social. Così lo conoscevamo noi, così lo conoscevano tutti. Da tanto, da sempre. Perché lui c’era. Ovunque. La fotografia, la sua amata fotografia, era come se avesse finito per dargli quasi, tanto era presente, il dono dell’ubiquità. Più semplicemente e meno prosaicamente era solo la sua smisurata passione, quella di cui si era permeato seguendo le orme del padre, partendo dal bancone del negozio e rincorrendo nel vero senso della parola l’obiettivo. Negli anni, una cinquantina per difetto di poco, a quella passione aveva aggiunto occhio, saperci fare, professionalità e un elenco di altre qualità che rendono oggi struggente piangerlo.
Il fatto che lo abbiano fatto in tanti, e che grazie all’immediatezza dei social il ricordo sia diventato un fiume in piena, spiega meglio di tante parole chi sia stato Giuliano Fighera. Il fatto che abbiano voluto ricordarlo trasversalmente colleghi, gli alpini che amava, ministri, sindaci, associazioni, enti, parroci, vescovi e amici indica bene la fotografia, come un autoscatto, che lui ha lasciato di sé stesso.
Questa sera su in cielo, conoscendolo, sono sicuro che, al riguardo, vorrebbe trovare il modo di dire grazie a tutte le parole di ricordo. Il suo che, meglio di altri, riassumo grazie ad uno dei tantissimi post di Facebook: «Questa mattina Giuliano ha terminato il suo ultimo servizio. Dopo aver riposto la sua Nikon ha posato lo zaino. Fai buon viaggio amico mio».
Giuliano Fighera era unico a suo modo per chi lo conosceva da una vita come per chi lo conosceva da meno, molto meno. Era uno che non sapeva dire di no e sapeva dire grazie. Era, soprattutto e prima di tutto, una brava persona. Era uno che c’era sempre e oggi, anche per questo, pensare che non c’è più fa molto, molto più male.

© RIPRODUZIONE RISERVATA