“L’alpino e il mulo” ha quasi un secolo. Sabato e domenica si apre la mostra “Crea pace e parla al cuore»

Galleria fotografica

Il prossimo anno cadrà il centenario del monumento ai Caduti nella prima guerra mondiale, conosciuto come “L’alpino e il mulo dei giardini Zumaglini”, opera di Pietro Canonica.
La città di Biella con il suo territorio pagò alla “Grande guerra” il tributo di tre migliaia di vittime: circa 2000 i soldati caduti sui campi di battaglia, circa 1000 quelli deceduti per patologie virali o denutrizione negli ospedali militari o nei campi di prigionia.
Nel dopoguerra l’epidemia detta “Spagnola” e i duri scontri politici avvelenarono il territorio. Un gruppo di cittadini cercò di far germogliare il “sentimento della pace”, seminando il seme dell’esempio offerto da chi, nel sanguinoso conflitto, aveva offerto la vita: anche la pace richiede spirito di sacrificio.
I promotori cercarono di non farsi strumentalizzare da nessuna fazione politica. L’idea di un monumento ai Caduti come grido di pace, dopo la follia della guerra, nacque da loro; da loro fu aperta una pubblica sottoscrizione.
Sabato 15 e domenica  16  ottobre, nell’ala orientale dei giardini Zumaglini, presso la scultura dell’alpino e del mulo, gli artisti dell’associazione culturale “Artepiù”, con il patrocinio del Comune di Biella, esporranno nella mostra all'aperto “Crea pace e parla al cuore” i dipinti con cui hanno illustrato la genesi del nostro monumento, che fu inaugurato il 13 ottobre di 99 anni fa.
La mostra, che si aprirà alle ore 10 di sabato, sarà la prima di una serie di iniziative che condurranno, nell’arco di un anno, al centenario del monumento.

CON L'ALPINO IL MULO SCUDELA - QUEL MONUMENTO NACQUE COME UN GRIDO DI PACE
Il monumento ai Caduti biellesi nella Grande guerra, inaugurato nell’area orientale del giardino pubblico il 13 ottobre 1923, è una scultura di bronzo che il suo autore, Pietro Canonica, intitolò “Il ritorno vittorioso”. L'alpino e il suo mulo scendono per l’aspra roccia della montagna, simboleggiata da un enorme blocco di sienite proveniente dalle cave della Balma. L'alpino volge lo sguardo verso la propria destra e, rallentando il passo, il fedele mulo gli sfiora col muso la mano. Gli occhi dell’alpino fissano il punto del- l’orizzonte ove il pensiero del monumento nacque, dove tutto finì e tutto rinacque: dall’antica stazione Biella-Santhià di via Lamarmora la mattina del 23 ottobre 1921 erano usciti i feretri con i resti di quattro giovani biellesi decorati con medaglie al Valore. Due affusti, trainati da cavalli bardati, sfilarono tra due ali di folla silenziosa: sul primo le salme di Costantino Crosa e di Renato Quazza; sul secondo quelle di Mario Cucco e di Alessandro Ferraris. Il corteo, passando per via Umberto (oggi via Italia), raggiunse piazza  Quintino Sella (oggi piazza Martiri) e qui si raccolse  la  città tutta. Davanti al Liceo Ginnasio, ove era stato studente Mario Cucco, parlò il prof. Ruggero Battistella, che nei cimiteri del Grappa e del Piave aveva prelevato e composto le salme del suo alunno e degli altri tre giovani. Dopo aver abbracciato in un pensiero  commosso tutti quelli che, alleati o nemici, ave- vano sacrificato la vita sulle insanguinate montagne, il professore, rivolgendosi alle anime dei quattro giovani, coscienti del dovere sino al sacrificio estremo, gridò: “Che cosa volete dire ai vostri biellesi concittadini? Pace e lavoro alle genti affaticate e stanche! Pace, lavoro e concordia su questa aiuola che ci fa tanto feroci!”.
Il 4 novembre 1921 furono celebrate nella medesima piazza, come in molte altre d’Italia, le onoranze al Milite Ignoto nel terzo anniversario della Vittoria. Intanto, lontano dalle tensioni tra opposte fazioni, un “Comitato”, sospinto dallo spirito di pace che aveva aleggiato sulle esequie dei quattro giovani, aveva aperto una sottoscrizione per un monumento ai Caduti della Città di Biella e no- minato una Commissione Artistica, che il 6 dicembre 1921 bandì un concorso nazionale per una scultura che non ispirasse senti- menti di odio o di rabbia, ma di serena umanità e senso del do- vere, virtù capaci di illuminare anche il tempo della pace. E che non fosse esibizione di strazio o di angoscia, perché il dolore non si esibisce. E nemmeno allegorica astrazione, ma una cosa viva come le piante che le sarebbero cresciute attorno, in quell’ala orientale del giardino pubblico coltivata ad aiuole e contornata da viali. Nell’aprile 1922 furono ritenuti inadeguati i 44 bozzetti ricevuti: Vittorie alate, Eroi martirizzati, Nidi d’aquila, Fanti dal volto truce, Glorie, Altari e Apoteosi assortite. Nell’ottobre1922 esito simile ebbe un secondo concorso, a cui parteciparono 15 bozzetti. Il “Comitato”, consigliato dalla “Commissione Artistica”, si rivolse ad alcuni tra i più noti scultori italiani, ma il costo non doveva superare le 200.000 lire, frutto della pubblica sottoscrizione. Nel dicembre 1922 Pietro Canonica, scultore di fama europea, cedette agli insistenti inviti e si accinse all’opera.
Sabato 13 ottobre 1923, alla presenza del re e di una immensa folla, il monumento fu inaugurato. Era un omaggio anche all’umile eroe: il paziente mulo. Gli animali soffrono con noi e per noi. In particolare, mezzo milione di muli nella Grande guerra. Quante fatiche su dirupi e ghiacciai, con in groppa il cannoncino per gli aspri sentieri di montagna, sotto la neve e il fuoco nemico! Quanti feriti portarono in salvo, tirando slitte fino allo stremo delle forze! Nel monumento il Canonica ritrasse dal vivo un mulo medagliato: Scudela. Fedele compagno del suo conducente, di cui sapeva comprendere al volo ogni gesto e ogni parola, era il mulo più resi- stente e coraggioso del battaglione. Una mattina la montagna fu sotto un intenso fuoco nemico; Scudela e l’alpino furono dati per dispersi. Al calar della notte, il mulo tornò o milite, di cui rimaneva il cappello con la penna nera.
GIANFRANCO RIBALDONE

© RIPRODUZIONE RISERVATA