
Nel 1974 scalarono le Dolomiti in bici: si ritrovano dopo 50 anni
Un gruppo di amici di Ronco. La loro impresa fu immortalata anche da “il Biellese”
Ronco
l 6 settembre 1974 “il Biellese” riportava l’impresa di quattro giovani amici di Ronco appassionati ciclisti che avevano approfittato delle ferie estive per portare a termine un’impresa inconsueta: un giro ciclistico attraverso le Dolomiti, compiuto dal 4 al 14 agosto in 10 tappe per un totale di 1.132 chilometri. I ciclisti in sella alla loro bici erano Eraldo Guelpa di 32 anni, Pier Maria Scaramal e Enzo Giuliano Ferro di 26 e Gino Segala di 24. Li accompagnavano, come supporto logistico, Elisabetta e Attilio Scaramal, sorella e fratello di Pier Maria; Anna Zanone, Anna Maria Caucino, Carla Moglia, Gianfranco Penna, Giovanni Gabbi e Mirella Dottori. Quel gruppo di amici e amiche si è ritrovato, dopo ben 50 anni, sabato 21 dicembre, a cena, per rievocare i tempi passati.
«Animatore del quartetto» scriveva “il Biellese” nel riportare i particolari dell’impresa «è Gino Segala che, con la sua esperienza (a quei tempi era dilettante di seconda serie) ha permesso agli altri di attuare il progetto. L’itinerario è stato diviso in più tappe: partenza da Ronco con tappa a Sotto il Monte, Riva del Garda, Cesio Maggiore, Lago di Carezza, Canazei, Ortisei, Prato allo Stelvio, Tirano, Luino e ritorno a Ronco Biellese. Le prime tappe non presentavano notevoli difficoltà, ma da Riva del Garda in poi è stato tutto un susseguirsi di salite dai nomi famosi: passo Rolle, Pordoi, Campolongo, Gardena, Sella (questi ultimi quattro in un solo tappone) e quindi il passo dello Stelvio a 2.757 metri al ritorno. Un’ultima difficoltà - i rifornimenti e gli alloggi - è stata risolta con la collaborazione dei giovani, ragazzi e ragazze, che hanno seguito in macchina i quattro scalatori. Le Dolomiti hanno premiato tale impegno offrendo, in grazia, di un tempo bellissimo, le loro famose e sempre nuove bellezze».
Il ritrovo 50 anni dopo
L’idea di riunire tutti gli amici e amiche è venuta a Pier Maria Scaramal. «Diversi di noi abitano ora fuori provincia, ma durante questi anni ci siamo sempre tenuti in contatto» dice Scaramal «e ho pensato che, ricorrendo il 50° anniversario da quell’impresa, avremo potuto ritrovarci insieme e rievocare i ricordi. L’idea mi è venuta, in primo luogo, ragionando sul fatto che io ero quello in possesso di tutta la documentazione . In realtà si trattava di diapositive, ma ora con la possibilità di scannerizzarle avrei potuto metterle a disposizione e condividerle con tutti i protagonisti dell’impresa. Così ho pensato di ricontattarli tutti e di organizzare una cena. Grande è stata la gioia di vedere che siamo tutti un pochino invecchiati, ma ci difendiamo ancora molto bene. L’idea dell’impresa era nata dalla passione per la bici, ma anche dalla grande amicizia che ci univa, senza la quale l’impresa non sarebbe stata possibile, viste anche le modalità con cui ci muovevamo. Supporto logistico di tre auto: una 127, una 600 e una 500 sempre stracariche. Dormivamo in tenda. Carla Moglia aveva invece voluto avvisare i Comuni in cui facevamo tappa per essere più tranquilli su dove poter montare le tende in cui abbiamo sempre vissuto e dormito, tranne un’unica volta, in cui, a Cesiomaggiore, un amico ci ha ospitati a casa sua. Il tempo è stato sempre bello e non abbiamo avuto guasti meccanici di rilievo e nessuno di noi si è fatto male. Solo quando ci siamo trovati sulle rive del lago di Carezza la polizia ci ha avvertito che non era possibile mettere lì le tende, ma dovevamo fermarci al campeggio di Canazei. Non avevamo sistemi multimediali di orientamento a quel tempo. Ci bastava guardare la cartina e ci davamo in tal modo anche appuntamento con chi ci accompagnava in auto».
L’importanza del gentil sesso
L’impresa è stata adeguatamente supportata anche dalla presenza femminile che si è occupata di tutto quanto concerneva l’organizzazione logistica. «È stata un’esperienza caratterizzata da un’amicizia senza interessi e anche in noi ragazze c’era il desiderio di vedere i bei posti delle Dolomiti che piacevano a tutti, il desiderio di condividere le ferie con un’esperienza non comune» dice Carla Moglia. «Ci aiutavano anche i tre giovani che non pedalavano, ma noi ragazze non ci creavamo dei problemi e ci adattavamo alla situazione facendo del nostro meglio. E così, mentre i ciclisti si occupavano delle tappe noi pensavamo a dove e come sistemarci. Montavamo e smontavamo le tende, cucinavamo e da buone ecologiste, precorrendo i tempi, lavavamo nelle fontanelle i piatti di plastica e non si buttava via nulla malamente. Al mattino i ciclisti facevano colazione con pane e marmellata, poi correvano e il pasto più sostanzioso era quello della sera, con il menù a base di pasta oppure di tonno e piselli o simili, cucinati sul fornellino a gas, senza tante pretese. Soldi non ce n’erano molti, quello che c’era bastava, avevamo una cassa comune. Se occorreva lavavamo panni nei torrenti, comprese quelle maglie di lana che non asciugavano mai. Eravamo contente. Erano le nostre ferie vissute come una singolare avventura».
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