Parole - La musica bassa e il senso della polemica

«Pronto, buonasera. Volevo segnalare che in piazza la musica è troppo bassa. Dovete intervenire, altrimenti mi addormento». No, non c’è mica da ridere, anzi, c’è da immaginarsela (per fortuna solo immaginarsela) una chiamata così alle Forze dell’ordine. Qualcuno ci avrà pure pensato. Perché stando ai racconti della cronaca siamo quelli che il numero di emergenza lo componiamo per trovare il modo, dicendo che lo dà a noi, di dare fastidio al vicino. Per segnalare che il coinquilino ci ha staccato il contatore, imprecando se dopo cinque minuti non sentiamo le sirene spiegate arrivare. Per dire che ci sembra sospetta un’auto in sosta sotto casa nostra. Per lamentarci della lentezza della cassiera al supermercato. E poi i classici: c’è la musica alta al bar dall’altra parte del paese; c’è il vicino che una festa non autorizzata, neanche fosse un ricevimento a Buckingham Palace; ci sono dei ragazzi al parco che ascoltano musica di Gigi D’Alessio. È l’endemica insofferenza che ci portiamo dentro e ci induce al lamento. Di tutto, senza pensare che spesso le situazioni d’eccesso le vediamo con un punto di vista troppo personale e un umore troppo alterno per renderci oggettivi. Così non c’è da stupirsi se una bella manifestazione come Bolle di Malto sembrava solo essere riuscita ad uscire indenne dalle critiche. Poi all’ultimo boccale la protesta, ovviamente social, della musica bassa. E pensare che l’anno scorso era alta. Il punto non è realmente se Britti sia uscito troppo o troppo poco dalle casse, ma l’idea che se non troviamo qualcosa per storcere il naso non siamo contenti. Il fatto che poi spesso nel farlo scomodiamo anche le Forze dell’ordine è la conferma di una tendenza che non ci fa discernere la reale portata delle cose. In questi giorni, però, c’era da sentirsi meno soli. Almeno dopo aver letto di un automobilista che ha chiamato la Polizia per segnalare un’auto contromano. Peccato fosse lui ad andare in senso contrario.

© RIPRODUZIONE RISERVATA