Simone Tempia in tv con Caterina Balivo

Il noto autore di best seller biellese Simone Tempia ha esordito al fianco di Caterina Balivo. Dal 12 settembre va in onda su La7, in fascia preserale, il programma “Lingo – parole in gioco”, condotto da Caterina Balivo insieme all’autore di “Vita con Lloyd”, presenza fissa e spalla della conduttrice come “esperto di parole”. Non si tratta di un programma inedito nel palinsesto italiano: era già andato in onda su Canale 5, con la conduzione di Tiberio Timperi, dal ‘92 al ‘93, quale versione ita- liana di un format statunitense, e successivamente riproposto nel 2021 su Rai 2 con Giancarlo Magalli, con il titolo di “Una parola di troppo”. Dice lo scrittore: «È la prima volta che lavoro in televisione a livello di conduzione. Caterina, che è una professionita straordinaria, molto accogliente e disponibile, e gli autori del programma hanno tanta pazienza con me. Vivo quest’esperienza da esploratore e loro mi guidano per evitare che inciampi da un minuto all’altro o che venga stritolato da un mondo così distante dal mio. “Lingo” è un gioco sfidante per gli amanti delle parole. Richiede delle capacità oggettive e amplia il proprio vocabolario, per questo ha un’innegabile anima formativa». Se la storia della televisione è piena di giochi a premi, Lingo sembra quasi voler riprendere le finalità della televisione quando è nata, cioè uno scopo molto più formativo e didattico della maggior parte dei programmi di oggi, con focus sulla bistrattata lingua italiana.
Lo scrittore, ad arricchire le varie prove a cui sono sottoposti i concorrenti, espone curiosità, etimologia delle parole, riferimenti ai contesti letterari in cui sono state utilizzate e a varie culture oltre quella italiana, elementi che rendono il programma in contrasto con l’andamento linguistico degli ultimi decenni, che di semplificazione fisiologica o carenza di istruzione si parli: «Il mio ruolo è del curioso più che del- l’esperto» continua Tempia. «Sono amante della lingua e mi sono sempre interrogato sul perché alcune parole arrivino dall’arabo o dal sanscrito. Ci si ferma sempre al latino e al greco quando in realtà una parola può aprire le porte a storie, eventi e personaggi. La parola “algoritmo” ad esempio deriva dal nome del matematico arabo al- Khuwārizmī, attratta nella famiglia del greco arithmós ‘numero, quantità’, da cui aritmetica. Basta poco per far scoprire che le parole dicono molto di più delle idee che evocano. Credo che chi parla male pensi male e viva male. Non ho la pretesa di essere maestro educatore o motore del cambiamento di tutti o di tutto. Quello che mi interessa è forse portare nuovo amore per questa lingua, per la parola, per la precisione linguistica che si è andata perdendo. Ragioniamo la lingua per approssimazione quando invece ci sono parole davvero per tutto, basta conoscerle. Il vocabolario non è solo da consultare, è da scoprire per formarsi ma è dimenticato. Un pensiero approssimativo non riesce più a descrive esattamente quello che abbiamo dentro».
ANNA MAIORANA

© RIPRODUZIONE RISERVATA