Un paziente racconta la sua odissea all’ospedale: «Alla visita con 42 persone davanti a me»

È una lettera firmata da un lettore a raccontare l'odissea in ospedale dopo un'operazione e una serie di visite: «Sono reduce da una operazione di peritonite perforata felicemente conclusa nel reparto di Chirurgia generale. Purtroppo un maldestro operatore mi ha ferito in gola nel vano tentativo di passare attraverso la bocca lasciandomi per più di una settimana un forte dolore nel deglutire. Mi è stata prescritta una gastroscopia. Sono preoccupato. Nella prima decade di gennaio, dopo aver pagato il ticket ai punti gialli (ne funziona uno solo ed è lentissimo), mi presento agli ambulatori “D” alle 12,50 (ma prima non si chiamavano “piastre” o qualcosa del genere?). L’appuntamento è alle 13, prendo il mio biglietto XD… Mi siedo e aspetto nel corridoio di attesa. Il monitor è fermo: gli ambulatori chiusi, tutti i dipendenti passano velocemente verso il ristorante. Verso le 14 cominciano a rientrare lentamente i primi. Dopo poco il tabellone si accende e cominciano le visite. Faccio un rapido conto. Ho 42 persone davanti a me, alle 14.30 ne sono passate due, dovrò aspettare 21 ore; mi chiedo perché mi abbiano chiamato alle 13, forse per assistere alla corsa dei dipendenti al ristorante?. Alle 15 dopo due ore di attesa (sono a digiuno dalla sera precedente) mi decido a fare presente che non mi sento bene. La prima infermiera mi dice che il medico è al Pronto soccorso, la seconda mi dice che lei è lì per caso, la terza mi accompagna da una quarta che mi porta da un signore vestito di verde che mi assicura che stan- no preparando la sala. Quando sarà pronta? Non si sa. Sconsolato ritorno alle panchine del corridoio di attesa, mi sdraio e mi addormento. Sogno di essere a Torino in via Roma dove ricevo latte caldo dagli Angeli: dopo mezz’ora mi sveglio al suono insistente di un campanello, apro gli occhi, sul tabellone compare il mio numero XD…, mi trascino fino all’ambulatorio indicato, mi spoglio in un camerino dove c’è scritto in rosso di non lasciare niente perché, se viene rubato, sono affari miei. Mi chiedo chi può rubare? Solo il personale dell’Ospedale presente, capisco nelle camere, dove c’è un continuo via vai di parenti, amici, e conoscenti, ma nelle camere questo cartello non c’è. Mi fanno firmare due fogli scritti in caratteri piccoli che non riesco a leggere, firmo, non saprò mai cosa ho firmato perché non mi viene rilasciata copia di ciò che ho firmato. L’intervento dovrebbe durare 10 minuti e dovrebbe essere indolore. L’intervento invece dura 40 minuti ed è piuttosto doloroso. Il motivo è che il tubo troppo grosso non penetra. I tentativi di procedere sono tanti e molto fastidiosi, mi si propone di ripetere l’intervento con un tubo più piccolo e più corto (per bambini), essendo corto potrebbe non arrivare fino in fondo, perciò rifiuto ulteriori sofferenze (“paziente rifiuta” viene scritto in modo lapidario). Ho le mani color rosso sangue, chiedo il motivo, mi si risponde «non lo so», mi viene in mente la colonscopia fatta qui anni fa, allora il tubo era troppo corto, mi fu consigliato di fare un inutile colonscopia virtuale che ha rivelato presenza di polipi. Sono stato costretto ad andare all’Istituto Tumori di Milano dove l’intervento si è concluso felicemente (a mie spese). Dopo le raccomandazioni di pagare altri due tickets entro due giorni, vengo dimesso e ritorno a casa. Il giorno dopo mi telefonano dall’Ospedale: che bello qualcuno pensa a me; mi dicono di pagare i tickets in giornata. Ma non erano due giorni? Mi presento alla segreteria degli ambulatori “D” e mi vengono consegnati due fogli per il pagamento dei tickets. Al punto giallo, come sempre mal funzionante, riesco a pagarli. Osservo che un referto può essere ritirato oggi stesso presso l’ufficio accoglienza posto all’ingresso a destra, poiché tale ufficio non esiste mi rivolgo ai punti gialli, dopo vari tentativi andati a vuoto, mi consigliano di andare al piano di sopra dove mi consigliano a loro volta di andare al laboratorio. Cammina… cammina arrivo al laboratorio dove, dopo la consueta attesa, mi dicono che non c’è niente e di andare ad anatomia patologica dove, secondo il foglio, dovevo presentarmi alle 8,42. Ma come potevo, se il foglio mi è stato consegnato alle 13? Cammina… cammina vado ad anatomia patologica, non c’è fila alla segreteria, l’addetta non capisce cosa sia quel foglio e conclude che è tutto sbagliato. L’unica cosa giusta è il ticket; mi chiedo «tickets da pagare per quali prestazioni aggiuntive?». La ricerca dell’infezione da Helico- abter pylori prevede che, come indicato a pagina 5 della guida informativa Egds dell’Ospedale di Biella, «il paziente deve sospendere l’assunzione di inibitori di pompa protonica da almeno due settimane». Da più di un mese assumo peptazol tutti i giorni. In conclusione ho speso 100 euro per una gastroscopia inutile e una ricerca di helicoabter pylori inaffidabile. Mi viene in mente quello che mi disse un medico (non faccio nomi): "L’ospedale di Biella? Un casino"».

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