Artisti da tutto il mondo a Casa Regis: la mostra oltre i confini

Sarà inaugurata domenica l’esposizione curata da Mikelle Standbridge con performance e installazioni da Iran, Olanda, Finlandia, Cina e Usa

Dalla sua fondazione Casa Regis, Centro per la Cultura e l’Arte Contemporanea, ha sempre creato con successo proficui dialoghi sul fare arte, connettendo il territorio biellese al resto d’Italia e alla comunità internazionale. Non fa eccezione la mostra collettiva “The Limits and Outer Limits of Line” (Dentro e Fuori i Confini della Linea), a cura di L. Mikelle Standbridge, visitabile da domenica al 26 maggio (tutte le domeniche dalle 15 alle 18).

Attraverso molteplici mezzi espressivi, dieci artisti provenienti da Italia, Olanda, Iran, Finlandia, Cina e Stati Uniti hanno affrontato il tema della linea, spingendosi verso confini mentali, psicologici e metafisici. La fotografa Silvia Gaffurini, con la serie “L’Ottava Lampada”, propone l’antitesi dello spazio determinato, aggiungendo incisioni e goffrature in rilievo per creare parametri architettonici fittizi. Il creativo cinese Zhiheng Gong si esprime attraverso la scultura e il product design in “mEat”. Ispirandosi a Santiago Calatrava, assembla più parti apparentemente informi ma che, viste di lato, si trasformano in linee che creano forme solide. Suvi Hanninen, nella scultura “The Surge”, unisce tessuto, carta e filo di rame per rappresentare l’amore per il lavoro manuale. Legata al mondo del tessile è anche l’opera “Straight Line Thinking” di Anneke Klein che usa schemi a griglia intrecciati a simboleggiare razionalità, controllo e confinamento, destabilizzati da segni ondulati, da frammenti di linguaggio non codificato e da gesti della mano, due forze che spingono in direzioni opposte, come avviene anche nell’installazione tessile site-specific di Eleonora Gugliotta, “Ambienti”, un lavoro eseguito nella soffitta non ancora restaurata di Casa Regis: l’artista interviene su oggetti e spazi abbandonati, la cui narrazione e decadimento è ricucita da fili colorati che li ricollegano al contemporaneo.

La villa seicentesca è protagonista anche in “Swathe” della pittrice Natalie Lanese, che avvolge lo spazio espositivo dal pavimento al soffitto, attivando la complicità visiva del fruitore attraverso il “disruptive camouflage” (forma di mimetizzazione esistente in natura e utilizzata dall’esercito britannico nella prima guerra mondiale). Linee sovrapposte e incrociate, sono il segno distintivo del lavoro dell’artista iraniano Ashkan Sanei, che per questa mostra ha lavorato su superfici cerate semitrasparenti. L’opera si compone di strisce di nastro adesivo tenute insieme a sezioni di cemento, metafora per la struttura storica in cui espone. Gianluigi Marie Masucci parte, invece, dalle mappe storiche di Napoli per identificare crocevia energetici allineati con le principali arterie stradali. Per il fotografo naturalista Tyler Green tracciare una linea si traduce in un prima e un dopo: nell’immaginario di una futura deforestazione, proietta un raggio laser su tronchi di alberi secolari, ipotizzando dove potrebbe essere il prossimo taglio. Nella serie “Ghosts” (Fantasmi) le proiezioni di luce verticali sostituiscono gli alberi abbattuti come se fossero anime. Infine, la performance “In boscato” di Andrea Mori indagherà i confini mentali autoimposti degli esseri umani: per questo abiterà il Bosco, ascoltandone l’intimo richiamo e condividendo la sua esperienza durante il finissage della mostra.

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