
Economia & Società / Biella
Domenica 03 Agosto 2025
Agosto, tutti in ferie.
Situazione stabile
sulle tre settimane
L’analisi. Fra i comparti che quest’anno allungano la chiusura aziendale c’è il settore dell’edilizia che paga la fine degli incentivi Pnrr e del Bonus 110
«A parte situazioni di crisi nei settori tessile e metalmeccanico, dove c’è la cassa integrazione aperta e le ferie sono prolungate, la situazione quest’anno è stabile sulle tre settimane di chiusura».
Lorenzo Boffa Sandalina, segretario della Cgil traccia un bilancio a pochi giorni dallo stop estivo. «Un segnale negativo arriva però dall’edilizia e in particolari dai settori che producono materiali da costruzione dove, in diversi casi, è stata data l’opportunità di scegliere una settimana di pausa in più ai collaboratori. Era prevedibile, del resto. Il rallentamento è portato dal progressivo esaurimento dei fondi del Pnrr e dal bonus 110. Come sempre in questi frangenti, l’effetto di scelte economiche fini a se stesse danno questo risultato: meglio sarebbe ragionare su incentivi e aiuti più modesti ma prolungati nel tempo, solo così i contributi possono essere un volano efficace.
Gli “spot” invece si sgonfiano e lasciano vittime sul terreno. Non in ultimo, su tutto va calcolata la questione demografica e il numero elevato di case di proprietà nel Biellese che più di tanto non possono essere ristrutturate. Viviamo una fase veramente complicata da interpretare, con conflitti di ogni tipo, tracciare prospettive a breve periodo non è facile. E chi non navigava in buone acque prima del covid, dopo aver beneficiato della ripresa ora si ritrova nella situazione di prima. Nel tessile si contano 11 mila addetti poi, lungo la filiera, c’è un’ampia fetta di artigianato che sta pagando il conto. Sono piccoli terzisti che se chiudono non fanno rumore ma hanno un peso importante sul nostro territorio».
Se una volta, nel Biellese soprattutto, si ragionava per crisi cicliche, oggi le difficoltà si presentano senza preavviso, dettate dalla scelta di pochi. Così anche l’occupazione si deve adeguare al trend del momento.
«I dati del nostro territorio ci dicono che un’ampia percentuale di assunzioni resta comunque sotto forme di precariato. Nel Biellese nel 2024 su 18.072 assunzioni, solo 3.271 sono state a tempo indeterminato. Abbiamo poi notato una prevalenza di assunzioni di uomini adulti, un dato che va letto con attenzione perché comunque i numeri occupazionali sono stabili. Si tratta di passaggi da un’azienda all’altra per migliorare la posizione lavorativa e le condizioni contrattuali. Certe figure, essendo sempre meno e molto ricercate, hanno più facilità a ottenere soluzioni a loro favorevoli».
Resta poi sempre il problema del ricambio generazionale, molto citato negli anni scorsi e ora, con il periodo di forte incertezza che si sta attraversando, relegato ai margini delle istanze degli imprenditori.
«Nel Biellese, il numero di assunzioni in apprendistato è molto basso pur essendo una soluzione conveniente dal punto di vista economico. Questa formula resta sotto il migliaio di applicati in tutto il distretto e vale per tutti i settori, non solo nel manifatturiero (el 2024 appena 732 soggetti, di cui solo 153 nella manifattura). Sappiamo purtroppo che, in certi casi, la tipologia di lavoro non richiede particolari professionalità da imparare realmente, l’apprendistato è quindi utilizzato poco e male, solo per una questione di vantaggio economica poco giustificabile. Non c’è investimento sui giovani. E una dimostrazione sono le academy. Sul tessile non hanno dato i risultati auspicati. Del resto la domanda che ci si pone oggi è: la manifattura sarà oggetto di grande trasformazione tecnologica o resterà legato soprattutto alla formula tradizionale? La ricerca di personale avviene di più nel campo gestionale, nelle aziende che devono adeguarsi per ottimizzare tempi e costi, diverso è il discorso della catena produttiva».
Alla fine si ricade sul solito nodo da sciogliere e che non si scioglie mai, quello legato ai salari, cui si sommano altri fattori che incidono sul reperimento di personale.
«Manca l’attrattività. I giovani oggi propendono per lavori dinamici e questo non li porta certo a scegliere un percorso di carriera tracciato come avviene nel manifatturiero e nel tessile in particolar mondo, dove si offre un contratto di 8 ore in fabbrica al chiuso, con turni che non invogliano. Per riavvicinare le persone occorre pagarle di più, certo, ma anche dare prospettive e qualità di vita. Ormai la gente si può spostare e trovare opportunità qui come altrove. Purtroppo l’organizzazione del lavoro tessile è ancora molto rigida, la conciliazione fra lavoro e aspirazioni personali: hanno ancora senso i turni di notte o un utilizzo esasperato della flessibilità al sabato poi magari seguita da periodi di cassa integrazione? Forse ripensare a queste situazioni trovando formule più in linea con le aspettative odierne potrebbe avere un valore».
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