Economia & Società / Biella
Domenica 26 Ottobre 2025
Lo scarto del riso alla Biennale passa
dall’edilizia all’arte
Ricehouse. Un nuovo progetto a Berlino che racconta il riuso dei materiali
Alla Biennale di Architettura di Venezia che chiuderà i battenti a fine novembre, Ricehouse, società benefit di Tiziana Monterisi e Alessio Colombo che produce materiali per l’edilizia dagli scarti del riso, è intervenuta su tre diverse installazioni, raccogliendo ben più che consensi.
“A Matter of Radiance”, il padiglione nazionale dell’Uzbekistan, sta ospitando un complesso di 7 elementi artistici, tra cui una panca di 7 metri, il cui concept artistico nasce dal Sun Heliocomplex nella regione di Tashkent. La fornace solare più grande del continente asiatico, quando era inaccessibile e segreta, oggi è diventata luogo turistico. Aveva tuttavia solitarie panchine sistemate nella terrazza superiore al campo eliostatico al quale Ricehouse si è ispirata reintepretando le sedute attraverso l’uso di un materiale naturale e derivante dagli scarti della filiera risicola.
Una seconda presenza della società andornese si trova nel padiglione Fabbrica dell’Aria, alle Corderie dell’Arsenale dove ha presentato una tecnologia innovativa e immersiva. Il sistema botanico di purificazione dell’aria indoor ideato da Pnat è stato collocato all’interno di un “involucro” rivoluzionario: l’acciaio riciclato di Ottagono si unisce ai materiali naturali di Ricehouse, contribuendo a renderlo confortevole e salubre.
Ma le grandi soddisfazioni sono arrivate nel padiglione della Gran Bretagna, ai Giardini della Biennale, per “Geology of Britannic Repair” dove l’allestimento dell’installazione “Vena Cava” firmata dagli architetti Mae-ling Lokko e Gustavo Crembil, ha preso d’esempio la Palm House dei Kew Gardens, a Londra, cuore pulsante dell’impero botanico britannico.
«Con Mae-ling la collaborazione si è ampliata» spiega Monterisi. «Abbiamo avviato un nuovo progetto che s’inaugura a novembre a Berlino. L’installazione è stampata in 3d con il nostro materiale in lolla di riso e bioplastica. Si ispira alla Großes Tropenhaus di Berlino, una grande serra tropicale nel Botanischer Garten di Dahlem nata per contenere la biodiversità botanica autoctona dei Paesi africani e sudamericani nel 19° secolo. La grande serra tropicale era un simbolo di ricchezza floristica nella capitale ottocentesca ma anche del meccanismo colonialista di sottrarre risorse ai paesi in via di sviluppo».
Lokko, con il progetto, analizza il tema del colonialismo attraverso l’elemento della cava, luoghi che nella contemporaneità hanno ricominciato a essere sfruttati, questa volta però come contenitori degli scarti tessili occidentali. Oggi le donne ghanesi stanno analizzando i vestiti dismessi diventati rifiuti per ricavare i fiocchi di cotone destinati alla filatura dando allo scarto nuova vita.
«L’installazione si chiama Ileum, come il tratto dell’intestino responsabile per l’assorbimento dei nutrienti, perchè l’architettura sostenibile può trasformare lo scarto in nuovo sostentamento» conclude Monterisi. «La struttura architettonica della grande serra sarà ripresa e trasformata con un approccio sperimentale che riduce l’impatto ambientale. Gli scarti sono dunque i protagonisti della narrazione: la struttura in legno ospita 375 formelle formate dagli scarti della lavorazione del riso e dagli scarti tessili delle discariche in Ghana».
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