Serralunga, il brand degli arredi outdoor
compie 200 anni

Dal 1825 Lo stabilimento lungo il torrente Cervo nato come conceria ha diversificato la produzione vasi e mobili sono firmati da designer internazionali

«L’ azienda per me è un percorso di vita con tutte le difficoltà, i buoni e cattivi incontri che accadono quando si lavora. Abbiamo scelto di stare qui, sempre nello stesso luogo, e produciamo totalmente a Biella, nella via dedicata a Giovanni Battista Serralunga, in uno stabilimento che sfrutta i pannelli solari, perché da sempre attenti all’ambiente. Il successo? Per me è la capacità di passare da un obiettivo a un imprevisto, da un problema a un traguardo senza perdere mai la strada maestra e, soprattutto, l’ entusiasmo».

Nasce a Biella nel 1825 Serralunga, 200 anni che si dipanano fra eventi, rivoluzione industriale, e profondi cambiamenti del tessuto economico italiano. «Fu fondata dal capostipite di questa famiglia che da 6 generazioni è il cuore pulsante, sia creativo che imprenditoriale, dell’azienda» prosegue Marco Serralunga.

Dapprima attivo come conceria, lo stabilimento alle porte della città, lungo il torrente Cervo, passò poi alla lavorazione del cuoio a scopi industriali ma la vera rivoluzione arrivò in due fasi successive: la prima, intorno al 1950, con la lavorazione della plastica, materiale che ancora oggi contraddistingue il brand, e poi negli Anni 80 con l’importazione dagli Stati Uniti del sistema di stampaggio rotazionale. «Fu una scommessa condivisa con mio fratello Gregorio, si trattava di una tecnologia innovativa che consente di produrre oggetti cavi con dimensioni che arrivano anche a 3.000 litri di capienza».

Serralunga, per prima in Italia e in Europa, installò un impianto pilota, iniziando a produrre vasi e rivoluzionando un settore molto tradizionale. Il successo è arrivato in quel momento, grazie all’unione vincente di un materiale resistente e leggero, con grandi contenuti di ricerca stilistica. I primi passi nella nuova direzione sono infatti nati dal dialogo con Paolo Rizzatto, Rodolfo Dordoni, Denis Santachiara, tre progettisti diventati professionisti affermati, diversi nel modo di esprimersi ma accomunati dallo spirito di ricerca e dalla passione per la tecnologia.

«Con loro frequentavo il Politecnico di Milano e i corsi di design sulla tecnologia rotazionale» spiega l’imprenditore. «Nei 10 anni seguenti, ho poi incontrato e mi sono confrontato, con altri designer internazionali dando vita a collezioni che sono al tempo stesso insieme di forme e interpretazioni uniche, capaci di trasformare un oggetto puramente funzionale, una fioriera per esempio, in una componente d’arredo straordinaria».

L’esperimento fu la fortunata spinta al cambiamento radicale dell’azienda che si è così convertita al mercato dell’arredo e soprattutto all’outdoor. Il motto «giocare con la tecnica» è diventato un concetto di forme e colori per il rilancio e il passo dal vaso ad altri elementi è stato breve: sedute, panchine, tavoli e lampade, anche in licenza per brand famosi, reinterpretati per dare agli ambienti, soprattutto quelli esterni come giardini e terrazze, piscine ma anche parchi e piazze, la stessa importanza di quelli interni.

E la ricerca frutto d’innovazione, dalle tecniche alle finiture, non si ferma. «Siamo in continua transizione e la tradizione per noi è dinamica. I nostri prodotti, sono infatti 100% riciclabili, non necessitano di manutenzione e sono leggeri per il trasporto. Oggi esportiamo in 55 Paesi. I mercati principali sono gli Stati Uniti come i Paesi arabi, l’Australia e naturalmente l’Italia e la vicina Francia. Ovviamente siamo da sempre presenti alle maggiori fiere dedicate al design. Chiuso il Salone del Mobile a Milano ci stiamo preparando per esporre a Las Vegas, Dubai e Miami. E, ovviamente, siamo pronti per affrontare i prossimi 200 anni».

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