Slow Fiber, l’alleanza
etica compie tre anni

Una sfida visionaria Non solo Buono, Pulito e Gusto ma anche Sano e Durevole sono i valori che le aziende abbracciano in toto

Tre anni fa, quando tutto ebbe inizio, erano state 16 le aziende visionarie che avevano aderito al progetto Slow Fiber. Oggi al manifesto del Buono, Pulito e Giusto - cui si aggiungono Sano e Durevole perché anziché al cibo, le 5 «key words» sono applicate all’abbigliamento e al tessile per arredamento - aderiscono 29 realtà di cui almeno un terzo biellesi. Alla sfida lanciata da Dario Casalini nell’autunno del 2022 e abbracciata fin da subito da Carlin Petrini (fondatore di Slow Food) proprio le aziende del territorio furono fra le prime a rispondere: Pettinatura di Verrone (con Elena Schneider in prima linea e attuale vice presidente), Tintoria Finissaggio 2000, Lane Cardate, Italfil, Maglificio Maggia, Vitale Barberis Canonico e Pattern che condivide con Biella il percorso di Magnolab. Poco dopo il consenso è arrivato da Botto Giuseppe, Tintoria Finissaggio Ferraris, Zegna Baruffa Lane Borgosesia, e più di recente da Filatura San Vitale, Chrimartex e Stamperia Alicese.

«Festeggeremo il nostro terzo compleanno il 7 novembre, con due tavole rotonde dedicate ovviamente ai nostri valori portanti, dove interverranno imprenditori e docenti del Politecnico Milano e Torino. Vogliamo riflettere in maniera critica sui nostri concetti applicati al modello industriale, portando a galla i problemi, affrontandoli per temi di sviluppo e di ricerca» spiega Casalini.

E in un momento in cui le criticità della filiera e del lavoro sommerso si sono mostrate in tutta la loro evidenza, l’imprenditore torinese, ceo di Oscalito, sottolinea come la visione di Slow Fiber fosse anticipatoria di regole che presto verranno richieste dall’Europa e che sono auspicate dagli stessi consumatori.

«La grande novità è il nostro sistema di audit organizzato sulle nostre parole chiave che rinviano a standard di etica, di precisa definizione di cosa vuol veramente dire made in Italy. I nostri kpi sono stati valutati da revisori esterni che hanno validato il modello cal quale le aziende per entrare in Slow Fiber devono assolvere in toto. All’inizio li abbiamo scelti per evitare rischi reputazionali (e siamo stati molto restrittivi), ma ora abbiamo capito che eravamo nella giusta direzione. Chi è con noi ha una filiera eticamente validata, il nostro modello non sostituisce ma include e rappresenta un passo in più sulla sostanza delle cose rispetto alle diverse certificazioni. Tutti i valori del Buono, Pulito, Giusto, Sano e Durevole sono rispettati».

Sono infatti i Kpi (Key Performance Indicator) la misura specifica che quantifica l’efficacia del progetto e gli obiettivi principali. «La nostra è una solida impostazione di valori. E ciò che davvero conta è la capacità di misurarsi, fondamentale per cogliere il miglioramento e raggiungere un obiettivo» prosegue Casalini. «L’Europa con il new green deal è encomiabile, ma va tenuto presente che circa il 27 per cento è realizzato in Europa mentre il 70 viene importato con divario dei costi che solo la comprensione del reale valore del prodotto può superare. Le leggi sono importanti, di più lo è la cultura. Se non iniziamo a cambiare la base sulla quale si fanno le scelte, dalla creazione all’acquisto di un capo o di un tessuto, si continua a inciampare sulla “crescita per la crescita” e questa non è sostenibile. SlowFiber è la risposta agli scandali degli ultimi tempi, al lavoro sottopagato di cui tanto si discute in questo periodo. Se “impresa” vuol dire fare solo profitto le cose non possono più funzionare, il core business deve essere positivo per territorio, comunità coinvolte e ambiente».

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