Arte religiosa in Piemonte. Scene di artistica Passione

Il notevole interesse suscitato quindici giorni fa dalla pagina dedicata agli affreschi murali mi porta oggi, nella ricorrenza del Venerdì Santo, a riprendere il tema dell’arte sacra e popolare, dedicato stavolta all’iconografia piemontese della Settimana Santa e alle sue raffigurazioni.
La scena sacra più conosciuta è naturalmente la Crocifissione, che troviamo presente in tutte le chiese e nelle Vie Crucis, dove la percezione simbolica e religiosa della rappresentazione va chiaramente oltre al suo valore artistico. Diversa è la realtà delle riproduzioni della Santa Sindone, per il fatto che Torino è il luogo ove viene custodito il lenzuolo di lino che per la tradizione cristiana vuole essere quello che ha avvolto il corpo di Gesù dopo la sua morte.
Qui è stata appunto la vicinanza o la conoscenza diretta della più importante icona della nostra religione ad aver favorito la sua riproduzione su tela e in affresco. L’altro motivo che ha portato alla diffusione della sua immagine sono i viaggi che la Sindone ha fatto per raggiungere Torino o che ha generato in occasione delle sue ostensioni.

Tutta colpa di S. Carlo
La storia della devozione della Sindone è legata, dal XVI secolo, alla progressiva presenza dei Savoia nella terra piemontese. Dopo aver trasferito la capitale del ducato da Chambéry a Torino nel 1562, nel 1578 il duca Emanuele Filiberto decide di portarvi anche la Sindone. Ma ben sapendo che i savoiardi non avrebbero acconsentito al trasloco, il duca trovò la scusa di un trasferimento provvisorio per abbreviare il cammino all’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, che intendeva sciogliere il voto - da lui fatto durante la peste - di recarsi in pellegrinaggio a visitare la Sindone.
San Carlo partì da Milano il 6 ottobre e arrivò a Torino il giorno 10 “camminando talvolta anche tra le tenebre, con l’aiuto di appositi fanali, e fu compiuto tutto a piedi, benché una pioggia continua e torrenziale avesse reso le strade estremamente fangose”.
Il Borromeo ripartì dopo qualche giorno, raggiunse Biella per incontrare i cugini Ferrero Fieschi e continuò passando per Pettinengo, Trivero e Postua. Raggiunse Varallo il 21 ottobre, dove seguiva i lavori per il Sacro Monte.

La Sindone a Biella
Su queste orme - ricalcate più volte dal santo fino all’ultimo viaggio dell’ottobre 1584 – è disegnato il Cammino di san Carlo. E nelle chiese biellesi lungo questo percorso si trova il più ricco patrimonio raffigurante la Sacra Sindone di tutto il Piemonte, come confermato dalla grande mostra “Le Sindoni ritrovate” allestita dal DocBi nell’oratorio del Santo Sudario di Biella Piazzo, dal 15 al 29 ottobre 2000.
Le rappresentazioni biellesi sono una decina, a cominciare dalla più conosciuta di Biella, sopra l’ingresso di un’antica casa all’inizio della Costa del Vernato, rimasta com’era a fine Seicento, proprio in virtù della presenza da allora dell’affresco. Un’altra Sindone dello stesso periodo, sorretta da quattro santi e presentata alla Madonna d’Oropa, si trova in piazza Cisterna al Piazzo e un quadro su tela con lo stesso sacro lino, raffigurato all’atto del seppellimento di Cristo, si trova al Museo del Territorio.

La Sindone nel Biellese
In un’altra tela di metà Seicento, presente al Santuario di Oropa, si vede la Sindone sorretta da santi e offerta alla Vergine Nera, mentre al Santuario di Graglia è visibile un olio su tavola attribuito a Carlo Antonio Serra, con santi e martiri a sorreggere la Sindone. In altrettante chiese di cinque paesi dove passa il Cammino di san Carlo si trovano le altre raffigurazioni. Due si trovano in Valle Cervo, la prima nell’oratorio di frazione Passobreve di Sagliano Micca e la seconda nell’oratorio della Madonna del Carmine di Roreto di Quittengo. In questa si vede san Carlo che sorregge il sacro lino con il beato Amedeo IX di Savoia, alla presenza della Madonna.
Nel Biellese orientale, sui passi certi del Borromeo, troviamo una grande tela nella chiesa di borgata Sella di Mosso: la Sindone è sorretta da angeli e venerata da santi; un’altra si trova nella chiesa parrocchiale di Portula, sospesa e venerata da una quindicina di santi e infine a Coggiola, ancora nella chiesa parrocchiale, la Sindone è sorretta da due angeli e presentata dalla Vergine. Tutte le opere sono state restaurate per iniziativa del Docbi in occasione della mostra del 2000.

I Cenacoli di Oropa e di Varallo
Particolarmente interessante è stata per me la ricerca di un altro grande tema d’arte religiosa, quello dedicato alle rappresentazione dell’Ultima Cena, all’attualità in questi giorni per la bella serie tv dedicata a Leonardo. Sono una cinquantina in Piemonte le opere che hanno questo soggetto, ma ne trovo solo una nel Biellese, quella dipinta da Bernardino Lanino e visibile nella Basilica Antica di Oropa.
Per questa tela del 1555, il pittore vercellese si ispirò a quella dipinta nel 1544 dal suo maestro Gaudenzio Ferrari per la chiesa di Santa Maria della Passione di Milano.
Anche qui sono stati i cammini devozionali a guidarmi nella ricerca. Infatti, la rappresentazione più scenografica del Cenacolo la troviamo alla cappella n. 20 del Sacro Monte di Varallo. Nel libro sul Devoto Cammino dei Sacri Monti, la mia co-autrice Renata Lodari scrive che il gruppo scultoreo, di grande realismo scenico e tra i più antichi del Sacro Monte, è attribuibile alla bottega lombarda dei De Donati. La tavola, imbandita con cibi e stoviglie tipiche della zona e del periodo di allestimento, fu realizzata da vari artisti locali.

La tavola del Seccio
L’opera piemontese più interessante che possiamo ammirare è a mio parere l’Ultima Cena all’Alpe Seccio di Boccioleto, nella valsesiana Val Sermenza. E’ anche la più impegnativa da raggiungere, trovandosi a più di un’ora di cammino dalla frazione Ronchi, dove arriva la strada.
L’oratorio di S. Lorenzo si trova infatti ai 1390 m di questo villaggio alpino, nel Medioevo uno dei più alti abitati stabilmente in Valsesia e poi alpeggio estivo dalla fine del Seicento. Le pareti interne sono decorate con uno straordinario ciclo di affreschi, risalenti alla prima metà del Quattrocento, in parte attribuiti a Johannes Andreas, un pittore proveniente forse dalla Valle d’Aosta. In quella di destra è presente l’Ultima Cena, purtroppo mutilata a causa dell’apertura di una cappella laterale.
Mina Novello, in un articolo sulla Rivista Biellese dell’ottobre 2000, descrive minuziosamente la tavola “coperta da una candida tovaglia attraversata da un ricchissimo inserto ricamato che fa pensare ad un lavoro di puncetto”. Sopra sono sparse ciliegie a mazzetti e numerosi gamberi di fiume, che si alternano a fiaschi e a bicchieri di vino.

Giuda in castigo
Durante un cammino di qualche anno fa sul Lago Maggiore, ho avuto modo di ammirare un altro tesoro pittorico dedicato alla Passione, per molti aspetti riconducibile al Seccio. Si tratta dell’Ultima Cena all’oratorio della Natività di Maria di Cadessino, frazione di Oggebbio. La chiesa venne edificata tra il XIII e il XIV secolo in luogo di una precedente dell’XI secolo, della quale rimane il campanile romanico. Anche qui i piatti degli apostoli e di Gesù presentano gamberi e ciliegie, mentre quello di Giuda conteneva anguille. Ma non è più possibile vederlo: un intervento strutturale del XVII secolo ha nascosto il traditore dietro una colonna. Non si capisce se il mastro impresario dell’epoca, incaricato di aggiungere il pilastro per sostenere il nuovo tetto, abbia volutamente nascosto l’apostolo. Ma mi piace pensarlo.

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