Dietro l'angolo / Cossatese
Domenica 22 Novembre 2020
La carta napoleonica. Nel 1802, a spasso con il passato
Nella situazione in cui ci troviamo, è difficile immaginare o programmare per il futuro, e allora questa settimana ho deciso di fare quattro passi nel passato. Il pretesto, o meglio il campo d’azione, me l’ha fornito la mappa napoleonica del Mandamento di Mosso, disegnata nel 1802 dai cartografi imperiali Ruben e Bussetti.
Già perché Napoleone, conquistata mezza Italia, mandò i suoi migliori cartografi a rilevare in dettaglio i territori sottomessi, allo scopo di conoscere il valore economico di ognuno. Per questo, oltre alle borgate (hameau) e alle cascine (farme), nella bellissima carta si trovano contornati e indicati in francese tutte le diverse destinazioni d’uso del terreno. Troviamo il castagneto (chataigne…), il vigneto (vignes), il pascolo (paturage) e il prato (pre). Indicati pure le terre arabili, quelle incolte e i boschi da legno (bois).
Dall’Archivio di Stato
Questo straordinario documento è in realtà una grande carta divisa in quattro fogli, in scala 1:5000 circa. Se si riproducesse a grandezza naturale – come mi piacerebbe fare – diventerebbe un pannello di 150 cm per tre metri di altezza. Si trova all’Archivio di Stato di Torino, che a richiesta mi ha mandato una perfetta riproduzione digitale in alta definizione. E’ quella da dove ho ricavato i concetti e le immagini che vedete in questa pagina.
Della sua esistenza era già al corrente nel 1980 l’allora giovane architetto Giovanni Vachino, ora presidente onorario del DocBi. L’amico Vachino mandò allora la sua collaboratrice Luciana Lachi a Torino a rilevare la carta, che con un impegnativo lavoro “lucidò” la carta, in pratica ridisegnandola a china su fogli trasparenti. Non esistevano ancora sistemi di riproduzione, pratici ed economici, adatti a quella dimensione.
Era già Valdilana
La Ruben-Bussetti 1802 intitolata “Mosso Santa Maria” entrò a far parte degli archivi del DocBi e da allora diventò un punto di riferimento per gli studiosi non solo biellesi. Lo stesso Vachino per primo ne fece una versione colorata per evidenziare i castagneti, in occasione di una mostra sulla civiltà del castagno. Nel 2001 il sottoscritto ne ricavò un disegno per i quaderni Moxum, curati da Lelia Zangrossi.
Ora, grazie al dettaglio dato dall’ottima definizione e grazie alla sovrapposizione con le moderne carte digitali di Open Street Map, è possibile evidenziare l’esattezza della carta, notevolissima per l’epoca.
Altro elemento di interesse è la sincronia che ne esce con il nuovo Comune di Valdilana, praticamente tutto riportato, ad esclusione del territorio di Soprana, già allora comune autonomo, e delle isole amministrative delle alpi Artignaga e Isolà, sicuramente disegnate in altre mappe.
Antichi cammini
In alto è ben definita l’area dell’Alta Valsessera, a confine con Scopello e con le isole amministrative di Valle San Nicolao, Camandona e Vallanzengo. Sono segnati gli alpeggi Scalagne, Oro Grosso, Campo, Fontana Mora, Baroso, Collette. Come strada è segnato il Chemin Public da Bielle a Vallesesia nommé Boscarola, dal quale si diparte un’altra via detta Chemin (public) des Alpes che passa dall’alpe Masoncio e dall’alpe Barbero, traversa il Sessera al Ponte della Babbiera (non identificato), sale a Stavello e scende a Trivero. Indicati anche gli alpeggi dell’Oro della Lama, dell’Oro dell’Incino, Oro della Ceresa, Scalvenci e altri. E’ segnalato l’oratorio di S. Bernardo, sulla ben definita dorsale alpina che conosciamo come Monte Rubello ed è citato il Canal Carnasco che ci riporta alle vicende dolciniane.
Controllo del territorio
Ma la parte più interessante è quella dei paesi sulla fascia pedemontana, tra i 600 e gli 800 metri di altitudine. Sono evidenziati maggiormente quattro toponimi, da sinistra: Pistolesa, Santa Maria di Mosso, Valle Superiore (la borgata Sella di Mosso) e Trivero, più una serie minore di frazioni, ma in realtà è l’estrema diffusione di tanti piccoli nuclei a formare quella che ancora adesso sembra essere una cittadella diffusa.
E’ una situazione che probabilmente nasce dalla necessità medievale di occupare meglio lo spazio verso la montagna, per avere un controllo migliore sul territorio, in particolare sulle greggi ovine, presenti in forte numero. Da qui nasce la predisposizione alla manifattura laniera, dapprima casa per casa, controllata da alcune famiglie a cominciare dai Sella, sfociata poi nell’Ottocento con la nascita con i grandi opifici, prima della valle del torrente Strona e poi anche sul Ponzone.
Il vino di Croce Mosso…
Quest’ultima valle appare ancora del tutto disabitata, con il toponimo Ponzone presente solo come cascina nella sua parte più alta. Questa è la parte che più ha cambiato aspetto, rispetto alla carta dove ci sono pochi segni. Non ci sono edifici ed è presente un’unica strada che arriva da Crevacuore, tocca la chiesa di S. Defendente di Pramorisio e qui dividersi per andare a nord verso Trivero e a ovest verso Mosso. E’ curioso che non si evidenzino da questa parte dei vigneti, che invece sono numerosissimi, circa un centinaio, tra Croce Mosso e Valle (Inferiore) Mosso. Fatto sicuramente dovuto ad una migliore esposizione del versante che guarda al torrente Strona, rispetto alla conosciuta “valle fredda” che porta verso Pray Biellese.
Chi va e chi viene
La curiosità finale è stata quella di cercare casa mia. Non quella dove abito ora, che risulterebbe ai margini di un castagneto, ma quella paterna, a venti metri di distanza. Eccola, nell’antico nucleo di Hameau Persia, staccato di poco dall’Hameau Regis. Insieme formano quella che ora si chiama borgata Marchetto, inesistente come nome nel 1802.
Anche il cognome Grosso era allora di poche famiglie, ma a fine Ottocento eravamo - come ora - il più presente a Mosso. Invece Persia è sparito, sia come cantone che come cognome. Forse uno scambio Persia-Grosso. Mah, mistero.
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