Lago Maggiore – Parco Val Grande. Emozioni d’acqua e di natura

Fondotoce.

Sabato 27 febbraio. Non è facile, in questo tempo sospeso, trovare angoli da condividere o stimoli da raccontare. Vien voglia di piegare il foglio e lasciarlo bianco. Passerà? Per mia fortuna ho qualche scusa che mi permette di viaggiare e allora mi faccio guidare da piccoli impegni di lavoro. Ho una tavola panoramica ristampata da consegnare a Prato Sesia, un amico da salutare a Borgomanero e un paio di libri da consegnare in una libreria di Omegna. Così a mezzogiorno mi ritrovo a girovagare tra Gravellona e Verbania, con la voglia di fare i soliti 10.000 passi, come comanda il medico, ma senza sapere dove.

La via d’acqua del Toce
La piana di Fondotoce che va a bagnarsi nel Lago Maggiore prende il nome dal fiume Toce, principale corso d’acqua della Val d’Ossola. Il Toce nasce a 1800 metri dall’unione di tre torrenti sulla piana di Riale in alta Val Formazza e dopo poche centinaia di metri precipita fragorosamente nella celeberrima cascata, a mio parere il salto d’acqua più bello delle Alpi.
Quando arriva al lago, il fiume è largo ben 130 metri ed ha l’aspetto di un corso d’acqua imponente, che si meriterebbe di arrivare al mare. Mi piace ricordare, in proposito, che fino a metà Ottocento il Toce era navigabile a monte per una quindicina di chilometri e che era la via d’acqua utilizzata per portate i preziosi marmi di Candoglia alla fabbrica del Duomo di Milano.
La passeggiata che ho fatto, partendo dai pressi del ponte stradale tra Feriolo e Fondotoce, ti permette di arrivare sulla sponda del lago in corrispondenza della foce, in una zona ancora di naturale bellezza. La giornata, rispetto al periodo di fine febbraio, era calda e la foschia non permetteva di vedere la sponda lombarda del Verbano, a malapena si notavano le sagome delle Isole Borromee.

Un parco per l’avifauna
La passeggiata di cinque km compie un piacevolissimo anello, completamente pianeggiante, quasi tutto su ampie stradine con fondo naturale. Siamo all’interno di una riserva naturale speciale della Regione Piemonte, un insieme paesaggistico di notevole bellezza e famosa per essere rifugio di numerose specie di uccelli stanziali, come germani reali e svassi, e di avifauna migratoria che qui trova rifugio prima di attraversare le Alpi o che si ferma per lo svernamento.
Un capanno per l’osservazione è posto proprio sopra una zona di canneti e di saliceti e permette un rapporto visivo ravvicinato con la natura del luogo. Per un bel tratto, il percorso affianca il canale che collega il Lago di Mergozzo al Lago Maggiore. L’acqua, talvolta mossa dagli aironi che ci camminano letteralmente sopra prima di alzarsi in volo, riflette le case del borgo di Fondotoce.
Dall’altra parte delle case corre la statale n. 34 che va verso Verbania, a lato della quale si sta costruendo una pista ciclabile che arriverà fino a Pallanza.

Freccia a destra Val Grande
Chiusa in poco più di un’ora la prima passeggiata, decidiamo di farne un’altra proprio sul lungolago e con l’auto ci spostiamo verso Verbania. Con l’intenzione di gustarci, tra un passo e l’altro, il primo gelato di stagione. Ma non avevamo messo in conto che ad altri poteva venire in mente la stessa idea. Infatti, ecco molta gente sulla passeggiata e altrettanta ai tavolini dei bar.
Decido quindi di scappare da quelle strade affollate e alla prima rotonda faccio inversione di marcia, tornando verso Gravellona. Ma subito, ad un bivio a destra, mi salta all’occhio una freccia stradale marrone che indica il Parco Nazionale Val Grande. Ecco dove posso fuggire via dalla pazza folla e trovare un sentiero tranquillo per la seconda scarpinata di giornata!
La Val Grande è un territorio impervio, una valle chiusa tra le montagne dell’Ossola, il Lago Maggiore e la Valle Cannobina. 150 chilometri quadrati disabitati che nel 1992 diventano Parco Nazionale, con l’area wilderness più estesa d’Italia.

250 svolte…
Ed eccoci in Val Grande, più esattamente a Cicogna, la sua piccola capitale. Qui finisce la civiltà degli uomini e inizia quella della natura. Ma prima di partire a spron battuto (quando si potrà…) e poi mandarmi a quel paese, vi devo dire che non è agevole come andare da Biella a Oropa. Dalla grande rotonda di Fondotoce si sale verso Breno e si raggiunge Santino, e fin qui nessun problema, una manciata di minuti. Poi la strada si stringe ed entra nella valle del torrente San Bernardino che comincia a presentarci boschi e pareti di roccia. A Rovegro leggerete “5 km a Cicogna” ma non c’è scritto che la strada è strettissima, in salita e con oltre 250 svolte, in pratica dieci minuti con occhi e orecchi attenti a intuire ogni dopo curva. In compenso non avrete tempo di ammirare le profonde gole oltre i bassi muretti in pietra e di preoccuparvi per il traffico: troviamo una sola auto che gentilmente si sposta in una provvidenziale piazzola.

La strada Sutermeister
A Cicogna ci sono un centinaio di case, una locanda e un ostello. Pochi i residenti, che aumentano nei fine settimana. Poi un centro visita e i pannelli di informazione del parco. Non è più ora e stagione per una lunga escursione ma vado sul sicuro a camminare per un paio d’ore su uno dei sentieri natura più conosciuti e che avevo già fatto anni fa, quello che va verso la Val Pogallo.
Immaginatevi di entrare lentamente in un enorme imbuto verde. La ricchezza della vegetazione dipende dal clima umido del lago; da qui non si vede ma la sua influenza si intuisce nei pascoli abbandonati, da tempo invasi da arbusti e poi da alberi che hanno ripreso possesso del loro territorio originario.
Il percorso è inizialmente in leggera discesa e non si può definire un sentiero o una mulattiera. E’ una vera strada lastricata con pietre di grandi dimensioni, con tratti sospesi a balcone su lisce pareti di gneiss. E’ un’opera di inizio Novecento che si deve ad un industriale tessile verbanese, Carlo Sutermeister, che intuì come i boschi della Val Grande potevano continuare a dare lavoro e reddito, mentre l’acqua, opportunamente regimata, poteva fornire la energia idroelettrica.

Paure diverse
Alcuni tratti della strada sono interessati da frane e cadute di alberi, ma in qualche modo si passa e credo che presto il personale del parco potrà sistemare tutto. Man mano che la strada si avvicina al torrente se ne sente sempre di più il rumore, più ripidi sono i versanti e più alta è l’emozione. Siamo sospesi su passerelle a picco su lame verdi e una potente cascata appare a chiudere la valle. E’ inevitabile pensare a quanta forza possiede l’acqua, che qui era usata anche per la flottazione del legname ma che durante le piene può muovere massi di molti quintali.
Si può lasciare la mulattiera e scendere con attenzione fino ad un esile ponte in cemento a fronte del salto per fare alcune foto, e subito si torna alla strada più sicura, con il cuore che palpita per qualche attimo nei passaggi più esposti. Ma tra le paure dei nostri giorni io preferisco questa

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