Patrono di Valdilana. San Bernardo da Aosta, il santo delle Alpi

Per una serie di felici concomitanze, da alcuni mesi mi ritrovo a scrivere e a parlare di santi e di beati e non solo per i riferimenti ai miei amati cammini. Il santo di cui vi parlo oggi è San Bernardo e la coincidenza è stata la decisione di farlo diventare il “patrono” di Valdilana, il nuovo comune del Biellese orientale. La “nomination” è stata fatta di comune accordo dai parroci di Mosso, di Soprana, di Valle Mosso e dell’alto e basso Triverese.

Anno millenario
Il primo motivo del mio interesse è l’anno di nascita di San Bernardo: 1020, giusto mille anni fa. In realtà la data è incerta, tra il 1016 e il 1020, ma per convenzione si è scelto quest’ultimo anno. Altrettanto incerto era il luogo di nascita, ma ora anche questo dubbio è stato chiarito. Su alcuni libri e sul calendario leggiamo “S. Bernardo da Mentone”, mentre su altre fonti troviamo “S. Bernardo da Aosta”. Sono la stessa persona.
Il Mentone in oggetto non è la famosa cittadina della Costa Azzurra al confine con l’Italia, ma un piccolo comune turistico dell’Alta Savoia, sulla costa orientale del lago di Annecy, ancora oggi chiamato Menthon-Saint-Bernard.
Pare che nel Medioevo una nobile famiglia del posto, volendo attribuirsi una parentela illustre, abbia commissionato un manoscritto a uno storico compiacente, facendo nascere il nostro santo tra le mura del loro castello. A smentire questa fantasiosa ricostruzione ci pensò Pio IX, al secolo Achille Ratti, il papa alpinista che nel 1923 lo elevò agli altari con l’appellativo di “Santo delle Alpi”, patrono anche degli alpinisti e dei viaggiatori, e con l’indicazione di festeggiarlo il 15 giugno.

Flagelli antichi e nuovi
Gli studi di un secolo fa lo fanno meritoriamente nascere da una nobile famiglia valdostana e in effetti le prime notizie lo trovano arcidiacono proprio ad Aosta. Divenne poi un efficace predicatore, in continuo peregrinare sulle montagne, non solo valdostane, ma anche valsesiane e novaresi. Nell’iconografia ufficiale viene rappresentato con il diavolo sotto forma di drago incatenato ai suoi piedi e con il bastone o bordone da pellegrino, utile anche sui passi e ghiacciai alpini.
Ho trovato queste note in una ricerca voluta qualche anno fa dal vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, dove si legge tra l’altro del miracolo con il quale Bernardo avrebbe liberato le popolazioni delle montagne dal flagello delle locuste che falcidiavano i raccolti. Qui il riferimento va a quanto sta succedendo in Africa, ma viene anche da pensare al flagello virale di questi giorni.

Le Alpi non come confini
San Bernardo da Aosta muore a Novara nel 1081 (secondo alcuni nel 1086) e lì venne sepolto il 15 giugno, giorno della sua festa. Le spoglie, venerate come reliquie, si trovano in un altare laterale del Duomo. Chiaramente le sue tracce sono evidenti tra le montagne valdostane: l’ospizio al passo del Gran San Bernardo, a 2473 metri, è considerato il più alto monastero delle Alpi. Anche l’Ospizio del Sempione ha la stessa dedicazione e da quel punto parte il Cammino di San Bernardo d’Aosta, dal Sempione a Novara, che sarà ufficialmente inaugurato sabato 13 giugno 2020.
La bella intuizione dell’Associazione Novarese Amici di Santiago, che ha pensato a questo cammino e che il sottoscritto ha avuto la fortuna di poter seguire fin dal 2017, è perfettamente in linea con la predicazione itinerante di Bernardo, che guardava oltre le montagne e i confini, per aprire al viaggio, ai pellegrini e all’incontro fra i popoli europei. Un anticipatore di un nuovo corso che secoli dopo avrebbe considerato le Alpi non una barriera, ma straordinaria opportunità di comunione tra genti diverse.

Il voto dei triveresi
Se veniamo al nostro San Bernardo, il pensiero corre subito a quell’oratorio sulla vetta del Monte Rubello. Dalla mia abitazione lo vedo vicino, e illuminato di sera. Quando si torna tardi è come un faro, alla bocca del porto di casa.
La tradizione vuole che i triveresi, già nel XIV secolo, abbiano costruito la primitiva cappella in sole cinquanta ore, utilizzando i resti delle fortificazioni dolciniane che cingevano la vetta del monte. E questo per adempiere al voto espresso durante la battaglia del 1307 contro fra Dolcino.
In seguito venne edificata una seconda e più grande cappella, addossata alla prima, per ospitare i pellegrini che partecipavano alla processione votiva che ogni anno aveva luogo il 15 giugno. Giungevano lassù fino a quattromila persone e a tutti veniva distribuito un pane benedetto.
All’inizio del XVII secolo vennero abbattuti i muri divisori tra le due cappelle, per ricavare un’unica chiesa di maggiori dimensioni. Demolita questa nel 1837, venne edificato un vero santuario, consacrato dal vescovo Losana il 17 luglio 1839. La costruzione attuale è invece frutto di un ampliamento voluto nel 1948 dai fratelli Ermenegildo e Mario Zegna.

La passeggiata
Raggiungere il santuario sulla vetta del Monte Rubello è una delle passeggiate più belle che io conosca. Al settimo chilometro della Panoramica Zegna, duecento metri dopo la Chiesetta Alpina, c’è un comodo parcheggio a lato e inizia a destra una ben segnalata strada. Si fanno seicento metri in leggera salita, all’interno di un bosco di abeti, arrivando ad una bocchetta che si apre verso l’Alta Valsessera.
Se la giornata è limpida, ecco a qual punto la visione del Monte Rosa. Ma è solo l’inizio dello spettacolo. Segue meno di un chilometro di stradina più stretta, con alcuni tornanti, ma sempre facile e sicura. Si sale benissimo anche in inverno con la neve, c’è sempre una traccia ben segnata.
Un’ultima curva e una scalinata ci portano nel piazzale erboso antistante alla costruzione, in meno di mezz’ora dal parcheggio.

Il panorama
Due tavole che ho disegnato nel 1994 ci illustrano il panorama verso Nord e verso Nord-Est.
A settentrione, oltre al Monte Rosa distante circa 40 km, a dominare la scena è l’Alta Valsessera, l’area montana di grande valore storico e ambientale, mai abitata permanentemente, posta tra Biellese e Valsesia. Questa valle è stata all’origine della tradizione laniera biellese, grazie ai grandi pascoli per le greggi ovine e per la presenza copiosa di acque, utili per la produzione di energia e per le lavorazioni tessili.
Verso Nord-Est vediamo molto vicino il Monte Barone, ma lo sguardo si allontana man mano che si sposta verso destra. All’orizzonte vediamo prima le montagne che circondano il Lago Maggiore e che sconfinano nel Canton Ticino. Poi la visione raggiunge il Pizzo Bernina, 4049 m, e la zona delle Alpi Lombarde e Svizzere dove si trova il Giogo delle Alpi, dove nascono tutti i fiumi d’Europa: il Reno che va al Mare del Nord, l’Inn che raggiunge il Danubio e sfocia nel Mar Nero, più tutte le acque degli affluenti che dalle Alpi italiane scendono verso il Po e raggiungono il Mediterraneo.
Guardando verso Sud possiamo osservare mezza Pianura Padana, con la grande area metropolitana di Milano. Verso ponente l’orizzonte torna a movimentarsi con le colline piemontesi, la città di Torino e con l’inconfondibile Monviso a chiudere il giro del nostro mondo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA