Sagliano Micca. L'ignoto eroe di Falletti

“Ma cuntè nen di bale! Ma schersuma…”.
Questo è quello che probabilmente vi direbbero gli abitanti di Sagliano se vi presentate in paese a cercare notizie di Pasqual Giacomo, proponendolo come un altro eroe cittadino. Ma la storia di questo personaggio è davvero singolare e merita di essere narrata.
Nato a Falletti di Sagliano il 25 luglio 1778, dove esiste una via che porta il suo nome, diventò già giovane un minatore come Pietro Micca e come lui venne arruolato e destinato nel 1799 al presidio della Cittadella di Torino.

Falletti di Sagliano
Gli alberi ancora spogli di questo inizio aprile lasciano ancora intravedere un paio di case e il piccolo campanile. Falletti è lassù, a 816 metri di altitudine, in una riparata conca tra il Monte Casto e la Costa Pessine. Tra qualche giorno la borgata più alta di Sagliano tornerà a nascondersi nel suo guscio verde e tutti noi ce ne dimenticheremo. E’ forse la più discreta tra quelle della Valle Cervo, non ostenta in modo vezzoso le sue case, come la vicina Oriomosso che si fa ammirare anche da Biella. Eppure dista dalla città neanche città chilometri, poco più del Favaro per intenderci. Ma forse va bene così, chi ci vive sta bene e in tranquillità. E trova il tempo per studiare le storie locali, come Graziana Cappio che ha fatto la ricerca su Pasqual Giacomo e me l’ha raccontata. O come Manuela Tamietti, che qui ha creato una “residenza d’artista” con Storie di Piazza, con tanto di teatrino “da fienile” dove si tengono incontri e corsi dedicati alla formazione e alla ricerca teatrale.

Al soldo dei francesi
E una grande storia teatrale o meglio ancora cinematografica potrebbe diventare la vicenda di Pasqual Giacomo, che coinvolge la Valle Cervo all’inizio ma poi si allarga in Francia e Spagna. Seguendo il filo di un copione già sperimentato con Storie di Piazza, dobbiamo tenere conto che sul nostro personaggio incombe sempre lo spettro di Pietro Micca. Il quale non ci sta ad avere un competitore in paese, potenzialmente in grado di oscurargli la fama.
Pasqual Giacomo è a Torino a fine Settecento e a differenza del Micca non può fare nulla per evitare l’arrivo di Napoleone, anzi viene arruolato da loro e inviato in Spagna con l’esercito francese e partecipa all’assedio di Saragozza.
“Ma par piasì… direbbe Pietro Micca… con quale ardire costui è al soldo dei francesi, quando io ho difeso Torino e il Piemonte, al prezzo della mia vita, proprio contro i francesi!”
Ma il Peru biellese non sa, essendo vissuto un secolo prima, che dopo la Rivoluzione Francese, anche la Valle di Andorno è diventata Repubblica annessa alla Francia, e che anche qui è stato piantato l’albero della Libertà.

L’assedio di Monzon
Nel 1812 Pasqual Giacomo si trova nel forte di Monzon, una cittadina della regione spagnola dell’Aragona, non lontano dai Pirenei e al comando di cento uomini. Il nostro tiene testa per quattro mesi e mezzo ad un esercito di tremila spagnoli, organizzati e ben intenzionati a riconquistare il forte. “Avrà resistito con la forza della disperazione! Bell’eroe!!”
E invece no, ha resistito con l’intelligenza e scaltrezza, grazie anche all’esperienza di minatore maturata da giovane nelle cave dall’alta Valle Cervo. Era semplice assistente del Genio, ma i suoi superiori gli affidarono la suprema difesa del forte e la distribuzione dei viveri, il che dimostra la conoscenza e la grande stima che avevano della sua capacità e valore.
Subito fa entrare nel castello quattro buoi, in modo che le loro carni fossero utili durante l’assedio, poi dei sacchi di zucchero, che giovarono al morale della truppa negli ultimi giorni, quando mancò il vino e l’acquavite, facendo una bevanda con aceto e zucchero bolliti insieme.
Tutte queste notizie, a parte la sceneggiatura teatrale, sono state oggetto di una puntuale ricerca fatta anche a Monzon e ricavate dalla rivista militare “Le spectateur militare” del 1833, dove Pasqual Giacomo viene additato come esempio nell’arte della difesa durante un assedio.

L’onore delle armi
Che fosse anche dotato di inventiva e di coraggio lo dimostra il fatto che utilizzò il grasso dei buoi per far candele da usare nello scavo delle contromine, una tecnica di difesa che permetteva di contrastare le incursioni nemiche sotterranee. Inoltre fece in modo di regolare la scorta d’acqua per tutto l’assedio e nessuno ne ebbe a soffrire.
Dopo 140 giorni d’assedio, con la perdita di soli dieci uomini della guarnigione, contro i 460 dell’esercito spagnolo avversario, i francesi si arresero e a loro - con Pasqual Giacomo in testa - venne concesso l’onore delle armi e l’assedio di Monzon viene ancora oggi ricordato come un esempio di strategia militare, al di sopra delle parti.
Nella trasposizione teatrale di Storie di Piazza, per il finale avevamo immaginato un incontro impossibile tra i due personaggi saglianesi:
- PM: “Ebbene si, valore anche a Pasqual Giacomo, ben venga quest’altro eroe!”
- PG: “…senti Peru, un paio di dritte sull’uso delle micce potrei anche dartele…”
- PM: “Calma, Pasqual. A te probabilmente Napoleone ti aveva dato delle micce lunghe, io avevo solo dei mozziconi…”

Il Presepe di Monzon
La storia di Pasqual Giacomo ha un epilogo drammatico. Non tornò a Falletti, rimase in Francia e dopo aver lasciato l’armata della Loira si ritrovò a Grenoble con incarichi legati alla sua esperienza civile e militare. Morì il 10 luglio 1833, dopo qualche giorno da un’accidentale caduta per il cedimento di un protezione di un ponte di servizio.
A me piace ricordare di essere passato casualmente da Monzon durante un viaggio sui Pirenei di molti anni fa, senza conoscere questa vicenda. Ritornandoci su internet più recentemente, ho scoperto essere sede di uno dei più famosi presepi spagnoli, il Belén de Monzon. Ho conosciuto Manolo Campo, il fondatore di quell’opera, ora gemellata con il Presepe Gigante di Marchetto e ad ogni Natale ci scambiamo gli auguri, ricordando sempre le gesta del saglianese, che loro raffigurano con una statua nella tradizionale rappresentazione.

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