Dietro l'angolo / Provincia
Domenica 07 Novembre 2021
Tra Biellese, Vercellese e Novarese. Le “buone terre” dell’Alto Piemonte
Buronzo.
Esiste una bella parte del Piemonte che sta vivendo un momento di riscoperta turistica ed economica, legata soprattutto alla qualità dei luoghi e delle cose che negli stessi luoghi si producono. È un arco di territorio che si sviluppa per circa 60 chilometri, per una profondità di circa 30, tra collina e pianura, dal lago di Viverone al lago d’Orta. Sono le “buone terre” dell’Alto Piemonte.
In questo tempo di pieno autunno, il paesaggio stupisce per varietà e bellezza, tenuto insieme dai suoi tesori enogastronomici d’eccellenza: il vino e il riso. Per anni, nella nostra Regione, non abbiamo sentito altro che decantare le Langhe. È ora che ci si renda conto che anche le terre a nord del Po possono competere con altrettanta dignità, ormai consapevoli della loro forza. Ma è importante che ci sia sinergia di idee, di azioni e di interessi.
Tra terra e cielo
Da tempo sto studiando quest’area nel suo insieme, senza confini amministrativi. Sempre di più mi accorgo del suo valore. Di solito la attraversiamo distrattamente, per andare verso Milano o verso Torino. L’autostrada e la linea dell’alta velocità sono in pratica il confine sud di queste terre e questo ci fa capire come sono vicine alle grandi aree metropolitane, ma anche all’Europa.
Un altro aspetto unico dell’Alto Piemonte è il suo fortissimo “gradiente altitudinale”. Detto cosi, qualcuno potrebbe dirmi “che cos’è, qualcosa che si mangia?” Tecnicamente è il valore o meglio la distanza che intercorre tra la pianura e le montagne più alte di una catena alpina. Minore è questa distanza, maggiore è la diversità delle specie presenti, in particolare se c’è buona disponibilità di acqua e di irradiamento solare. E questo la dice lunga sulla nostra ricchezza ambientale, sia di flora che di fauna.
Dal punto di vista turistico, l’alto valore del gradiente si traduce in una estrema comodità di accesso dalle aree metropolitane alle alte valli alpine. In meno di due ore, da Milano o da Torino si può arrivare in auto ai piedi del Monte Rosa e nella stessa giornata godersi una arrampicata o alcune discese con gli sci. E rientrando è possibile fermarsi in pianura per cenare con un piatto di risotto e bere un buon vino locale. Come mi fanno notare molte volte gli amici tedeschi che soggiornano dalle nostre parti, questo paesaggio e questo valore – da zero a quattromila in poco tempo - è davvero unico in Europa.
Decine di castelli
Se percorriamo queste buone terre in modo lento - in auto, in bici o a piedi - ci possiamo accorgere di un'altra ricchezza: in quasi tutti i paesi c’è un castello. Non che non lo sapessi, ma non avevo mai fatto caso ad una tale concentrazione.
Ho provato ad elencarli, sicuramente dimenticandone qualcuno, andando da ponente (zona di Viverone) verso levante (zona del lago d’Orta): Roppolo, Cerrione, Salussola, Massazza, Benna, Sandigliano, Gaglianico, Vigliano Biellese, Valdengo, Cerreto Castello, Castellengo, Castelletto Cervo, Mottalciata, Buronzo, Carisio, Albano Vercellese, Quinto Vercellese, Balocco, Villarboit, Rovasenda, Lozzolo, Gattinara, Vintebbio, Briona, Proh, Barengo. Senza contare i ricetti di Viverone, Magnano, Candelo e Ghemme e alcuni borghi che hanno mantenuto forti caratteristiche medievali, come il Piazzo di Biella.
Le condizioni sono molto diverse, alcuni sono in rovina ma molti sono ancora abitati e si possono visitare, altri sono diventati di proprietà pubblica. Ma tutti connotano molto bene il paesaggio, offrendoci una suggestiva lettura della nostra storia.
Buronzo al centro
Tra i castelli nostrani, molta curiosità mi sta suscitando quello di Buronzo. In realtà si tratta di un complesso di diverse costruzioni che si sono evolute e sovrapposte nel corso di oltre otto secoli, in una posizione privilegiata, in quanto leggermente più alta della piana sottostante. Questo vantaggio permetteva ai signori di Buronzo di controllare bene le direttrici storiche, sia trasversali tra le città padane occidentali, sia verso i valichi delle Alpi.
Quello che è rimasto, girando nello straordinario spazio del borgo, è un’ampia sequenza di elementi costruttivi di chiara origine medievale, in alternanza con facciate sei-settecentesche e neoclassiche, stili che testimoniano il mutare dei gusti nel corso del tempo.
Al centro del borgo si trova la piazza Caduti e per via Castello si arriva alla torre-porta medievale, oltre la quale si accede alla parte di castello sistemata dal Comune di Buronzo e da dove si può partire seguendo un percorso guidato da puntuali cartelli, opera dello storico locale Gabriele Ardizio e con i disegni di Davide Casagrande. Da osservare in particolare la parete ancora in piedi della Manica della Rocca, preziosa testimonianza delle fasi architettoniche dei secoli XII e XIII, ricca di eleganti bifore e altri dettagli decorativi. Potrebbe essere un bellissimo e scenografico fondale per uno spazio cultura e spettacolo.
Ma tutto il complesso riserva sorprese continue, meritevoli di ulteriore valorizzazione, per far diventare Buronzo un centro di richiamo per un turismo non solo votato alla storia e alla natura, ma anche all’enogastronomia, grazie al vantaggio di trovarsi nel cuore della produzione risicola e a due passi dalle colline del vino dell’Alto Piemonte.
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