Valle Elvo-Serra. Verso San Grato di Magnano, semplicemente Serra

Dopo una serie di pagine forzatamente casalinghe causa lockdown, ho sentito il bisogno di fare una sgambata “fuori dal Comune” e sono andato a camminare a Magnano. Ma per non infrangere le regole sono rimasto a casa e ho camminato virtualmente - si potrebbe dire in smart walking - con le gambe di Pier Luigi Piazza, buon amico e già sindaco di quel paese.
Pur trovandosi dall’altra parte del Biellese, rispetto a casa mia, Magnano è un paese che mi è molto caro.
A cominciare dal 1977. A quel tempo era parroco di Magnano don Felice Canepa, cugino di mia moglie.
In quell’anno ci sposavamo e fu piacevolmente naturale farlo a San Secondo, gioiello romanico appena riaperto dopo il restauro. Qualche parente sbuffò per la lunga trasferta, salvo ricredersi alla vista di uno dei luoghi più belli del Biellese.

Semplicemente Serra
A Magnano ci sono poi tornato più volte, in particolare nel 2010 per realizzare il progetto di promozione dei sentieri denominato Semplicemente Serra. Il nome è un’intuizione di un altro amico del luogo, Pier Ottino, lo studio dei percorsi e dei contenuti è dell’agronomo Pier Luigi Perino e il sottoscritto si è occupato delle strutture informative e delle tavole panoramiche.
In questo modo abbiamo studiato, percorso e segnalato una decina di percorsi sulla Serra nei comuni di Magnano, Sala Biellese, Torrazzo e Zimone, per un totale di oltre 35 chilometri. Sono presenti un centinaio di strutture, tra frecce, cartelli tematici, pannelli informativi, cartine, mappe e tavole panoramiche. Sono di particolare interesse le strutture in forma di meridiane solari presenti in ogni Comune, studiate da Perino con riferimenti alla cultura locale.

Meraviglia romanica
Semplicemente Serra viene definito il più importante lavoro di promozione territoriale della Serra, ma avrebbe ora necessità di una ripassata per la percorribilità degli itinerari e per le strutture di informazione, che riportano i naturali segni del tempo. Non solo, ma potrebbe essere l’occasione per l’adeguamento digitale dei pannelli, inserendo sistemi di realtà aumentata che possano fornire nuove informazioni, essendo cambiate nel frattempo molte tecnologie. Altra opportunità possibile, l’allargamento verso altri Comuni delle aree contigue e l’inserimento nei portali internet turistici.
Il percorso che vi racconto si chiama “Un tuffo nel Medioevo”.  Parte dal ricetto di Magnano, passa per la basilica romanica di San Secondo e arriva ai ruderi dell’oratorio di San Grato. A mio parere è un itinerario di grande interesse per la presenza di San Secondo e del monastero di Bose, che alla bellezza della piana morenica aggiungono il fascino della storia e il dono della spiritualità. Qui passa anche l’ultima tappa del Cammino di San Carlo, in arrivo da Chiaverano e in attesa di giungere a Viverone.

Un vaccino naturale…
Da qualche parte di questa piana doveva sorgere l’abitato originario di Magnano. Gli storici sono ancora divisi e mentre don Lebole propende per la presenza di un primo nucleo cresciuto attorno a San Secondo, salvo poi affermare che un secondo abitato doveva esserci vicino a San Grato, altri riaffermano l’antichità dell’attuale centro, sorto sull’altura attorno al ricetto fortificato. Non cambia molto per il visitatore, che troverà diversi motivi di interesse su tutto il percorso, grazie alla puntuale cartellonistica.
Su uno di questi cartelli si legge che il vino caldo,’l vin brülé, è la miglior medicina contro l’inverno, il freddo e il raffreddore. Vino rosso messo a bollire con cannella, chiodi di garofano e zucchero. Mi diverte pensare che possa essere anche un antidoto alla pandemia, un droplet ad alto tasso alcolico con funzioni di distanziamento…

I vigneti sull’isola
Di vino, a Magnano, nei secoli scorsi se ne produceva tanto. Secondo la Relazione Ghilini erano più di 170 gli ettari a vigneto nel Settecento, ma già ridotti a 92 in un censimento del Ministero dell’Agricoltura negli anni Trenta. Era vino di bassa qualità, di consumo locale se non famigliare, spesso ricavato da vigneti che si alternavano ad altre colture, disposte sui tanti terrazzamenti che ancora si vedono nei boschi misti cresciuti in seguito. Le terrazze sono sostenute dalle masére, i muri a secco presenti per chilometri e che meriterebbero una attenzione migliore, non solo per il presidio del terreno, ma anche per rispetto alla fatica di generazioni.
Ora, se non sbaglio, l’unica vigna di Magnano si trova in un’isola amministrativa staccata dal territorio comunale, una quindicina di ettari tra Zimone e Piverone, sul confine provinciale. Ma qui siamo sul versante “buono” della Serra, quello esposto a sud-ovest dove nasce l’Erbaluce, mentre Magnano è tutto nel versante nord-est, meno adatto alla vite. Tant’è che AgriMagnano, l’associazione di promozione sociale nata nel 2014 con l’obiettivo di recuperare terreni abbandonati o incolti, ha piantato patate e non viti. Ma qualcosa sta cambiando per effetto dei mutamenti climatici e in altre zone pedemontane si assiste ad un parziale ritorno dei vigneti.

I “magnin” di Magnano
Un altro cartello è quello che parla delle carbonaie, o carbunére. Carbonera è anche il nome della regione e della cascina sulla quale veglia l’oratorio di San Grato. Con le carbonaie, realizzate con legname tagliato nello stesso luogo e impilato in grandi cataste a piramide, tramite un fuoco controllato si trasformava lentamente la legna in carbone vegetale.
A cosa serviva il carbone di legna? Era più adatto alle fucine dei fabbri, i magnìn, in quanto raggiunge temperature più elevate con minima fiamma e fumo. Inoltre, a parità di peso il potere calorifico è doppio rispetto alla legna e ha una maggiore durata.
La catasta di legna, ricoperta da un mantello di terra, aveva al centro un fornello verticale che fungeva da camino e la trasformazione avveniva in alcuni giorni, con una sequenza di fasi che prevedevano l’accensione, il governo del fuoco con un tiraggio garantito da piccoli fori sul mantello e il controllo del fumo che cambiando colore indicava il livello di carbonizzazione. Dopo il raffreddamento si provvedeva ad estrarre il carbone.

O che bel castello…
Per chiudere, un piccolo scherzo per attirare la vostra attenzione. Tra le foto della pagina ne vedete una con un bel castello che nessuno ha mai visto sulla Serra. Non è un errore, il castello si trova veramente a Magnano, una frazione di Carpaneto Piacentino, in Emilia. La cosa curiosa è questa: l’amico Pier Piazza è originario proprio di Carpaneto e, come il sottoscritto, è venuto tanti anni fa a Magnano per sposarsi. E c’è rimasto. Lo ringrazio ancora per questa bella e per niente faticosa passeggiata…

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