Viaggio nell'Italia di mezzo - 2ª puntata. Napoli: tutto e il contrario di tutto

Ho girato Napoli per oltre un’ora a cercare un albero e non l’ho trovato. Non per sedermi al fresco dell’ombra, era il 12 ottobre, c’erano 19 gradi e si stava benone al sole. Ma per fare la famosa foto panoramica con il pino marittimo e il Vesuvio come sfondo. Pensavo ci fosse a Posillipo una terrazza pubblica, come al Gianicolo a Roma o al Monte dei Cappuccini a Torino. Niente di ciò, in compenso c’era un traffico della malora e alla fine ho rubato una foto tra un condominio e l’altro, con un pino preso in prestito da un terrazzo privato.

Sulla collina del Vomero
Ero stato a Napoli quattro anni fa, per l’assemblea nazionale del Club Alpino Italiano che in quell’anno festeggiava i 150 anni di fondazione della locale sezione. Ci sono tornato nel mio recente viaggio nell’Italia di mezzo per visitare altri luoghi famosi della città. È un martedì e sono arrivato facilmente dalla tangenziale al signorile quartiere di Posillipo, ma scendere in auto verso il centro mi sembra impresa da evitare a metà mattinata, viste le premesse della circolazione.
Per questo decido di rimanere nella parte collinare della città, andando alla Certosa di San Martino e a Castel S. Elmo, due grandiosi monumenti dai quali si gode una spettacolare vista.
Siamo sulla parte più alta della collina del Vomero, a oltre 200 metri di altitudine. I rumori della città partenopea, al limite dell’insopportabile quando sei in basso, qui sfumano e poi si annullano all’interno della chiesa, uno degli esempi più alti del barocco napoletano.
Un lungo corridoio collega la chiesa al chiostro grande, ornato di portali e di statue dei santi certosini, sede del prestigioso Museo Nazionale di S. Martino, dedicato alle testimonianze storiche del Regno di Napoli e del Regno delle Sicilie.

Castel S. Elmo
La sorpresa per me è appena sopra, alla sommità del colle, tutto occupato da Castel S. Elmo, massiccia fortezza disegnata in forma di stella a sei punte, costruita a metà Cinquecento. Da castello di difesa, a carcere e a sede militare fino a pochi anni fa, ora il grande complesso ti permette una passeggiata panoramica di oltre un chilometro, tra la salita all’interno della costruzione e il giro esterno degli spalti.
In ogni direzione ci sono pannelli che illustrano quello che si vede, sia della città sotto di noi, che della corona di colline abitate, fino ai Campi Flegrei, al Vesuvio, al porto, al golfo e alle isole. Lo sguardo più vicino si posa sulla maestosa Reggia di Capodimonte, sulla verde collina di Camaldoli, per poi allontanarsi a ponente verso i promontori di Nisida e del Monte di Procida.

Spaccanapoli
Ma la meraviglia è sotto i nostri piedi, dove il gioco è riconoscere e ammirare dall’alto i palazzi importanti, vedere la cupola e i quattro bracci della Galleria Umberto, il vicino Teatro San Carlo addossato al Palazzo Reale che a sua volta offre la luminosa facciata all’ampia Piazza del Plebiscito, valorizzata dal portico semicircolare della chiesa di San Francesco di Paola, dall’imponente cupola.
Se vai a levante, verso il porto, ti fermi subito al Castel Nuovo, o Maschio Angioino, e alla Stazione Marittima, stretta tra smisurate navi da crociera. E poi, a levante, il caos urbano della città vecchia, spaccata in due – e non è un modo di dire – da una sola, visibile e nera, linea retta. È un insieme di sette vie dai nomi diversi, in sequenza, corrispondente al “decumano inferiore” dell’antica città greco-romana. Questa linea è universalmente conosciuta come Spaccanapoli. Qui si affacciano palazzi e splendide chiese ma anche “bassi” abitati da famiglie numerose, negozi, artisti e artigiani che vendono di tutto, più o meno abusivamente. Spaccanapoli è un budello stretto, dove napoletani, turisti, motorini convivono, non sempre in modo pacifico. Ma non c’è luogo che possa raccontarti meglio l’anima di Napoli.

San Gregorio Armeno
Dalla parte opposta, a ponente di Castel S. Elmo, tutto prende un’altra piega e quasi quasi si fa canzone, da Mergellina a Fuorigrotta, da Marechiaro a Posillipo. La tentazione è grande, vien voglia di buttarsi dentro alla città, come da uno scoglio davanti al mare. Vicino a San Martino c’è la funicolare di Montesanto e in un quarto d’ora sei in Piazza Dante. Da qui si raggiunge in pochi minuti la basilica di S. Chiara e il suo meraviglioso chiostro, dalle colonne con maioliche a soggetto campestre.
C’è la coda per entrare alla Cappella Sansevero, per vedere il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, straordinaria opera in marmo del 1753 che, a mio parere, da sola può valere il viaggio. Vado oltre per giungere via S. Gregorio Armeno, dove è Natale tutto l’anno. Tra i personaggi del presepe, ho visto i Re Magi con il green pass (scade il 6 gennaio…), pastori con la mascherina e un Salv’oni con barba nera e cappelli lisci biondi. Sono comparsi i Manenskin, Bebe Vio, Draghi e Cannavacciuolo in salse varie. In compenso (e meno male…) rispetto a quattro anni fa sono spariti Trump e la Belen con la farfallina in vista.

Vedi Napoli…
Quest’anno Napoli mi è sembrata, forse anche per l’emergenza epidemica, un po’ meno caotica e un po’ più vivibile, con angoli modernissimi e puliti a fronte di classiche bancarelle con gente vociante che ti offre ogni cosa. La città partenopea è questo: tutto e il contrario di tutto. I motorini ti sfrecciano ancora a destra e a manca, devi avere quattro occhi per guidare. Ma quasi tutti hanno il casco e le auto si fermano per far passare i pedoni sulle strisce. Fermo in prima fila ad un semaforo rosso, non ho visto l’arrivo del verde mentre controllavo la mappa su navigatore: mi ha ripreso mia moglie prima del clacson di chi mi stava dietro. Un paio di luoghi comuni che se ne vanno, quasi quasi me ne dispiace.
In compenso si vedono ancora crocchi di falsi clienti davanti a tavolinetti dove piccole palline vanno a nascondersi sotto i campanelli, oppure mi fermo ad ascoltare improvvisati artisti di strada, davvero geniali nel fare musica con niente.
Il tramonto ci sorprende a riprendere l’auto a San Martino e a raggiungere nuovamente la tangenziale. Come sempre lascio qualcosa da vedere in ogni luogo, è una scusa scaramantica per tornare.

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