I ricordi di Guido Machetto alla Fondazione Sella

Alpinismo Martedì una cerimonia, una serata per ricordare e per sognare ancora l’Annapurna. Appuntamento all’Auditorium del Lanificio Maurizio Sella

Nelle mani di Carla Machetto, 92 anni, brillano i ricordi di una vita sulle cime, i ricordi delle spedizioni del fratello Guido, uno dei più forti alpinisti biellesi e italiani, mancato troppo presto, a 39 anni,nel luglio del 1976, per una banale caduta sulla Tour Rond. Accarezza una vecchia fotografia: suo fratello Guido sorride accanto a una vetta himalayana, lo sguardo acceso di passione. Attorno a lei, sparsi su un tavolo, ci sono cimeli preziosi – fotografie dai bordi consumati, oggetti personali intrisi di avventura, e un’accurata rassegna stampa che lo stesso Guido aveva pazientemente raccolto e organizzato come un diario di bordo. Rassegna che poi ha continuato ad aggiornare lei. Ogni articolo ritagliato, ogni nota a margine racconta un capitolo dell’epopea di Guido. Ora, con un gesto d’amore e di memoria, Carla ha deciso di donare questo tesoro alla Fondazione Sella , perché venga custodito per sempre e condiviso con il mondo degli appassionati di alpinismo. «Carla aveva contattato me in qualità di presidente del CAI Biella», spiega Andrea Formagnana. «Quando mi ha detto che voleva trovare una collocazione ai ricordi del fratello, affinché fossero a disposizione di tutti gli appassionati, ho subito pensato che la collocazione migliore sarebbe stata la Fondazione Sella. Credo che quell’Istituto sia già ora, e potrebbe ancor più esserlo nel futuro, il custode della memoria alpinistica biellese».

La donazione sarà formalizzata m artedì sera, ore 21, nell’Auditorium del Lanificio Maurizio Sella (via Corradino Sella), in una serata speciale dedicata alla figura di Machetto, in cui quei ricordi passeranno simbolicamente dalle mani della famiglia a quelle della storia collettiva. Guido Machetto è stato uno dei più grandi alpinisti biellesi, un vero pioniere legato indissolubilmente alla montagna. Fin da giovane mostrò un talento e una determinazione fuori dal comune: nel 1962 realizzò, insieme a Giorgio Bertone, la prima ripetizione in un solo giorno della leggendaria via Cassin sulla parete Nord delle Grandes Jorasses, un’impresa che lo consacrò nell’élite dell’alpinismo italiano. Ma Guido non era solo forza e tecnica: era anche cuore e visione. Amava scrivere poesie e pensieri durante le spedizioni, guadagnandosi l’appellativo affettuoso di “poeta delle nubi”. Sognava le grandi cime extraeuropee e immaginava di scalarle in uno stile nuovo, più leggero e puro. Machetto fu infatti un pioniere della “rivoluzione in stile alpino” nelle spedizioni himalayane : in anni in cui le montagne dell’Asia si affrontavano con enormi spedizioni d’assalto, campi fissi e decine di portatori, lui credeva in un approccio essenziale e veloce, fatto di leggerezza e autosufficienza. Questo significa salire con mezzi propri, senza ossigeno supplementare né aiuti esterni oltre il campo base, portando solo l’indispensabile nello zaino. Uno stile audace e visionario, in anticipo sui tempi, che privilegiava il rapporto intimo dell’alpinista con la montagna rispetto alla logistica imponente delle spedizioni tradizionali. Guido Machetto abbracciò questo credo con entusiasmo: voleva scalare gli 8000 metri “come fossero Alpi”, con lo spirito libero e l’agilità del solitario, portando nelle lontane vette himalayane lo stesso slancio con cui affrontava le pareti di casa. Nel 1973 Guido ebbe l’occasione di mettere in pratica questi ideali in una grande avventura sull’Annapurna (8091 m.). Quell’anno fu a capo di una spedizione promossa dal CAI di Busto Arsizio, diretta verso la decima montagna più alta del mondo. L’obiettivo ambizioso era aprire una nuova via su quella vetta. Era un sogno che Guido accarezzava da tempo: scalare un ottomila in stile alpino, puntando più sull’ingegno e la preparazione che non sulla forza dei numeri. Purtroppo, l’Annapurna presentò un conto drammatico. Mentre il team lottava contro il gelo e l’altitudine, una valanga travolse il campo, strappando la vita a due compagni di cordata, Miller Rava, anche lui biellese, e Leo Cerruti. Quella via sull’Annapurna rimase incompiuta, sospesa nel tempo insieme ai sogni e ai rimpianti. Per Guido fu un colpo durissimo: l’ombra di quella valanga avrebbe velato i suoi occhi d’azzurro per il resto dei suoi giorni. E i giorni, purtroppo, non sarebbero stati molti.

La serata del 4 marzo sarà un tributo sentito a questa leggenda, ma anche uno sguardo al futuro, in un gioco di rimandi tra generazioni. A raccontare chi fu Guido Machetto e perché la sua eredità è così importante sarà Mauro Penasa, alpinista di fama e presidente del Club Alpino Accademico Italiano. Penasa, che dirige anche la Scuola di Alpinismo del CAI Biella intitolata proprio a Machetto, conosce profondamente la storia di Guido e la porterà in vita attraverso aneddoti, immagini e parole appassionate.

Ma la serata non si limiterà a guardare indietro: il cuore dell’evento sarà anche un “passaggio del testimone” verso nuovi orizzonti di vetta. Sul palco salirà Gian Luca Cavalli, alpinista accademico del CAI e degno rappresentante della nuova generazione di scalatori biellesi. Sarà lui ad annunciare che il sogno dell’Annapurna riparte da dove Guido fu costretto a fermarsi. Proprio così: a oltre cinquant’anni di distanza, un team di alpinisti si prepara a tornare in Nepal con l’obiettivo di completare la via sull’Annapurna. Questa spedizione, organizzata con il patrocinio del CAI Biella, rappresenta molto più di una sfida alpinistica: è un atto simbolico, un omaggio concreto a Guido e ai suoi compagni caduti, un modo per chiudere un cerchio aperto più di cinquant’anni fa. In prima linea c’è l’entusiasmo di Cavalli & co., e accanto a loro, idealmente, ci sarà Guido – nel ricordo, nei consigli contenuti nei suoi diari, nell’ispirazione che la sua storia infonde. Sul palco Cavalli racconterà i preparativi, le difficoltà logistiche, l’allenamento mentale e fisico richiesti per affrontare un ottomila con mezzi leggeri.

© RIPRODUZIONE RISERVATA