
Verso l’alto, verso l’altro con Pier Giorgio
e Carlo
Con i ragazzi dell’oratorio di Pollone La cronaca di tre giornate intense che resteranno nella memoria
Siamo partiti da Biella sul mezzogiorno del venerdì, con lo sciopero dei treni che aleggiava come una nuvola di fine estate pronta a rovesciare i piani. E invece no: un ritardo, qualche riprogrammazione, un pizzico d’ansia buona - quella dei giorni in cui senti che sta per accadere qualcosa di grande - e il gruppo dell’oratorio di Pollone è salito a bordo. Volti giovani, zaini leggeri e cuori spalancati: studenti delle superiori e dell’università, con un piccolo drappello di genitori e adulti che hanno scelto di camminare con loro fino al cuore della Chiesa universale. Meta: Roma. Orizzonte: la canonizzazione di Pier Giorgio Frassati, figlio di Pollone, “santo delle otto beatitudini”.
La casa scelta: domenicana,
come Pier Giorgio
Per abitare queste tre giornate si è scelto il Convento delle suore domenicane di Santa Caterina. Non un indirizzo come un altro, ma una direzione dell’anima. Qui presta il suo servizio suor Stefania, di Pollone: accoglie, ascolta, mette a tavola come si fa in famiglia. Non è un caso: Pier Giorgio aveva scelto di essere terziario domenicano. La missione di San Domenico è veramente “cattolica”, cioè universale, aperta a tutti e così è stata l’opera di Frassati, che nella carità ha trovato la sua via breve alla santità. Entrare in convento, appoggiare gli zaini, dire una preghiera breve in cappella: ci siamo. Roma può cominciare.
Il sabato del Giubileo:
Porta Santa, San Eusebio,
la sorpresa
La sveglia suona all’alba. È anno giubilare, indetto da papa Francesco, e si parte da Santa Maria Maggiore: s attraversa la Porta Santa con il passo raccolto dei pellegrini, tra canti sussurrati e sguardi lucidi. Ci si affida a Maria, nella basilica che custodisce tanta storia di Chiesa, tombe di pontefici e memorie di santità: qui, davanti all’icona della Salus Populi Romani, un gruppo di ragazzi del Biellese dice il proprio piccolo sì.
Seconda tappa: la chiesa di San Eusebio, dedicata al patrono di Pollone. Ci raggiunge don Luca Bertarelli, il parroco: una stretta di mano a ciascuno, due parole che sanno di casa, e si riparte verso piazza San Pietro. È lì che Irene — tra pochi giorni inizierà la terza al liceo delle scienze umane — scopre la sorpresa preparata dagli amici: le avevano chiesto un abito elegante “perché conviene per Roma”. Le servirà per portare all’altare uno dei doni offertoriali durante la Messa di canonizzazione. Con lei salirà sul sagrato anche Samuele, in rappresentanza dei giovani di quel paese dove Pier Giorgio imparò a leggere la bellezza di Dio nella montagna e nei volti.
Le prove in Vaticano mettono i brividi. Irene e Samuele camminano accanto ai tre seminaristi biellesi chiamati a servire la liturgia della Cappella Papale. C’è anche Wanda Gawronska, la nipote di Pier Giorgio: elegante, appassionata, “vestale” della memoria familiare. Toccherà anche a lei portare un omaggio all’altare. Ci salutiamo con discrezione con i seminaristi Andrea , Leonardo e Antonio: sanno che stanno mettendo piede dentro una pagina di storia.
Roma che parla (anche) biellese
Il pomeriggio è una piccola processione tra volti e luoghi. Incontriamo altri biellesi scesi a Roma “per esserci”: la cadenza tradisce le origini, i cappellini colorati della Fondazione Pier Giorgio Frassati - con la foto dell’alpinista e il motto «Verso l’alto» - fanno il resto. E quanto è vero, per Pier Giorgio, che «verso l’alto» si traduce «verso l’altro». A Sant’Agostino ci fermiamo davanti alla Madonna dei Pellegrini di Caravaggio: quei piedi sporchi, veri, che scandalizzarono i benpensanti dicono un Vangelo incarnato. Frassati, figlio dell’alta borghesia piemontese, non ebbe paura di “sporcarsi” con la povertà: la sua eleganza era chinarsi, il suo stile abbracciare.
Tra un incontro e l’altro incrociamo Lorenzo Grosso, presidente della Fondazione Frassati, e l’ex sindaco di Biella Claudio Corradino. Si scambiano abbracci, ricordi, una foto veloce “per il giornale”. La sera ci porta a Trastevere, alla Trattoria degli Amici della Comunità di Sant’Egidio: tavoli apparecchiati dalla gentilezza, ragazzi con fragilità che lavorano con maestria. È una liturgia della convivialità che insegna l’inclusione meglio di mille discorsi. C’è anche il sindaco di Pollone Paolo Tha.
Poi la veglia dell’Azione Cattolica in San Giovanni dei Fiorentini: saremo un migliaio. Davanti al Santissimo si leggono le lettere di Pier Giorgio, le sue parole che sanno di roccia e di Vangelo. Canti, silenzi, ginocchia che scricchiolano e cuori che si aprono. È tardi quando rientriamo in convento. Dormiamo poco e bene.
Domenica:
la piazza, l’attesa, l’abbraccio
Alle 4,30 la sveglia non perdona. Colazione rapida, zaini pronti, autobus. Alle 6.30 siamo già in Vaticano. Due ore di fila che non stancano: c’è chi recita un rosario, ci si conosce, si scambiano storie. I pellegrini di Pier Giorgio e di Carlo Acutis si riconoscono come parenti lontani: americani, giapponesi, australiani. Da Modena arriva una squadra ciclistica intitolata a Frassati: la loro maglia è un cerchione, e ogni raggio una frase di Pier Giorgio. I ragazzi di Pollone srotolano lo striscione preparato a casa: «Verso l’alto» e un volto abbozzato di Frassati, così che ognuno possa specchiarsi in lui.

(Foto di Andrea Formagnana)
In fila incrociamo anche altri biellesi: tra loro Andrea Quaregna, segretario della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e altri amministratori. Anche loro hanno trovato ospitalità nella casa dove presta servizio suor Stefania. Quando si aprono i varchi, entriamo. Il nostro settore è proprio sotto il sagrato. La piazza è un mare che cresce a vista d’occhio, un’onda che si infrange contro il colonnato. La Cappella Musicale Sistina intona i canti, l’aria vibra. Poi il saluto del Santo Padre prima della Messa: è un attimo che diventa casa. La presenza di papa Leone XIV ha il calore di uno sguardo che sa arrivare al cuore.
Sul sagrato sappiamo esserci amici: il vescovo Roberto, don Luca Bertarelli, il rettore di Oropa don Michele Berchi, don Massimo Minola, padre Fabio De Lorenzo, don Renato Bertella, i tre seminaristi biellesi, Irene e Samuele. Ci sono i sindaci di Pollone Paolo Tha e di Ternengo Luigi Russo (nel paese Carlo Acutis fu bambino e per un breve tempo i suoi resti mortali furono ospitati nella tomba di famiglia), la vicesindaco di Biella Sara Gentile, il presidente della Fondazione CRB Michele Colombo, il presidente della Fondazione Frassati. Ci sono le famiglie dei Santi: i Gawronski-Frassati, i genitori di Carlo e i suoi fratelli. C’è anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, devoto a Frassati. Il fratello Pier Santi, vittima della Mafia, si chiamava Pier in onore di Pier Giorgio.
“Decernimus”: il momento
in cui la piazza esplode
La liturgia è solenne, in latino, con letture in più lingue. Eppure la comprensione è immediata: passa attraverso i gesti, la coralità, la bellezza. Quando il Papa pronuncia il decernimus - “ordiniamo” - che iscrive i nomi di Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis nell’albo dei Santi, la piazza trattiene il fiato per un istante e poi scoppia in un applauso che sa di gioia e di riconoscenza. È difficile non piangere: gli occhi bruciano, le voci si spezzano. Sopra di noi, gli arazzi con le immagini dei nuovi santi fremono in una brezza leggera che sembra il soffio dello Spirito.
A fine Messa, al passaggio della Papamobile ci alziamo sulle punte, come bambini. Lo striscione dell’oratorio si apre nell’azzurro di Roma. Ciascuno cerca — e trova — un frammento di sguardo. E per un attimo la piazza, gremita oltre misura (molti resteranno lungo via della Conciliazione), diventa un villaggio: ci si chiama per nome, ci si abbraccia, ci si promette di rivedersi. Sotto il colonnato sentiamo ancora parlare biellese: sono i confratelli della Confraternita del Rosario di Camburzano, arrivati fin qui per il loro patrono Pier Giorgio. Qualcuno sussurra un desiderio: “Chissà che presto Pier Giorgio non diventi anche patrono degli alpinisti… l’alpinista di Dio”.
Dopo la Messa, la vita
Uscendo dalla piazza incrociamo una rappresentanza del Club alpino . È un’altra tessera che si incastra perfettamente nel mosaico di queste ore: la cordata della Chiesa e la cordata della montagna, legate dal nome e dallo stile di Frassati. Ci si saluta, si scattano fotografie, si raccolgono storie per il ritorno. Ma nessuno ha fretta di andar via. Restiamo a lungo a guardare il sole battere sui sanpietrini, a lasciare che l’ombra del colonnato rinfreschi la testa mentre il cuore continua a scaldarsi.
Il ritorno e ciò che resta
Rientriamo al convento con passo più lento e con zaini più pesanti, ma non per le cose: per la gratitudine. Con noi c’è Suor Stefania che ha vissuto con noi queste emozioni. Sappiamo che stiamo tornando a casa con qualcosa in più: un’indicazione di rotta. Pier Giorgio la riassunse in due parole e noi le abbiamo viste accadere in tre giorni romani: “Verso l’alto” - puntare in alto come in vetta - e “verso l’altro” - chinarsi sul prossimo, sempre.
Lo sciopero dei treni, la rincorsa agli orari, le file, la sveglia di notte, i piedi stanchi: tutto si è messo al suo posto, come accade quando la fatica diventa preghiera e la preghiera, strada. Abbiamo scelto una casa domenicana perché la Chiesa è larga, e davvero cattolica; abbiamo attraversato la Porta Santa perché la fede è un passaggio; abbiamo sostato davanti a Caravaggio perché il Vangelo ha piedi polverosi; abbiamo vegliato, cantato, riso, pianto; abbiamo applaudito quando la Chiesa ha detto “santo” di un giovane che amava la montagna e i poveri. Ora, tornando verso Biella, ci portiamo negli occhi una piazza che non finiva mai e dentro una voce che non possiamo zittire: “La vera felicità, o giovani, non consiste nei piaceri del mondo e nelle cose terrene, ma nella pace della coscienza, la quale si ha soltanto se si è puri di cuore e di mente”. È la voce di Pier Giorgio. È la nostra strada di casa. Restano le parole pronunciate dal Papa nell’omelia: parole semplici ma che lasciano il segno:”Non sprecate la vita”.
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