Imprenditore arrestato. Il tesoro della Mafia veniva “lavato” a Biella

Due soci sono ai domiciliari. Secondo la Procura di Brescia 


avrebbero favorito il riciclaggio di denaro delle cosche siciliane


Pesantissime le accuse che hanno portato all’alba di ieri all’arresto di un noto imprenditore biellese e dei suoi due soci. I tre, titolari di una delle maggiori società di servizi presenti sul territorio — tra i suoi clienti anche uffici pubblici —, avrebbero ripulito i proventi illeciti delle mafie. L’imprenditore è stato prelevato  dalla sua abitazione e tradotto in carcere mentre i soci sono ai domiciliari. Sull’operazione il riserbo degli inquirenti è alto e non hanno voluto rivelare l’identità dei soggetti coinvolti. Tutta l’operazione è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Brescia, Direzione Distrettuale Antimafia nell’ambito di una lunga e complessa indagine denominata “Leonessa”.  Gli operatori  della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato hanno accertato l’operatività di una cosca mafiosa di matrice stiddara, con quartier generale a Brescia, che avrebbe pesantemente inquinato diversi settori economici attraverso la commercializzazione di crediti d’imposta fittizi per decine di milioni di euro. Imponenti i numeri dell’operazione scattata nella notte e portata a termine da circa 300 unità della Squadra Mobile e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Brescia, supportati dagli uomini dello Sco della Polizia di Stato e dello Scico della Guardia di Finanza: 200 le persone indagate,  69 gli arresti eseguiti, sequestri per 35 milioni di euro,  un centinaio di perquisizioni. L’organizzazione mafiosa, attraverso il supporto di “colletti bianchi”, ha permesso a una vasta platea di imprenditori di evadere il Fisco per diverse decine di milioni di euro, cedendo crediti fiscali inesistenti con effetti distorsivi sull’economia reale ulteriormente condizionata dai reinvestimenti dei profitti illeciti conseguiti. Gli stiddari, mimetizzati nel nuovo ambiente operativo, avrebbero così messo a disposizione degli imprenditori del Nord i propri servizi illeciti che consistevano nella vendita di crediti fiscali inesistenti utilizzati per abbattere il debito tributario. L’anello di congiunzione tra i mafiosi e gli imprenditori sarebbe stato rappresentato dai cosiddetti “colletti bianchi”, i quali individuavano tra i loro clienti (disseminati principalmente tra Piemonte, Lombardia, Toscana, ma anche nel Lazio, Calabria, Sicilia) quelli disponibili al risparmio facile e che ora dovranno rispondere del reato di indebita compensazione di tributi. Oltre a quello mafioso sono emersi anche altri due filoni investigativi. L’uno afferente a varie condotte corruttive dove gli imprenditori, elargendo mazzette e/o favori a pubblici funzionari, ottenevano significativi risparmi fiscali. L’altro riguardante il “tradizionale” settore delle fatture per operazioni inesistenti, per un ammontare complessivo di fatture false per 230 milioni di euro. È quest’ultimo filone che ha visto coinvolti anche i 3 imprenditori biellesi. Le misure cautelari sono state eseguite dagli agenti della Squadre mobile di Brescia e di Biella. Agli stessi sono stati sequestrati preventivamente beni per un ammontare di diversi milioni di euro. A loro vengono contestate più violazioni, commesse dal 2017 al 2019, poiché, nella qualità di fornitori di crediti d’imposta inesistenti, compensavano indebitamente crediti erariali, previdenziali ed assistenziali con inesistenti crediti d’imposta, per un ammontare di diversi milioni di euro, con l’aggravante di aver commesso i fatti con finalità di agevolare un’associazione di stampo mafioso operante tra le province di Brescia, Torino e Milano e legata alle cosche mafiose di Gela (CL). L’azienda da loro gestita, che fornisce anche servizi di vigilanza, al momento è operativa.

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