Economia & Società / Biella
Venerdì 19 Dicembre 2025
SlowFiber, esempio di buona pratica
Rapporto ASviS La rete di imprese tessili è stata ospitata a Roma (al Cnel) dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. L’imprenditore Marco Bardelle ha raccontato la case history scelta fra 300 progetti nazionali
«Vi siete mai chiesti come e con cosa sono fatti i vestiti che indossiamo, le lenzuola che sulle quali posiamo la faccia tutte le notti, la biancheria che indossiamo 24 ore su 24? Slow Food più di 40 anni fa, è nata per occuparsi della qualità del cibo che mangiamo. E quando Dario Casalini ha presentato Slow Fiber è partito dalla consapevolezza che alcune imprese italiane avevano la volontà di difendere una filiera tessile altrettanto etica, trasparente e sostenibile. Non soltanto un manifesto ma un modo concreto di lavorare sul territorio e nei processi quotidiani di produzione». Così Marco Bardelle ha presentato SlowFiber ospite del Rapporto ASviS sui Territori 2025 nella sede del Cnel a Roma. Su 300 progetti presentati, di cui 20 inseriti nel documento, l’alleanza tessile è stata una delle sole tre realtà invitate a esporre la sua case history per «Le buone pratiche» che nel caso del progetto avviato 3 anni fa, impattano sui goal 3, 12,13 e 17.
«Il tessile sta sfuggendo di mano: ci sono tantissime aziende che in questo momento sono in difficoltà perché vengono schiacciate dai grandissimi numeri del fast fashion, una produzione di 2 miliardi di tonnellate di abbigliamento dei quali l’87% finisce in discarica o nell’inceneritore. Si parla di montagne di capi che arrivano in Ghana o in Cile, che vengono usati una volta e poi gettati, e di aziende che basano il loro business su questi comportamenti. Tutto ciò non è più sostenibile. Se i territori non faranno parte della soluzione saranno sicuramente parte del problema perché quando la filiera si allontana dai luoghi di produzione, il prezzo da pagare ricade sulle comunità più fragili che vengono, appunto, sommerse di rifiuti».
A tre anni dall’avvio, le aziende di SlowFiber oggi danno lavoro a 6.800 addetti, con un miliardo e 200 milioni di fatturato aggregato e l’intera filiera tessile rappresentata. La rete si basa sui valori del Buono, Sano, Pulito, Giusto, Durevole e Bello per rispondere al problema dilagante.
«Non è uno slogan, quei valori li abbiamo tramutati in fattori misurabili. Le aziende della rete possono dimostrare che rispettandoli, lavorano realmente in maniera pulita. Perché tutto ciò che non è misurabile non esiste. E la sostenibilità esiste soltanto a queste condizioni».
Il percorso di SlowFiber non è facile ma, come ha sottolineato l’imprenditore, l’associazione, che conta già 29 imprese di cui una buona parte biellesi, è pronta ad accogliere le aziende che mostrano una volontà reale e una forte motivazione progettuale per arrivare a un processo virtuoso di miglioramento. «La transizione di cui noi parliamo non si può fare escludendo ma accompagnando coloro che fino a oggi, per il loro modello di business, non hanno ancora avuto la forza di cambiare. Questi valori sono una scelta industriale e siamo aperti a chi vuole veramente mettersi in gioco».
L’anello più debole della filiera è infatti rappresentato dalle aziende che per dimensioni ridotte, oggi non riescono a gestire tutte le regolamentazioni richieste. Fare rete con migliaia di piccole realtà è l’obiettivo di SlowFiber per non perdere quelle piccole realtà che hanno un ruolo importantissimo, con il loro know how. «Vogliamo creare una rete coraggiosa, necessaria per poter restare sul mercato: più si sceglierà di produrre meglio più saremo sostenibili economicamente e per l’ambiente».
Bardelle ha chiuso il suo discorso a Roma, citando una frase di Nino Cerruti: «La qualità è un dovere non è un lusso. Evitare lo spreco è l’unica via per valorizzare il lavoro e dare il futuro ai territori».
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