(Foto di courtesy Zegna)
Da Trivero a Wall Street. Ora tocca alla quarta generazione
Ci sono marchi che diventano simboli. Altri che diventano luoghi. Pochi, pochissimi, che riescono a trasformarsi in eredità culturale. Zegna appartiene a quest’ultima assai rara categoria: un universo che intreccia intuizione imprenditoriale, etica del lavoro, rispetto della natura e una bellezza che non è mai decorazione, ma sostanza. Caratteristiche, tutte, che continuano senza tempo, tenute assieme da un tratto, che è della famiglia. Quello dell’appartenenza. Quasi un ricamo dorato, e quindi luccicante ma sobrio, che ha attraversato gli anni, scavallato un secolo e più e adesso, ancora una volta, veste il futuro del suo stesso elegantissimo abito.
Nei giorni dell’annuncio della nuova struttura di leadership per il Gruppo e il marchio Zegna con Gildo che dal primo gennaio assumerà il ruolo di presidente esecutivo del gruppo stesso, lasciando le cariche di presidente e amministratore delegato, sembra ancora più interessante fare il ripasso di una storia di famiglia, di azienda, di vita. Di traguardi. E di un lusso mai fuori luogo, che è diventato l’eccellenza di una qualità cercata, costruita e plasmata. Perché oggi, in fondo esisterà un motivo se il sinonimo migliore, più naturale, di lusso sta racchiuso nelle altre cinque lettere, quelle di Zegna, più iconiche del pianeta.
Tutto cominciò tra le nostre montagne, a Trivero, nella valle di Mosso che questa storia ridisegnerà pure con ossequioso rispetto della natura, grazie a una strada bella e impossibile, impensabile e eterna. Alla fine dell’Ottocento da quelle parti la forza dei torrenti aveva già attirato filande e laboratori di lana. La mano e la maestria degli imprenditori, i primi, avrebbero fatto il resto, tanto da far nascere il distretto tessile e tanto da identificare il territorio biellese come “laniero”, proprio come un’etichetta. Di qualità. Ed è in questo territorio, che qualche scrittore di passaggio definirebbe austero ma generoso, che nel 1892 nacque Ermenegildo Zegna, nono di undici figli, cresciuto tra i telai del papà orologiaio. Un visionario di idee e sostanza Ermenegildo: così almeno si sarebbe consegnato agli altri, alla famiglia, alla storia. Un altro visionario concreto e ragionatore per quelle terre che sessantacinque anni prima avevano visto nascere Quintino Sella.
A diciotto anni decise di trasformare quell’attività domestica in un’impresa, fondando il Lanificio Zegna. Correva l’anno 1910. L’ambizione era chiara, l’audacia forte per l’epoca, persino eccessiva: Ermenegildo Zegna aveva in mente di creare i tessuti più belli del mondo. Per farlo aveva scelto di selezionare personalmente le materie prime migliori dall’Australia, dal Perù, dal Sud Africa e dalla Mongolia. Un’abitudine che non si è persa con gli anni. Per renderle sue aveva scelto di firmarle con il suo nome sulle cimose, il margine laterale del tessuto in pezza, quello più denso e resistente che serve a impedire lo sfilacciamento e a garantire la stabilità durante le lavorazioni. Non un caso, come a dire che quel nome, Zegna, stava riflesso nella stoffa bella e inciso dove nessuno avrebbe potuto strapparlo. Una specie di marchio ante litteram per tessuti che diventarono presto marchio davvero, in un’operazione che, per prima, ha anticipato il concetto moderno di brand, di casa di moda.
Comprese, prima d’altri Ermenegildo, che il tessuto era una forma d’arte. Una tela a cui mettere la cornice. Rivaleggiò, neanche si fosse trattato di football, con i grandi lanifici inglesi dell’epoca. Negli anni ’30, con settecento operai in fabbrica, aveva preso a far viaggiare le sue stoffe fino all’America. E intanto in Italia, e prima di tutto nella sua Trivero, aveva iniziato a costruire molto oltre il lanificio.
Ebbe il merito di dare e di restituire prosperità e benessere alla sua comunità, non limitandosi a farlo con il lavoro ai dipendenti. Costruì un po’ di tutto: dalle case per gli operai, alle biblioteche e agli ambulatori. Il pezzo forte, con direzione la storia, lo pensò con la sua strada, quella che oggi porta il suo nome, quella Panoramica Zegna nata prima “attorno”. Attorno a quel tragitto sinuoso di tornati nella montagna, che lui, con il suo progetto, non ha invaso ma accarezzato, fu l’autore di un’opera di riforestazione grandiosa. Mezzo milione di alberi fece piantare, perché come per la sua attività o le cose si fanno bene o non si fanno. Fu lì in quell’esatto momento che Ermenegildo Zegna cambiò per sempre la giacca: da “normale” industriale a filantropo. Inutile dirlo, la giacca restava quella elegante di un nome che, come quegli alberi piantati, aveva messo radici solidissime nel suo piccolo mondo antico. Ma irrinunciabile. Un po’ come, in fondo, avviene oggi a qualche generazione di distanza dove fabbrica, Casa Zegna e la Panoramica (e l’Oasi - così si chiama - che sta intorno) restano il “buen ritiro” di un’azienda e una famiglia che ha scelto il mondo per far splendere la sua grandezza.
Un marchio che abita a New York, come a Parigi, a Dubai come in Giappone, che sfila e fa sfilare in mezzo globo, ma che torna sempre nella piccola ma accoglientissima Trivero.
Nel secondo dopoguerra al comando arrivarono i figli del fondatore, Aldo e Angelo, che trasformarono la maestria sui tessuti in un’estetica completa, aprendo Zegna in buona sostanza all’abbigliamento sartoriale di alta gamma. Il nuovo modo di intendere l’eleganza maschile in pratica nasceva lì: un total look coerente, innovativo, impeccabile.
Con l’apertura dello stabilimento di Novara alla fine degli anni ‘60, il gruppo inaugurò la stagione del ready-to-wear, portando nel mondo un approccio capace di fondere tradizione, sperimentazione, linee pulite e fibre eccellenti. Il nuovo concetto di moda era servito, bastava percorrerlo, come una strada, tra tendenze, stili e estetica.
Qualche decennio dopo Gildo e Paolo, co-Ceo costruivano Zegna che conosciamo oggi, marchio globale, capace di entrare nei mercati internazionali con boutique monomarca, servizi su misura diffusi in tutto il mondo e una visione sempre più ampia del concetto di lusso. I due cugini si dividevano le diverse geografie con Paolo più concentrato su Asia, tessile e materie prime e Gildo sull’espansione nel resto del mondo. Un binomio quello dei due cugini che ha rafforzato il legame familiare. Tutto sempre con la famiglia, appunto, come ci raccontano anche i recenti annunci di governance, al centro. Perché dopo la terza generazione di Gildo e Paolo, Anna, Laura, Benedetta, Elisabetta, Renata e Andrea (sono otto i cugini, i quattro figli di Aldo e i quattro di Angelo), la quarta con Edoardo e Angelo (i figli di Gildo) sta prendendosi spazio. Gli altri membri della quarta generazione già impegnati nel Gruppo sono Francesco Trabaldo Togna, Vittorio Ferraris e Giovanni Schneider. Saranno Edoardo e Angelo, che nei nomi di battesimo portano un po’ di chi li ha preceduti, i co-amministratori delegati del marchio che tra una generazione e l’altra non si è mai dimenticato di custodire un patrimonio di valori irrinunciabili. Una sorta di bussola familiare nel mare immenso dell’industria e del mondo globale.
La fine degli anni ’90 segnò la grande stagione delle acquisizioni e delle aperture: dal mondo femminile con Agnona, alle fragranze, agli occhiali, all’underwear, agli orologi. Una rete di competenze con un baricentro naturale nella creazione della Luxury Textile Laboratory Platform (con Franco Ferraris alla guida della divisione tessile dal 1992), una costellazione di aziende italiane di eccellenza riunite per preservare il know-how del Paese e rinnovare il primato del Made in Italy, di cui Zegna resta oggi l’espressione migliore.
Quattro anni fa di questi tempi l’ingresso del gruppo a Wall Street, con Gildo a suonare la campanella della Borsa newyorkese: una nuova tappa più che un arrivo per una storia di evoluzione di un marchio che veste attori e calciatori. E un riconoscimento al lavoro della famiglia intera che ha sempre saputo dividere compiti e ruoli senza dividersi. Con Gildo un passo più avanti con la carica di Ceo sua per vent’anni e che ora si appresta a lasciare ovviamente restando, lui che a settembre ha compiuto settant’anni portati con classe sopraffina. Una evoluzione, quella di Zegna, inarrestabile che nei passaggi generazionali “gestiti” racconta molto: «Una delle responsabilità più importanti di un leader è quella di guardare avanti, prepararsi al futuro e dare forza alla prossima generazione di leader» ha detto qualche giorno fa proprio Gildo Zegna. «Questa convinzione è sempre stata profondamente radicata nei valori della nostra famiglia ed è una forza chiave alla base dell’annuncio odierno» ha concluso rifacendosi ai cambi che porteranno Gianluca Tagliabue, attualmente direttore finanziario e operativo, ad assumere il ruolo di amministratore delegato del gruppo.
Che dalle parti di Trivero siano attenti a tutto non lo si scopre certo adesso che il marchio passa dal Santiago Bernabeu di Madrid alle passerelle di Hollywood. Ciò che colpisce del brand, che ha un altro triverese come Alessandro Sartori anima creativa, è la costante crescita. Un’asticella che si alza sembra in maniera connaturata al nome. Non stupisce, dunque, il fatturato del Gruppo vicino ai due miliardi di euro, con il boom nel mercato americano anche grazie ai marchi (acquisiti negli ultimi anni) Thom Browne e Tom Ford Fashion. Così non si contano più i paesi dove c’è uno store Zegna con lo stesso Gildo che per il 2025 aveva parlato di un’evoluzione differente a seconda delle aree geografiche. Non si era sbagliato.
In tutta questa immensità resta salda l’ancora biellese. E se non si riesce a portare tutto dalle parti della Panoramica come successe con la grande sfilata del 2022, nata tra i corridoi delle fabbriche, Zegna il suo territorio lo porta fuori, lo esporta. È successo a Dubai dove, sempre per le sfilate, si è ricreata l’Oasi (Zegna) nel deserto. Era successo pure a Shanghai e New York e a Milano in piazza Duomo dove la gente stava in fila per prendersi un mini rododentro in occasione dell’inaugurazione delle aiuole Oasi davanti al simbolo meneghino per eccellenza.
Quell’Oasi con i suoi oltre 100 chilometri quadrati di natura rigenerata e accessibile a tutti è, assieme al successo globale, l’espressione più alta della filosofia naturale e umana del fondatore Ermenegildo. Perché Zegna resta quell’impresa capace di restituire alla comunità, di raccontare e tutelare l’ambiente, di creare anche fuori dal suo “core” primordiale dell’abbigliamento una sorta di bellezza diffusa. Un’anima forte, insomma, che si nutre pure attraverso progetti culturali, che opera con la Fondazione Zegna e da più di dieci anni con delle importanti borse di studio per gli studenti del mondo. Quelle borse di studio della Founder’s schoolarship festeggiate, in occasione di un anniversario qualche anno fa, a Casa Zegna a Trivero. Perché il mondo di Zegna parte, arriva e resta sempre nel suo cuore biellese. Con stile. Sempre cinque lettere, come Zegna, come Gildo. Come bello e come lusso.
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