PAROLE - C’è posto per tutti se si vive di rispetto

Viene sempre da chiedersi se notizie del genere sia meglio riprenderle con forza per esprimere disappunto e sdegno che meritano o se sia meglio non darne troppo risalto perché in fondo si fa il gioco di autori che con la ribalta mediatica, nascosti, loro, dietro chissà che, finiranno evidentemente per ringalluzzirsi allo stesso modo di chi pensa di aver vinto e avere l’avallo a ripetere l’oltraggio.

I fatti sono quelli di venerdì sera della Via Crucis in città, ad un certo punto ferita, nei pressi del Duomo, dalle bestemmie di un gruppo di giovanotti extracomunitari. Liquidare il tema in poche righe è impossibile, ma dire due cose a quei ragazzi sì. Quei ragazzi che l’unico coraggio che hanno trovato è stato gridare, prima, e scappare, poi. Perché evidentemente parlare e parlarci di integrazione, di accettazione, di convivenza non serve, o solo fino a un certo punto. Prima di farne chissà quale guerra, il tema resta quello che ruota attorno ad un’unica parola che deve essere sacra per tutti, per prima ai giovani, in ogni luogo e ogni situazione: rispetto. Già, non parliamo di crocifisso o di Ramadan, di scuole chiuse, di Dio o di Allah. Limitiamoci al rispetto che quei ragazzi o non considerano, sbagliando, o hanno lasciato chissà dove. Quello che si deve e quello che si pretende. A casa nostra e a casa d’altri. Altrimenti il castello della coesistenza di ciascuna diversità e ciascuna libertà crolla sotto i colpi dell’ignoranza, dell’intolleranza o peggio del fanatismo che con la religione non ci deve azzeccare.

E se qualcuno dovesse dire che l’episodio di venerdì è solo frutto di una bravata, no, non si può accettare. Il vostro gesto, ragazzi, è da condannare in maniera sacrosanta. E non con la sanzione amministrativa prevista dalla legge per le bestemmie in pubblica manifestazione, che, se ci metteste la faccia, potrebbe arrivarvi. Quella, giusta comunque, difficilmente vi farebbe fare un passo avanti, ma aumenterebbe, sicuro, un’ingiustificata acredine verso chissà che. Potreste farvi riconoscere più di quanto un atto vergognoso vi abbia consentito fino ad ora, però, chiedendo di barattare quella sanzione con delle pubbliche scuse. A chi quella sera era lì da credente in un momento intenso. Forse in fondo sarebbe un modo per perdonare anche voi stessi e, senza scomodare l’integrazione, percorrere una strada che porta ad un luogo dove c’è posto per tutti. Ma che non sembra essere, purtroppo, ancora quello di oggi.

Ancora una cosa: dovreste capire che condannare un gesto così è la miglior garanzia per primi per voi. Esigere rispetto per la propria identità è la strada meno tortuosa per la comprensione e per essere in grado di darlo come giusto e doveroso, quel rispetto, a tutte le culture. Tutto per dirvi che questo luogo, proprio nel volere rispetto, ha tutto per essere anche il vostro. Sempre che voi accettiate resti anche il nostro.

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