PAROLE - Il grembiule, i bambini e la rivoluzione dei ruoli

Credo di essere ufficialmente fuori dal tempo. Alle scuole elementari, quando ci andavo io, quarant’anni fa, a parte quelli che mi restavano a casa per il pomeriggio, avevo tre compiti sostanziali: imparare, studiare e avviare quel lungo processo di socialità per il quale i banchi di scuola rappresentavano il debutto. Leggere che degli alunni di quarta di una scuola palermitana hanno scritto una lettera alla preside per abolire il grembiule, mi ha colpito. E più ancora che adesso in quella scuola, come educazione per i bambini alla democrazia partecipata, ci sarà un referendum sul tema, dove a votare saranno gli alunni stessi. Non lo so, ma ho l’impressione sia troppo. Perché certo i bimbi sono gli unici a poterci dire con esattezza se con quel grembiule fa troppo caldo al punto da diventare fastidio, ma sono anche quelli che senza nulla togliere ai loro otto o nove anni, non riescono a percepire se dietro all’utilizzo del grembiule ci siano altre ragioni al di là di quelle legate alla calura. Penso sempre che i bambini debbano fare i bambini, così come i genitori debbano essere tali e gli insegnanti pure. Soprattutto nel lungo cammino dell’educazione. Non so perché, ma sono convinto che la cosa più saggia in questo caso fosse ascoltarli, capire, spiegare, può essere anche accogliere la richiesta, ma non farli decidere. Mi sembra si rivoluzionino i ruoli. Con la paura che questi intraprendenti rivendicatori con la girella nello zaino magari al Liceo chiederanno un referendum, con il loro voto, per abolire le lezioni di lunedì perché incompatibili ai bagordi del weekend. A meno che la mia sia solo frustrazione, di chi al massimo, con i suoi compagni, in quarta elementare aveva votato per alzata di mano dopo l’intervallo se preferisse giocare a palla prigioniera in palestra o in cortile.

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