PAROLE - La Ferragni e il paese dei balocchi

Il Natale e Santo Stefano non ci sono riusciti. Sarà difficile per San Silvestro. Potrebbe farcela l’Epifania, che tutte le feste si porta via. Già, perché chissà che la befana non si voglia prendere anche il pandoro della Ferragni. Del quale si comincia a non poterne più, perché non ne caveremo niente, forse neanche il resto di una beneficenza che è la parte lesa, violata e vilipesa.

Una volta, quando il massimo degli influencer erano i teleimbonitori, si diceva che la beneficenza si faceva e non si diceva. Perché così si finiva per nobilitare il gesto, che non aveva bisogno di notorietà, e per evidenziare solo una necessità di qualcuno, cui qualcun altro era andato incontro.

Questa era la beneficenza ante litteram. Quella dove il benefattore diventava noto quando era ormai troppo tardi per ringraziarlo di persona. Poi è arrivata la beneficenza di tutti, magari attraverso associazioni che si facevano collettori di quei tanti piccoli e importanti benefattori, anonimi ma veri. Dopo ancora è arrivata la beneficenza promossa da qualcuno, un grande personaggio, magari attraverso un’iniziativa o un’attività. Bella, buona, giusta, dove il testimonial diventava sempre il timbro su un certificato di autenticità che ci metteva quella onlus o quella lega o quella associazione.
E la beneficenza era il fine.

Oggi lo sbaglio non sta che una influencer promuova una vendita speciale, ma nelle regole d’ingaggio per il pubblico di quella campagna per evitare che la generosità diventi il mezzo per raggiungere qualcosa. E non si tratta dell’errore di comunicazione ipotizzato dalla regina social, che diventa una patetica scusa una volta scoperchiato il caso. Pensare che solo una piccolissima parte delle vendite di quei pandori griffati e spolverati di rosa sia andata devoluta non può essere scambiata per la creduloneria degli utenti da reels. Gli stessi che se qualche sospetto non se lo erano fatto venire perché nessuno glielo aveva insinuato, dovrebbero solo chiedersi perché mai una fata, in nome della beneficenza, dovrebbe far comprare un pandoro e poi chiedere perdono, come se l’incantesimo fosse finito, in nome di un errore di comunicazione.

La beffa più grande, tra milioni che volano come lo zucchero a velo, semmai sta proprio in quella recita triste, grigia, cupa, piangente che è uno schiaffo, non troppo compreso, alla capacità di discernere delle persone. Pronte appena la befana si sarà portata via tutto, anche l’impensabile sorella Ferragni delle scuse (accettabili semmai solo da quella vera con i lustrini e le paiette), a rimettere like su like a quel mondo dal quale forse nessuno, o quasi, sa scappare più. Ma che bisognerebbe essere capaci a capire che è sempre e solo il paese dei balocchi di qualcun altro.

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