PAROLE - Quando la politica diventa show

È probabile che una mattina come quella di sabato a Biella possa essere di aiuto a spiegare il calo di affluenza al voto. Non vi è la prova scientifica, ma qualche indizio si. E più rilevante è che il primo, di indizio, lo si riscontri senza entrare nel merito di una o dell’altra parte. È l’esposizione, prima di tutto, ad essere claudicante di fronte al concetto che dovremmo avere della politica e del suo essere.

Facciamo un leggero ripasso, della mattina s’intende. Dentro alla libreria il senatore Renzi nella sua conferenza stampa ha adoperato il piglio dello showman e non certo dello statista, non mancando di indurre il tanto pubblico a ridersela di gusto come si fa agli spettacoli ben riusciti o alla tivù con Zelig. Istrione per il suo monologo sullo sparo di Rosazza, con ironia da cabaret di stile e artista di livello. Fuori, intanto, su un’altra sponda politica, c’era un dromedario nel semi deserto di via Italia in una rappresentazione di protesta che, con i travestimenti arabi e i “sandwich” cartellone, ha certo richiamato anche lì più a uno show che ad altro.

Senza contare che tutto quello, che doveva essere la presentazione di un libro, ha impegnato carabinieri, agenti di polizia, guardia di finanza, polizia urbana. L’idea è che così facendo la politica finisca per raccogliere solo aficionados. Un po’ come in quegli stadi dove cresce il numero di ultras e non quello di appassionati. Così non stupisce che ai “supporters” di Renzi, dall’entourage del senatore, sia stato chiesto al suo arrivo di mettersi in una posizione fotografabile o che fuori i Fratelli d’Italia abbiano mostrato soddisfazione per l’effetto mediatico dell’accoglienza.

Il senso è questo. Con un problema, però. Che se per uno spettacolo cui vogliamo assistere sappiamo cosa ci sia da pagare, qui, invece, il rischio è di vedere qualcosa di indesiderato senza neppure poter chiedere quanto costi un biglietto all’apparenza gratuito. Anche se il sospetto di sapere che, invece, sia caro per le tasche di tutti ormai l’hanno in troppi.

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